27.9.18

ROAD TO JAPAN: Hayato Nakama (仲間 隼斗)

Buongiorno a tutti e benvenuti al nono numero del 2018 per "Road To Japan", la rubrica che tenta di farvi scoprire talenti e giocatori che si stanno distinguendo nel panorama nipponico. Oggi ci spostiamo in una zona insolita del Giappone, Okayama: lì c'è il Fagiano, club di seconda divisione nel quale milita Hayato Nakama, una wild card non più giovanissima.

SCHEDA
Nome e cognome: Hayato Nakama (仲間 隼斗)
Data di nascita: 16 maggio 1992 (età: 26 anni)
Altezza: 1.70 m
Ruolo: Mezzala, esterno di centrocampo, box-to-box
Club: Fagiano Okayama (2018-?)



STORIA
Nato a Higashiagatsuma (prefettura di Gunma) nel maggio 1992, Hayato Nakama è stato per cinque anni nelle giovanili dei Kashiwa Reysol, uno dei vivai più floridi nell'ultimo decennio di calcio giapponese. Uno dei suoi compagni di squadra era Kosuke Taketomi, poi diventato giocatore della prima squadra e oggi agli Urawa Red Diamonds.
Tuttavia, il suo talento non è bastato ad aprirgli le porte nel top team, che per altro stava per cominciare la stagione che avrebbe portato il primo titolo nazionale a Chiba. Tuttavia, c'è chi ha notato il suo potenziale: il Roasso Kumamoto lo vuole, ma lui deve prima completare la cerimonia per il diploma e resta in panchina al debutto.
A credere in lui è Takuya Takagi, oggi tecnico storico del V-Varen Nagasaki, ma all'epoca al lavoro in quel di Kumamoto. Le prime due stagioni sono d'apprendimento, ma poi Nakama trova un posto da titolare e 10 gol in 72 presenze complessive con il Roasso. Tuttavia, lo attende un'avventura un po' più a nord, nella prefettura di Kagawa.
Lì gioca infatti il Kamatamare Sanuki, guidato da Makoto Kitano. La squadra si è appena salvata in un sanguinoso doppio relegation play-off contro il Nagano Parceiro. C'è bisogno di corsa, intelligenza tattica e applicazione: il profilo perfetto, visto che Nakama s'integra bene nel club e gli permette tre permanenze in J2 piuttosto tranquille.
In particolare, è il 2016 la stagione giusta per mostrarsi alla J2: Nakama realizza nove reti, ma soprattutto si dimostra duttile e funzionale alla causa del club. Viste le difficoltà di classifica, però, nell'ultimo inverno Nakama si è trasferito al Fagiano Okayama, dove sta confermando quanto di buono ha fatto vedere negli ultimi anni.

CARATTERISTICHE TECNICHE
La caratteristica peculiare di Nakama è la sua duttilità: il centrocampista non è mai stato solamente questo. Anzi, è stato in grado di adattarsi a diversi ruoli, specie nel periodo trascorso al Kamatamare. Partito come ala o esterno di centrocampo a Kumamoto, in quel di Kagawa è stato provato da "10", centravanti d'emergenza, mezzala. Un po' ovunque.
Ciò che sorprende di Nakama è l'ottima capacità di reazione e decision making rispetto alle sue doti naturali. Il centrocampista ha un discreto tiro, una buona lettura del gioco e una sufficiente tecnica, ma eleva il suo rendimento con l'intuito, la comprensione anticipata di come l'azione potrebbe svilupparsi da lì a pochi momenti.
Il tutto è avvenuto nonostante Nakama non abbia certo il fisico dalla sua: minuto ed esiguo, l'ex Roasso è però riuscito a imporsi in un campionato frenetico come la J2 League. E non è detto che in futuro non abbia finalmente la sua chance nel massimo campionato giapponese; in alternativa, riscriverà i libri dei record in J2 (quasi 250 gare all'attivo).

STATISTICHE
2011 - Roasso Kumamoto: 16 presenze, 1 rete
2012 - Roasso Kumamoto: 17 presenze, 1 rete
2013 - Roasso Kumamoto: 42 presenze, 6 reti
2014 - Roasso Kumamoto: 30 presenze, 4 reti
2015 -  Kamatamare Sanuki: 41 presenze, 4 reti
2016 - Kamatamare Sanuki: 40 presenze, 7 reti
2017 - Kamatamare Sanuki: 41 presenze, 2 reti
2018 - Fagiano Okayama (in corso): 31 presenze, 7 reti

NAZIONALE
In questo momento (e forse anche in futuro), la nazionale è un traguardo irraggiungibile per Hayama. Almeno per ora, rimanendo in una squadra di seconda divisione, sarà così: gli unici a esser convocati in nazionale nonostante la J2 sono stati i giocatori di Gamba Osaka e FC Tokyo nei rispettivi anni di purgatorio. Difficile che possa accadere per un ragazzo che gioca a Okayama.

LA SQUADRA PER LUI
Per Nakama, viene in mente un paragone eccellente, ma giusto per alcuni tratti: Shinji Kagawa. I due non condividono lo stesso ruolo, né la stessa età in cui sono potenzialmente andati via dal Giappone. Ma Kagawa - come Nakama ora - ha firmato per il Borussia Dortmund non da giocatore dominante in J1, ma da 21enne che aveva tante presenze in seconda divisione.
E allora un altro paragone può venire in mente, accostando Nakama stavolta a un ragazzo più giovane di lui: Yuya Toyokawa ha firmato per l'Eupen e sta impressionando in questi primi mesi in Belgio. Il talento scuola Antlers ha lasciato proprio Okayama per teoricamente tornare agli Antlers, salvo prendere un aereo per l'Europa. 
Nakama ha le potenzialità per il salto europeo, magari proprio in un campionato di seconda fascia come il Belgio. Il costo del suo cartellino e un eventuale proposta dal Vecchio Continente rappresentano un buon incrocio stellare per prendersi un centrocampista duttile e affidabile a pochi spicci.

18.9.18

UNDER THE SPOTLIGHT: Nguyễn Quang Hải

Buongiorno a tutti e benvenuti al nono numero del 2018 per "Under The Spotlight", la rubrica che ci consente di esplorare i talenti che stanno emergendo in giro per il mondo. Oggi ci spostiamo in Vietnam, un paese che recentemente ha mostrato una crescita a livello calcistico. Tra i loro talenti, c'è sicuramente Nguyễn Quang Hải, fantasista della nazionale maggiore.

SCHEDA
Nome e cognome: Nguyễn Quang Hải
Data di nascita: 12 aprile 1997 (età: 21 anni)
Altezza: 1.68 m
Ruolo: Trequartista, seconda punta, mezzala
Club: Hà Nội FC (2016-?)


STORIA
Nato nel distretto rurale di Đông Anh nell'aprile del 1997, Nguyễn Quang Hải ha lasciato presto la sua casa per trasferirsi all'accademia del Hà Nội Football Club: a nove anni, nel 2006 (casualmente lo stesso anno di fondazione della società), il ragazzo entra nel vivaio per rimanerci per quasi un decennio.
L'opportunità di crescere non arriva però dal club della capitale, bensì a Ho Chi Minh, dove il Sài Gòn Football Club ha la chance di poterlo vedere all'opera per una stagione. Sembra una sorta di prestito, ma non è chiarissima la forma del trasferimento: in ogni caso, il talento di Nguyễn è fondamentale per vincere la seconda divisione.
Il club centra la promozione in V. League 1 ed è un caso particolare, perché il Sài Gòn FC aveva già vinto la seconda divisione nel 2011, ma non aveva potuto esser promossa perché seconda squadra del Hà Nội FC. Lo è stata fino al passaggio di proprietà - la società è stata comprata dalla Quang Huy Plastics Joint Stock Company - e ha persino cambiato sede nel 2016.
Tornato dall'anno di gloria a Ho Chi Minh, Nguyễn viene inserito in squadra dal tecnico Phan Thanh Hùng, che lo lancia in prima squadra. Non importa che abbia solo 19 anni, perché il talento del ragazzo è oggetto di conversazione in tutto il paese. E se nel primo titolo del 2016 il ragazzo gioca un ruolo secondario, ultimamente è esploso.
La consacrazione internazionale con il Vietnam gli ha dato sicurezza anche nelle gare con il club: la stagione 2018 della V. League 1 deve ancora finire, ma l'Hà Nội FC è già campione. A quattro gare dalla fine, la squadra ha già accumulato un vantaggio di 15 punti sulla seconda classificata, Sanna Khánh Hòa BVN Football Club.
In questo scenario, il fantasista vietnamita si è portato a casa gli onori della cronaca: nove gol, sei assist e giocatore del mese a giugno. Il tutto dopo un 2017 nel quale si era già intravisto qualcosa: Nguyễn è stato il miglior giovane del campionato e il terzo miglior giocatore della stagione, vincendo la Bronze Ball.

CARATTERISTICHE TECNICHE
La prima cosa che salta all'occhio, volendo trovare un difetto al ragazzo, è l'enorme mancanza di requisiti fisici: un'assenza che lo condannerebbe in qualunque calcio europeo, ma che forse può esser aggiustata e levigata anche grazie alle grandi capacità tecniche che lo contraddistinguono. E non è un caso che ci sia molto hype per il suo sviluppo.
Il Vietnam è in una fase di grande progresso calcistico: sebbene il c.t. Park Hang-seo abbia impostato una formazione difensiva nelle cavalcate continentali (per annullare il gap tecnico, altrimenti non batti Corea del Sud e Australia), l'intero trend del calcio del Sud-Est asiatico va in un'altra direzione, come dimostrato già dalla Thailandia.
In quella zona del mondo, non ci sono giocatori massicci e quindi si gioca (giustamente, aggiungerei) palla a terra per sopperire alle mancanze fisiche. Anche il Vietnam segue questo trend e Nguyễn ne sembra impersonare la massima rappresentazione.
Parliamo di un ragazzo che è stato provato ovunque sul campo - trequartista, seconda punta o estero d'attacco; persino prima punta o mezzala -, ma che è contraddistinto da un buon trattamento di palla e da un piede mancino importante. Ci metterei dentro anche l'enorme proprietà tecnica, la sicurezza in certe giocate e un discreto fiuto su calcio piazzato.

STATISTICHE
2015 - Sài Gòn FC*: 13 presenze, 4 reti
2016 - Hà Nội FC: 35 presenze, 4 reti
2017 - Hà Nội FC: 34 presenze, 5 reti
2018 - Hà Nội FC (in corso): 26 presenze, 10 reti
* = in V. League 2 (la seconda divisione vietnamita)

NAZIONALE
Nguyễn Quang Hải ha giocato in tutte le rappresentative giovanili del Vietnam ed è proprio in questo tipo di contesto che sta costruendo la sua reputazione: è sempre stato così, fin da quando - nel 2011 - il c.t. dell'U-16 lo chiamò per giocare con loro, nonostante avesse soli 14 anni.
Recentemente, è stata soprattutto la selezione U-23 la perfetta vetrina per il ragazzo: Nguyễn ha stupito tutti al campionato asiatico di categoria, svoltosi a inizio anno e conclusosi con il Vietnam in finale, battuto dall'Uzbekistan solo nei supplementari. Il trequartista ha fatto bene anche agli Asian Games, dove il Vietnam U-23 è arrivato quarto.
E l'esordio in nazionale maggiore? A giugno 2017, quando il ragazzo è stato mandato in campo dal c.t. ad interim Mai Đức Chung per la prima volta contro la Giordania. Solo qualche mese più tardi, a settembre dello stesso anno, Nguyễn ha realizzato il primo gol, decisivo per vincere in Cambogia. Nonostante i soli 21 anni, sembra già una colonna.

LA SQUADRA PER LUI
Sembra chiaro come l'Europa sia lontana dalle possibilità di Nguyễn Quang Hải (almeno per ora) e che quindi la miglior opzione sia quella di spostarsi in giro per l'Asia. E non è un caso che diverse squadre siano sul trequartista: dai thailandesi del Muangthong United ai qatarioti dell'Al-Sadd, fino alla proposta del Renofa Yamaguchi, club di seconda divisione giapponese. 
Per quanto le prime due possibili offerte siano affascinanti (giocherebbe in Champions League asiatica), sarebbe ottimo per Nguyễn crescere in J2 League, specie in una società che in questo momento storico sta giocando in maniera tecnica e spettacolare. A breve ne sapremo di più sul suo futuro.

28.8.18

ROAD TO JAPAN: Kyosuke Tagawa (田川 亨介)

Buongiorno a tutti e benvenuti a "Road To Japan", la rubrica che vi permette di scoprire i ragazzi più promettenti del panorama nipponico. Nell'ottavo numero del 2018, ci spostiamo nel Kyushu e precisamente al Sagan Tosu. Tutti si concentrano su Fernando Torres, ma prima del suo arrivo Kyosuke Tagawa si è dimostrato molto promettente.

SCHEDA
Nome e cognome: Kyosuke Tagawa (田川 亨介)
Data di nascita: 11 febbraio 1999 (età: 19 anni)
Altezza: 1.81 m
Ruolo: Prima punta
Club: Sagan Tosu (2017-?)



STORIA
Nato nel febbraio '99 nella prefettura di Nagasaki, Kyosuke Tagawa ha vissuto praticamente tutta la sua (fin qui breve) carriera nella parte più meridionale del Giappone. Infatti, è il Sagan Tosu a inserirlo nella sua formazione U-18, con il tecnico Massimo Ficcadenti che arriva a promuoverlo in prima squadra nel maggio 2017.
Nelle prime gare del 2017, il manager del Sagan l'aveva comunque coinvolto nella rotazione. Forse poco convinto da Toyoda (che rimane comunque un attaccante da 90 gol in J. League), Tagawa guadagna gradualmente spazio: nelle prime sette in J1, il classe '99 entra dalla panchina per poi esordire dal 1' il 2 luglio, quando il Sagan pareggia sul campo del Ventforet Kofu.
La sorpresa arriva nella seconda parte di stagione, quando Tagawa diventa un titolare accanto a Ibarbo: ha già segnato il primo gol da pro contro l'Albirex Niigata a marzo, ma ne trova altri tre nel finale di campionato (tra cui una doppietta sul campo degli Urawa Red Diamonds, poi campioni continentali qualche mese più tardi).
Anche in questa stagione, Tagawa ha dimostrato utilità e creatività, come quando ha deciso la gara contro il Nagoya Grampus all'ultimo secondo. Tuttavia, gli arrivi di Fernando Torres e Mu Kanazaki - uniti al ritorno di Yohei Toyoda, andato in prestito in Corea del Sud, ma tornato a Saga - gli hanno ristretto il minutaggio (31' giocati nelle ultime sei gare).

CARATTERISTICHE TECNICHE
Non fatevi ingannare da una struttura fisica che sembra quella di un fenicottero elegante: Tagawa ha segnato un tempo di 6" netti sui 50 metri. Il che aiuta anche in ottica futura, potendo così lavorare su un ragazzo ancora giovanissimo - 19 anni sono pochi, anche per la J. League -, ma che può migliorare esponenzialmente a medio-lungo termine.
Tatticamente parlando, c'è anche spazio per capire come il ragazzo potrà giocare in cmapo: Ficcadenti l'ha provato un po' ovunque (persino da ala, magari alternando la sua posizione in campo con Ibarbo), ma spero che Tagawa possa evolversi in una prima punta capace di leggere bene il campo e di spezzare le difese avversarie in transizione.

STATISTICHE
2017 - Sagan Tosu: 28 presenze, 4 reti
2018 - Sagan Tosu (in corso): 24 presenze, 2 reti

NAZIONALE
L'esperienza guadagnata al Sagan Tosu ha permesso a Tagawa di presenziare per le varie rappresentative giovanili: l'attaccante ha giocato per diverse formazioni under, dall'U-16 all'U-20, con cui ha giocato il Mondiale del 2017. Non nego che ho grosse attese per l'U-23, visto che le Olimpiadi di Tokyo 2020 sono dietro l'angolo e Tagawa è un prospetto interessante per quella competizione.

LA SQUADRA PER LUI
Penso che per giudicare il futuro di Tagawa - un futuro che in ogni caso ritengo promettente - serva soprattutto capire come si concluderà il campionato del Sagan Tosu. Qualora il club retrocedesse, ho dei dubbi che possano rimanere Toyoda, Kanazaki e Torres tutti insieme. Più probabile che i primi due possano trovare un'altra sistemazione.
In tal modo, forse, rimanere a Saga avrebbe un senso. Ma qualora il Sagan si riuscisse a salvare da una retrocessione che sembrava certa, allora le permanenze nel reparto d'attacco si farebbero certe. E Tagawa dovrebbe cercare un'altra squadra: in ogni caso, il giovane attaccante ha bisogno di un altro anno in Giappone prima di lanciarsi altrove.

24.8.18

UNDER THE SPOTLIGHT: Justen Glad

Buongiorno a tutti e benvenuti a un altro numero di "Under The Spotlight", la rubrica che permette di visionare i talenti che sono sparsi sul globo terrestre. Per l'ottavo numero del 2018, ci spostiamo negli Stati Uniti e precisamente nello Utah, dove Justen Glad potrebbe essere tra i nuovi protagonisti del cruciale ciclo che dovrà rimettere l'USMNT sulla mappa del calcio mondiale.

SCHEDA
Nome e cognome: Justen Thomas Glad
Data di nascita: 28 febbraio 1997 (età: 21 anni)
Altezza: 1.85 m
Ruolo: Difensore centrale
Club: Real Salt Lake (2017-?)



STORIA
Nato a Pasadena (la città che ospitò la finale del Mondiale del 1994) nel 1997, Justen Glad firma con la Real Salt Lake Arizona Academy nel 2012. A 15 anni, il giovane difensore entra a far parte delle maglie di un club di MLS, il Real Salt Lake. Si fa notare contribuendo alla vittoria del 2012-13 U.S. Soccer Developmental Academy.
Dopo aver preso parte al ritiro pre-campionato del 2014, è il tecnico Jeff Cassar - appena arrivato per sostituire Jason Kreis, che ha portato la franchigia alla finale di MLS Cup - a decidere di firmare il ragazzo per la prima squadra. Tuttavia, la sua carriera è dovuta passare prima dalla squadra riserve, i Real Monarchs, con i quali segna persino una rete.
Eppure, solo qualche settimana prima, Glad ha esordito in prima squadra in una gara di MLS, giocando l'intera gara persa per 2-1 a Vancouver contro i Whitecaps. Bastano i due anni d'apprendistato per far parte dell'undici titolare nella stagione 2016, la prima con un numero significativo di presenze (31).
Gioca appena una gara con la squadra-B prima di comparire in tutte le competizioni possibili (tra cui la CONCACAF Champions League) e soprattutto di segnare il suo primo gol da professionista, realizzato sul campo dello Sporting Kansas City e decisivo per la vittoria in trasferta per 2-1.
Un infortunio e la conseguente partecipazione al Mondiale U-20 con gli Stati Uniti hanno limitato il suo impegno nella MLS 2017, ma - una volta rientrato nello Utah - è stato di nuovo messo in campo da titolare. Così come nel 2018, dove Glad ha giocato per ora 26 partite ed è un punto di riferimento per il club nonostante la giovane età.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Per i soli 21 anni sulla carta d'identità, Glad ha già accumulato notevole esperienza nella sua carriera: il manager Cassar l'ha provato anche da terzino, anche se la velocità e la tecnica del ragazzo non sembrano adatte a uno schieramento sul fronte destro della difesa. Meglio da centrale o anche da centrale destro in una difesa a tre (non vista, però, al RSL).
Tuttavia, spunta un dato che indica come si possa lavorare su Glad: la precisione dei passaggi, molto alta per un difensore (84,4% nel 2017). Poi andrebbe studiata la qualità dei passaggi - in verticale o semplicemente scambi con i compagni di reparto -, ma di certo c'è la possibilità di lavorare bene su un classe '97 con così tanta esperienza.

STATISTICHE
2014 - Real Salt Lake: 0 presenze, 0 reti
2015 - Real Salt Lake: 8 presenze, 0 reti / → Real Monarchs: 7 presenze, 1 rete 
2016 - Real Salt Lake: 31 presenze, 2 reti / → Real Monarchs: 1 presenza, 0 reti 
2017 - Real Salt Lake: 18 presenze, 0 reti
2018 - Real Salt Lake (in corso): 26 presenze, 0 reti

NAZIONALE
Glad ha giocato con diverse rappresentative giovanili, dall'U-17 all'U-20: basti pensare come il centrale sia diventato protagonista degli Stati Uniti nel 2017, quando Glad segna e fornisce un assist negli ottavi di finale del Mondiale U-20 contro la Nuova Zelanda. Il difensore è stato anche parte della squadra vittoriosa nel CONCACAF Championship. 
Già chiamato dalla nazionale maggiore per un'amichevole contro la Bosnia, Glad non ha esordito a gennaio scorso, ma ci sarà più di una chance nel futuro. Con buona parte del gruppo storico lasciato alle spalle dopo la mancata qualificazione a Russia 2018, Glad potrà comunque sfidare gli eccellenti colleghi di reparto (da Brooks a Miazga, passando per Carter-Vickers).

LA SQUADRA PER LUI
Con un contratto rinnovato fino alla fine di questa stagione, Glad diventa una potenziale occasione soprattutto per i campionati di seconda fascia. Sarebbe interessante vedergli fare un salto in una lega come quella scozzese, dove tutte le squadre - tranne il Celtic - potrebbero beneficiare dell'arrivo di Glad nel proprio club.
Pensate anche solo a un'eventuale passaggio del centrale statunitense ai Rangers di Glasgow e a quanto il ragazzo imparerebbe sotto la guida di Steven Gerrard. Insomma, lo spazio per un salto europeo c'è, così come per quello per diventare un punto di riferimento degli Stati Uniti del futuro.

31.7.18

ROAD TO JAPAN: Koji Miyoshi (三好 康児)

Buongiorno a tutti e benvenuti al settimo numero di "Road to Japan", la rubrica che ci consente di scoprire nuovi talenti che si nascondono nella terra del Sol Levante. Oggi ci spostiamo a Sapporo, dove il Consadole si sta godendo - in prestito - un giovane molto interessante, cresciuto dal Kawasaki Frontale: si tratta di Koji Miyoshi, sgusciante folletto classe '97.

SCHEDA
Nome e cognome: Koji Miyoshi (三好 康児)
Data di nascita: 26 marzo 1997 (età: 21 anni)
Altezza: 1.68 m
Ruolo: Ala, trequartista
Club: Consadole Sapporo (2018-?)



STORIA
Originario di Tama-ku (un piccolo distretto nella città di Kawasaki, nella prefettura di Kanagawa, costeggiato dal fiume Tama, per l'appunto), Koji Miyoshi nasce nel marzo del 1997. Comincia a giocare a pallone spinto dall'influenza del fratello, ma non è un errore chiamare il ragazzo un "figlio del Kawasaki Frontale", perché la sua carriera è legata al club.
Non solo Miyoshi è nato sulle rive del Tama, ma dal 2007 - ovvero dall'età di 10 anni - viene inserito nelle giovanili del club nero-azzurro. Una lunga maturazione, che arriva fino al 2014, quando il 17enne viene ufficialmente inserito nei ranghi della prima squadra. Assieme a lui, c'è Shintaro Kurumaya, una colonna oggi per il club.
L'esordio arriva l'anno dopo: il 4 aprile 2015, al termine di una rotonda vittoria (4-1) in casa contro l'Albirex Niigata, il manager Yahiro Kazama manda in campo Miyoshi per un minuto, al posto dell'eroe locale Yoshito Okubo. Nell'ultima gara giocata in prestito per la selezione U-22 in J3, Miyoshi trova anche il primo da professionista contro il Fujieda MYFC.
Durante l'inverno 2015-16, il club si libera di diversi profili in attacco, tra cui Kenyu Sugimoto e soprattutto Renatinho, venduto a peso d'oro al Guangzhou R&F. A quel punto, Miyoshi ha molto più spazio nella seconda parte della stagione e trova persino quattro gol in appena 11 gare di J1 (tra cui il gol che illude il Kawasaki sulla possibilità di vincere il titolo).
Con il cambio di manager (da Kazama a Toru Oniki), le presenze di Miyoshi non sono salite, nonostante il club sia stato impegnato anche in una buona annata in AFC Champions League, chiusa con l'incredibile uscita ai quarti di finale sul campo dei futuri campioni degli Urawa Red Diamonds. Purtroppo, la corsa al titolo ha messo da parte Miyoshi.
C'è di peggio, perché di sole 13 presenze in J. League, solo sei di esse arrivano dal 1'. Nonostante il premio di miglior giovane in J. League Cup e l'eredità numerica della maglia di Yoshito Okubo (trasferitosi al FC Tokyo), Miyoshi ha preso la decisione di trasferirsi, seppur in prestito, per trovare più spazio.
Visto l'affollato reparto offensivo (Ienaga e Abe, senza contare il ritorno di Okubo e l'arrivo di Saito), il classe '97 è passato al Consadole Sapporo, bisognoso di giocatori fantasiosi nel reparto offensivo. La partnership con Chanathip Songkrasin è molto interessante, da vedere all'opera.

CARATTERISTICHE TECNICHE
La prima cosa che si può notare è la duttilità del ragazzo: ha giocato da ala, esterno di centrocampo, trequartista e seconda punta. Eviterei di schierarlo da prima punta, anche in emergenza, sebbene quest'epoca calcistica si presti sempre più agli esperimenti. In ogni caso, Miyoshi ha già giocato in differenti posizioni a vent'anni appena compiuti.
Con questa versatilità, rimane quasi il dubbio su dove sia meglio schierarlo. Personalmente mi piace molto la posizione che sta occupando al Consadole Sapporo: nel classico 3-4-2-1 di Mihailo Petrović, Miyoshi agisce come uno dei due trequartisti dietro il terminale offensivo (uno tra Tokura e Bothroyd). Qualora pensasse a un passaggio in Europa, il ragazzo dovrà necessariamente rinforzarsi dal punto di vista fisico.

STATISTICHE
2015 - Kawasaki Frontale: 5 presenze, 0 reti
2016 - Kawasaki Frontale: 25 presenze, 4 reti
2017 - Kawasaki Frontale: 20 presenze, 3 reti
2018 - Consadole Sapporo (in corso): 15 presenze, 1 rete

NAZIONALE
Miyoshi ha avuto il merito di farsi tutta la trafila delle giovanili: ha giocato un Mondiale di categoria sia con l'U-17 nel 2013 (con Kento Misao e Taro Sugimoto) che con l'U-20 nel 2017 (con Yuta Nakayama, Ritsu Doan, Takefusa Kufo, Takehiro Tomiyasu e tanti altri). Non solo, perché Miyoshi sarà ancora in età nel 2020 per esser convocato per l'Olimpiade di Tokyo.
La nazionale senior potrebbe aspettarlo a breve. Penso che sia difficile vederlo in squadra prima della Coppa d'Asia di gennaio 2019, ma se continuasse a crescere - specie con l'aiuto del Consadole Sapporo e gli insegnamenti di Mihailo Petrović -, il neo-c.t. Hajime Moriyasu potrebbe dargli una chance.

LA SQUADRA PER LUI
Miyoshi è uno di quei giocatori che può crescere molto e può farlo all'improvviso. Penso che qualunque squadra europea - anche quelle di metà classifica dei campionati più prestigiosi - sarebbe fortunata a portare a casa un ragazzo del genere. Miyoshi è una delle gemme della prossima generazione e presto avrà le potenzialità per farcela anche in Europa.

23.7.18

UNDER THE SPOTLIGHT: Alphonso Davies

Buongiorno a tutti e benvenuti a una nuova puntata di "Under The Spotlight", la rubrica con la quale spaziamo nel mondo per scoprire i vari talenti sul globo. Con una puntata leggermente in ritardo (causa finale del Mondiale in Russia), ci spostiamo in Canada, dove un anno fa si è rivelato un potenziale crack: Alphonso Davies può rappresentare il nuovo che avanza.

SCHEDA
Nome e cognome: Alphonso Boyle Davies
Data di nascita: 2 novembre 2000 (età: 17 anni)
Altezza: 1.81 m
Ruolo: Ala, seconda punta
Club: Vancouver Whitecaps (2016-?)



STORIA
Buduburam non è una piccola città all'interno del Canada, bensì un campo di rifugiati aperto dall'UNHCR nel 1990. Si trova nel Gomoa East District, affacciato sull'Oceano Atlantico. Inizialmente il campo è stato aperto per accogliere rifugiati in fuga dalle guerre civili che hanno devastato la Liberia tra il 1989 e il 2003, ma è diventato altro.
Oltre ad accogliere ulteriori rifugiati - stavolta in fuga dalla Sierra Leone, anch'essa dilaniata dalla guerra civile durante gli anni '90 -, Buduburam è diventato il luogo di nascita di Alphonso Davies. Il campo ha chiuso le proprie attività nel febbraio 2011, ma nel novembre 2000 ha visto la nascita di questo ragazzino di origini liberiane.
I suoi genitori erano scappati durante la seconda guerra civile (durata dal '99 al 2003): solo quando Alphonso ha cinque anni, la famiglia decide di trasferirsi in Canada. La prima destinazione è Windsor, quasi al confine con gli Stati Uniti e non lontano da Toronto; poi il passaggio a Ovest e lo spostamento a Edmonton, prima di arrivare a Vancouver.
Nel 2015, i Whitecaps lo scoprono: i genitori sono già felici di quanto il Canada abbia cambiato loro la vita, ma indubbiamente approdare a Vancouver rappresenterebbe un'enorme opportunità. Nonostante non abbia nemmeno 16 anni, i Whitecaps inseriscono il giovane Davies nel pre-season tour dell'inverno 2016 e gli danno anche qualche chance in prima squadra.
Mentre Alphonso gioca con le riserve, il club si è già convinto: contratto fino al 2018, con possibilità di allungamento per le stagioni 2019 e 2020. Intanto, arriva anche l'esordio in prima squadra e la prima rete da pro, realizzata al Children's Mercy Park in CONCACAF Champions League per una vittoria allo scadere contro lo Sporting Kansas City.
In più, Davies è diventato il secondo più giovane di sempre a comparire in una gara di MLS: la sua entrata in campo contro Orlando City a luglio 2016 è seconda solo all'intramontabile record di Freddy Adu. La crescita è continuata gradualmente, fino ad arrivare a prestazioni pazzesche: ancora contro Orlando, stavolta due anni più tardi. Risultato? Tre assist e un gol, praticamente inarrestabile.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Per la sua conformazione fisica e atletica, lo scatto e la velocità insensata sono sempre state ovvie caratteristiche del calcio di Davies. Le si poteva vedere già nel 2016, quando i primi semi del suo calcio erano stati intravisti per i campi d'America. Tuttavia, a un gioco così veloce si accompagnava un controllo molto confusionario della sua corsa e potenza.
Oggi l'entropia assoluta ha lasciato spazio alla crescita e quindi a un calcio più ragionato, sia nelle scelte di gioco che (e non era scontato) nell'approccio difensivo. Sebbene le sue capacità tecniche sembrino ancora grezze, esse lasciano comunque intravedere un ottimo avvenire per Davies, visto che sulla tecnica si può tranquillamente lavorare. Specie se hai di fronte un ragazzo di neanche 18 anni.

STATISTICHE
2016 - Vancouver Whitecaps: 15 presenze, 1 rete / Whitecaps FC 2: 11 presenze, 2 reti
2017 - Vancouver Whitecaps: 33 presenze, 3 reti
2018 - Vancouver Whitecaps (in corso): 20 presenze, 3 reti

NAZIONALE
La sua storia con il Canada sembra avere le stimmate del predestinato: nato in Ghana, Davies ha dovuto passare un test di cittadinanza per giocare con la squadra senior del Canada. Dopo aver giocato per l'U-16 e l'U-20, l'ala dei Whitecaps ha esordito con il Canada nel giugno 2017, comparendo in un'amichevole contro Curaçao.
Dopo esser diventato il più giovane di sempre a giocare per il Canada, Davies è stato convocato - a sorpresa - per la Gold Cup del mese successivo. La scelta dell'allora c.t. Octavio Zambrano ha pagato: nonostante la giovane età, Davies ha segnato due gol nella gara inaugurale contro la Guiana francese e poi un'altra rete contro la Costa Rica. A fine torneo, sarà miglior giovane, uno dei capocannonieri e verrà incluso nella Top 11.
Con il Mondiale del 2026 ormai assegnato al trittico Stati Uniti, Messico e Canada - nonché pensando alla probabile automatica qualificazione della nazionale canadese -, che Davies possa essere il primo giocatore a segnare il primo gol di sempre per Les Rouges in Coppa del Mondo? Avrà solo 25 anni in quel momento per vendicare l'edizione in bianco del 1986.

LA SQUADRA PER LUI
Visti che la MLS sta salendo di livello e la sua giovane età, è giusto che Davies per ora rimanga in Canada. I Whitecaps sono un ambiente tranquillo per crescere, magari per un paio d'anni: all'inizio del 2020, se le premesse saranno state mantenute, allora si potrà pensare a un salto europeo, magari partendo da una lega di seconda fascia (Belgio, Olanda, Svizzera).
In questi giorni si parla addirittura di Bayern e PSG, chissà che questo passaggio non possa diventare realtà, anche a cifre importanti. L'importante è evitare di diventare un altro Julian Green, fermo restando che un'eventuale esperienza a questi livelli farebbe bene non solo a Davies, ma a tutto il movimento canadese.

16.7.18

Una giovane Restaurazione.

Come ricorderemo Russia 2018? Forse come il Mondiale delle occasioni sprecate, del gioco reazionario e difensivo, delle gare tirate e finite in gran parte con un gol di scarto (31 su 64, quasi il 50%. Aggiungendoci i 13 pareggi, arriviamo a 44 gare su 64!). Ma soprattutto sarà il Mondiale di una generazione d'oro, un'altra, che ha riportato il Mondiale in Francia a vent'anni dal primo.

Didier Deschamps, 49 anni, ha vinto il Mondiale da giocatore e allenatore: il terzo a riuscirci dopo Zagallo e Beckenbauer.

Molti hanno parlato di una finale spettacolare, riferendosi all'ultimo atto tra Francia e Croazia. Nei gol non si può certo smentire tale assunto (4-2, sei gol: l'ultima volta nel 1966), ma sul campo - soprattutto il primo tempo - sembra aver smentito il concetto. La Francia ha giocato come in tutto questo Mondiale, attendendo l'avversario e sfruttando Giroud o Mbappé per ripartire.
Paradossalmente nell'ultimo atto è mancato uno dei candidati al MVP di questo Mondiale, ovvero N'Golo Kanté: decisivo per arrivare in finale, il mediano del Chelsea è stato ammonito e persino sostituito dopo 55' da N'Zonzi. Poco male, perché a quel punto la finale aveva preso la strada giusta, nonostante un 2-1 sofferto nella prima frazione.
La punizione di Griezmann spizzata in porta da Mandzukic (con il dubbio del fuorigioco passivo di Pogba, che disturba il suo ex compagno), il pareggio straordinario di Perisic (con l'esultanza a-là-CR7), il contestato rigore del 2-1 trasformato ancora da Griezmann (parere personale: c'era): il tutto senza che la Francia abbia fatto un vero tiro in porta nei primi 45'.
Al ritorno in campo, la Croazia ha comunque creato un pericolo con Rebic, prima di arrendersi alla potenza contropiedista dei francesi. Prima Pogba ha sventagliato per Mbappé e dallo sviluppo dell'azione è stato lo stesso uomo del Manchester United a segnare il 3-1, poi è arrivata la staffilata di Mbappé per la quarta rete (che azione Lucas Hernandez).
Da lì, neanche l'unico errore di Lloris in questo Mondiale - un tentativo di tunnel con il piede debole su Mandzukic, conclusosi con il gol del centravanti della Juventus - ha veramente riportato la partita in un equilibrio di qualche tipo. La Francia ha amministrato, sfiorando persino il quinto in due occasioni. Alla Croazia è rimasto l'onore delle armi.
La pioggia ha poi avvolto lo scenario di Mosca, con capitan Lloris che ha alzato la coppa e Modric miglior giocatore del torneo, seguito da Mbappé (miglior giovane), Courtois (miglior portiere) e Kane (capocannoniere, seppure gli autogol siano stati il doppio delle reti segnate dal centravanti del Tottenham e della nazionale inglese).

Il momento in cui finisce la finale 2018: Paul Pogba segna il 3-1.

Cosa rimarrà di questo Mondiale, quindi? Al di là di cosa accadrà nel suo futuro, Didier Deschamps ha creato una sua legacy: la Francia ha vinto due Mondiali e lui c'era in entrambi. Nel '98 era il capitano, oggi il commissario tecnico. Un allenatore contestato, a volte incomprensibile, ma che ha trovato in un assetto conservativo il miglior vestito per questa nazionale.
Dopo aver perso la finale dell'Europeo 2016 in casa, c'era timore che questa generazione di giocatori dovesse attendere per alzare un trofeo. Invece le aggiunte di Mbappé e Lucas Hernandez hanno completato il mosaico e ora la Francia si gode un titolo meritato, perché - in un Mondiale dal gioco reazionario - si è mostrata la squadra che si è adattata meglio allo scenario corrente.
La Croazia non ha vinto il Mondiale, ma ha saputo superare la classe del '98 e già questo è un miracolo, calcolando che a ottobre 2017 la squadra aveva ceduto la guida del suo girone all'Islanda e si giocava una sorta di primo spareggio in Ucraina. Poi l'arrivo di Dalic e la vittoria del play-off contro la Grecia ci ha condotto a questo momento.
La Croazia è stata la migliore squadra della fase a gironi, però mi è sembrata un po' mancare nella fase a eliminazione diretta. Paradossalmente, la Croazia sarebbe potuta uscire nelle gare in cui avrebbe anche meritato una punizione (contro Danimarca e Russia), mentre ha giocato al meglio la semifinale e il primo tempo della finale.
Se da una parte mi auguro che Luka Modric possa alzare il Pallone d'Oro a fine anno, dall'altra Belgio e Inghilterra hanno di che sorridere, seppur in modo diverso. La generazione d'oro del Belgio ha ottenuto il risultato tanto atteso (e forse Hazard sarebbe stato da MVP), mentre l'Inghilterra - seppur incompleta e ancora poco continua - può sorridere in vista di Qatar 2022.
Ma forse la lezione più importate di questo Mondiale è quella tattica. Se il 2006 è stato l'inizio di alcune tradizione (salida lavolpiana, primi semi del tiki-taka, i primi risultati del processo tedesco), questo 2018 potrebbe esser ricordato per le difese basse, i baricentri arretrati, le linee strette e l'attendismo. Che una Restaurazione sia in atto?

Antoine Griezmann, 27 anni, deus ex machina di una Francia da titolo.

3.7.18

Questa volta.

«Travolta dalle diatribe interne e da un vero ricambio generazionale (ci si aspettava qualcosa in questo senso), la nazionale giapponese ha staccato il biglietto per la sesta Coppa del Mondo consecutiva, ma non sembra avere le potenzialità per uscire dal girone. [...] Il rischio che Russia 2018 sia una brutta copia di Brasile 2014 è alto».

Questa la mia preview sul Giappone prima dell'inizio del Mondiale. Dopo ieri sera, però, forse qualcosina va rimesso in ordine.


Minuto 93: Chadli ha appena chiuso in gol il contropiede belga. Gli ottavi finiscono qui, così come l'avventura del Giappone a Russia 2018.

La realtà ha fatto più male di quello che si poteva pensare: l'eliminazione non è arrivata al girone, bensì a 30 secondi dai supplementari degli ottavi di finale, dopo aver condotto con un doppio vantaggio una gara che poteva essere decisamente gestita meglio. Il finale - 3-2 per un Belgio che è sembrato comunque vulnerabile - fa malissimo.
La partita ha ricordato per diversi tratti il 4-3 subito dal Giappone nella seconda gara del girone della Confederations Cup, quella giocata contro l'Italia. All'epoca, i nipponici andarono in vantaggio per 2-0 con i gol di Kagawa e Honda prima di esser scavalcati sul 3-2, rimontare sul 3-3 e infine perire per una rete di Giovinco nel finale.
In quella gara, nel caldo torrenziale di Manaus e sostenuto dal tifo di diversi brasiliani (in Brasile c'è la maggiore comunità nipponica in un paese estero), il Giappone mostrò tutte le sue forze e pecche. Un calcio scintillante, fatto di possesso e palla a terra, ma anche di distrazioni, mancanze di concentrazione e forse anche di cattiveria.
La gara contro il Belgio ha riassunto - seppur in un'epoca diversa - tutti questi punti: se dopo cinque anni i problemi rimangono gli stessi, vuol dire che la JFA non ha lavorato al meglio. Nonostante gli aggiustamenti, i cambi e le prospettive negative pre-Mondiale, quando si è in doppio vantaggio a mezz'ora dalla fine, la gara va portata a casa.
Anche perché "portarla a casa" avrebbe voluto dire giocare il primo quarto di finale nella propria storia a un Mondiale. E quanto avrebbe significato per una nazione che trent'anni fa non era neanche lontanamente vicino al Mondiale, anzi giocava la prima Coppa d'Asia di sempre? Tantissimo. Ma la gestione della partita è stata tremenda.
Dopo un ottimo game plan in campo, eseguito bene e senza grossi rischi (se escludiamo il palo di Hazard), Nishino avrebbe forse dovuto reagire all'entrata di Chadli e Fellaini a mezz'ora dalla fine. Un cambio sarebbe servito più di altri, ovvero inserire un terzo centrale e passare a un 3-5-1-1, inserendo Ueda al posto di Haraguchi.
Il centrale dei Kashima Antlers - molto forte nel gioco aereo - avrebbe permesso di respirare nei duelli aerei, che sono stati la chiave della rimonta belga. Una squadra super-spinta per il suo gioco e le sue stelle ha dovuto ricorrere alla forza bruta per rimontare, sfruttando l'ingenuità giapponese e i cambi tardivi di Nishino.

Un momento bellissimo, il 2-0 di Inui. Poi il pata-trac e la rimonta.

Un trio difensivo con Ueda, Shoji e Yoshida avrebbe magari faticato in fase d'impostazione, ma con il doppio vantaggio dalla propria, poco sarebbe importato. E invece il gollonzo di Vertonghen - secondo me voluto dal centrale del Tottenham, complice anche la poca attenzione di Kawashima - ha cambiato l'inerzia della gara. Per sempre.
Guardate il 2-2: c'è qualcosa che il Giappone potrebbe aver fatto diversamente? No. Quello è forse l'unico dei sette gol subiti a questo Mondiale su cui i Samurai Blue non potevano far nulla. Fellaini è accoppiato a Hasebe, che gli rende più di 10 centimetri. E a parte Hazard (destinato a battere i corner), non era rimasto più nessun "piccolo" da difendere. 
Il finale è stato agonico, con la sensazione che il Giappone pensasse ai supplementari, ma che al tempo stesso potesse trovare un guizzo tramite il suo giocatore più iconico. Keisuke Honda è entrato e ha giocato appena 15', ma ha avuto due palloni pesanti sul suo piede per svoltare la gara, tra cui una splendida punizione da 30-35 metri.
Sventato il pericolo sul fendente del mancino nipponico, il Belgio ha raccolto la palla dal conseguente angolo e ha liberato i suoi centometristi. Kevin de Bruyne, limitato ottimamente da Osako e Kagawa per tutta la gara, si è ritrovato con campo libero e superiorità numerica: da lì, palla a Meunier e poi a Chadli, che ha chiuso la partita.
L'uscita è forse giusta, sia per le ingenuità che per le occasioni create. Ma sul 2-0 e con la situazione al 60', fa malissimo aver visto quanto successo ieri a Rostov sul Don. Il Giappone deve ripartire con la consapevolezza che c'è del materiale su cui lavorare e che la Coppa d'Asia è vicina, ma i rimpianti rimarranno. Così come sono rimasti per il 2010 e per il 2002.
E adesso? Adesso la JFA dovrà decidere cosa fare. Keisuke Honda pare aver optato per il ritiro dalla nazionale, così come Gotoku Sakai. Ma la scelta più importante sarà quella dell'allenatore: ho un'idea sul futuro e sul successore di Nishino (che ha comunque fatto un buon lavoro), ma c'è anche la possibilità che l'ex tecnico del Gamba Osaka veda il suo contratto rinnovato.
Il Giappone ha segnato i primi gol in un match della fase a eliminazione diretta. Ha segnato il maggior numero di gol mai fatti a un Mondiale. Ha raggiunto gli ottavi per la terza volta nella sua storia (prima asiatica a farlo), sfiorando un upset da capogiro. Ma ci vuole molto più per stabilizzarsi a questi livelli, è bene ricordar(se)lo.

Akira Nishino, 63 anni, ha fatto un lavoro deegno di applausi.

30.6.18

ROAD TO JAPAN: Takuma Nishimura (西村 拓真)

Buongiorno a tutti e benvenuti al sesto numero di "Road to Japan", la rubrica che ci consente di scoprire i talenti sparsi per il panorama nipponico. Oggi ci spostiamo a Sendai, dove il Vegalta è la squadra di riferimento. Un club ogni anno pronosticato per la retrocessione e che anche quest'anno si sta allontanando da questo rischio. Anche grazie ai gol di Takuma Nishimura.

SCHEDA
Nome e cognome: Takuma Nishimura (西村 拓真)
Data di nascita: 22 ottobre 1996 (età: 21 anni)
Altezza: 1.78 m
Ruolo: Seconda punta, ala
Club: Vegalta Sendai (2015-?)



STORIA
Nato a Nagoya (città principale della prefettura di Aichi) nell'ottobre '96, Takuma Nishimura viene introdotto al calcio alla giovanissima età di quattro anni. La sua infanzia dovrebbe svilupparsi nella città d'origine, ma poi si ritrova a Toyama per frequentare lì il liceo, visto che l'omonima prefettura è anche il posto in cui vivono i suoi nonni.
Presente con la squadra persino alla Prince Takamado Cup (una prestigiosa competizione per squadre U-18 e U-15), Nishimura viene selezionato per giocare in una selezione proveniente dalla macro-regione del Hokushinetsu, disputando qualche gara nel 92° torneo nazionale. Finiti i propri doveri, è il Vegalta Sendai a selezionarlo per entrare in squadra.
Nel suo primo anno da professionista, di fatto Nishimura non gioca mai. Esordisce nei pro con la selezione J. League U-22, che è al primo anno in J3. Gioca contro il Renofa Yamaguchi, poi tre giorni più tardi esordsice anche con il Vegalta, giocando ben 78' dell'ultima gara del girone in J. League Cup contro il Kawasaki Frontale.
Mentre molti vengono sballottati tra prima squadra e J. League U-22, Nishimura rimane per giocarvi almeno tre-quattro mesi. E proprio in una trasferta vittoriosa sul campo dello YSCC Yokohama, il giovane attaccante trova il primo gol da professionista: Nishimura segna il 3-0, con la stessa squadra che vede Shindo e Miyoshi tra i ranghi.
Al Vegalta Sendai, l'allenatore è Susumu Watanabe, ancora oggi alla guida della squadra della prefettura di Miyagi. Tornato al Vegalta a pieno regime, il tecnico decide di dare più fiducia al classe '96: 15 presenze in tutte le competizioni, compresa la prima rete con il Vegalta, realizzata contro il Ventforet Kofu per l'1-1 finale.
Per la stagione 2017, però, Watanabe perde quasi tutto il reparto offensivo: salutano Wilson, Kanazono e soprattutto Ramon Lopes, l'uomo che di fatto aveva messo il suo marchio sulla salvezza della stagione precedente. Arrivano Ishihara, Crislan e il veterano Hirayama. Tuttavia, Watanabe sa che è tempo di lanciare Nishimura.
Le presenze si impennano improvvisamente, diventando 39 nel 2017: Nishimura non segna molto (appena quattro reti), ma ha solo 21 anni e il suo compito è principalmente quello di ruotare attorno a Crislan o Ishihara per consentire di loro concentrarsi sulla realizzazione, mentre il numero 30 pressa tutto ciò che c'è nella sua zona di competenza.
Il 2017 è stato un anno di importante apprendimento per Nishimura: quando Crislan - 13 gol, fondamentale per la salvezza - saluta per andare allo Shimizu S-Pulse e Hirayama si ritira, Watanabe non fa altro che dare più compiti a Nishimura. Che sta ripagando la fiducia del suo allenatore: 21 presenze, già 11 reti (di cui sei in campionato).

CARATTERISTICHE TECNICHE
Vincitore del "New Hero Award" nella J. League Cup 2017 (dove il Vegalta ha sfiorato la semifinale), Nishimura è tatticamente collocabile in diverse posizioni: la sua capacità di sacrificio gli permette di giocare da ala e non escludo che possa schierarsi anche da esterno di centrocampo in una linea a quattro in situazioni di vera emergenza.
Al Vegalta, in realtà, Watanabe lo schiera davanti, schierandolo da seconda o prima punta a seconda del compagno d'attacco. Ciò che colpisce è la fluidità dei suoi movimenti, consequenziali ma sempre ben pensati. La facilità di tiro, che quest'anno sta uscendo fuori con prepotenza: basti guardare i gol contro il Nagoya Grampus per capirlo al volo.
Su cosa può migliorare? Certamente ha bisogno di rinforzare il proprio fisico, perché in Europa farebbe fatica. E forse anche un miglioramento del decision-making aiuterebbe. Ma nulla che un classe '96 non possa veramente aggiustare.

STATISTICHE
2015 - Vegalta Sendai: 1 presenza, 0 reti / → J. League U-22: 14 presenze, 1 rete
2016 - Vegalta Sendai: 15 presenze, 1 rete
2017 - Vegalta Sendai: 39 presenze, 4 reti
2018 - Vegalta Sendai (in corso): 21 presenze, 11 reti

NAZIONALE
Peccato che Nishimura non sia in età da Tokyo 2020, altrimenti sarebbe stato uno da chiamare senza alcun dubbio. E invece dovrà rinunciarvi, a meno che non partecipi come fuori quota. Poco male, perché dopo il Mondiale inizierà un nuovo ciclo, con sei amichevoli pre-Coppa d'Asia. Onestamente una chiamata la farei se le prestazioni continuano a esser di questo tipo.

LA SQUADRA PER LUI
Nishimura è una di quelle operazioni che si può fare a costi bassi e ragionevoli: vedrei bene una squadra belga a prelevarlo alla fine della stagione, specie se confermasse la forma su cui si sta attestando.
Per altro, un'esperienza all'esterno non sarebbe nemmeno una novità per Nishimura, che ne ha già fatta una: sul finire del 2016, il Vegalta ha scelto lui e altri cinque giocatori per un erasmus calcistico al Fortuna Köln. Una doppia cifra di reti in J1 League potrebbe spingere qualche club a osservare più attentamente le sue prestazioni.

20.6.18

UNDER THE SPOTLIGHT: Alex Gersbach

Buongiorno a tutti e benvenuti a "Under the Spotlight", la rubrica che ci consente di scoprire i talenti che si aggirano per il globo. Con notevole ritardo, arriva il sesto numero di questo 2018, che stavolta ci porta in Francia. Scopriamo un ragazzo che ha preso un aereo da Sydney per trasferirsi prima in Norvegia e poi nel nord della Francia: Alex Gersbach.

SCHEDA
Nome e cognome: Alexander Joseph Gersbach
Data di nascita: 8 maggio 1997 (età: 21 anni)
Altezza: 1.83 m
Ruolo: Terzino sinistro
Club: RC Lens (2018-?)



STORIA
Alex Gersbach nasce nei dintorni attorno alla metropoli di Sydney, nello stato del New South Wales: qualcuno parla di Sutherland (cittadina di 10 mila anime), altri di Auburn (più grande: 38 mila cittadini), ma la grande città australiana rappresenta il suo inizio. E come molti australiani, ha origini estere: da parte materna c'è quella greca, dal padre quella tedesca.
Cresciuto effettivamente a Sutherland, Gersbach frequenta il St. Patrick's College prima di trasferirsi a Canberra, dove si alterna la high school locale e sopratutto l'Australian Institute of Sport, capace di generare diversi atleti dello sport australiano. Un'eccellenza come l'AIS può permettersi anche una squadra di calcio, dove Gersbach esordisce.
Cresciuto come centravanti, il ragazzo viene trasformato in un terzino fluidificante: anzi, Gersbach è uno degli ultimi prodotti del FFA Centre of Excellence, poi chiuso nel 2017. Parliamo di un'istituzione in grado di produrre diversi nazionali e che ha avuto come ultimo manager - dal 2012 al 2017 - Tony Vidmar, ex nazionale australiano.
Gersbach gioca appena 16 gare nella seconda divisione australiana - la National Premier Leagues Capital Football, che però (come in MLS) non ha retrocessioni o promozioni - e queste apparizioni bastano per farlo notare agli occhi del Sydney FC, che lo tessera nel 2014 con un contratto biennale. Il tecnico Graham Arnold non ha paura di lanciarlo.
A 17 anni, appena arrivato, Gersbach gioca parecchio: 23 presenze nella prima stagione, 10 nella seconda. Un biglietto da visita che lo mette in luce non solo in Australia, ma anche all'estero: nel gennaio 2016, è il Rosenborg a prelevarlo per una cifra attorno ai 500 mila dollari. Anche in quel caso, i norvegesi non impiegano molto a metterlo in campo.
L'allenatore è Kåre Ingebrigtsen, che ha capito quali siano le potenzialità di Gersbach e lo schiera come titolare. L'impatto è di buon livello e la scelta del giocatore è stata intelligente: il Rosenborg è tornato a dominare in patria, vincendo due campionati, una coppa nazionale e una Supercoppa in appena due anni.
Vinto così tanto, però, Gersbach capisce che forse sia il caso di fare un altro salto in avanti: qui entra in gioco il RC Lens, finito in Ligue 2, ma capace di notare il talento del terzino australiano. L'accordo è su un prestito che porti poi al riscatto alla fine del 2017-18 e a un contratto triennale (patti poi rispettati a fine stagione).
Schierato inizialmente come centrale nelle sue prime gare, Gersbach sembra aver trovato un bell'ambiente nel Passo di Calais: «Mi sto trovando bene in Francia: l'obiettivo era trovare minutaggio e un club che mi permettesse di crescere. Non abbiamo avuto grandi risultati, ma sto giocando molto e sto bene. L'Australia rimane comunque nei miei pensieri».

CARATTERISTICHE TECNICHE
Uomo di spinta, Gersbach è un terzino che ha bisogno di una corsa dinamica per rendere al meglio: non è un terzino che possa saltare con facilità l'uomo da fermo, bensì ha bisogno di spazio e corsa palla al piede per rendersi pericoloso. La comprensione del gioco sembra discreta e anche come mezzi tecnici non ci si può lamentare.
Mi sembra che manchi un po' d'intensità: va un po' a folate e forse in questo il passo di trasferirsi in Francia - seppur in Ligue 2 - può giovargli per capire quale sia il livello d'intensità richiesto in certi contesti. Atleticamente interessante, mi sembra debba irrobustirsi, mancando della classica forza fisica di cui molti australiani mi sembrano dotati (meno quelli della nuova generazione).

STATISTICHE
2013 - Australian Institute of Sport: 16 presenze, 1 rete
2014/15 - Sydney FC: 23 presenze, 0 reti
2015/16 - Sydney FC: 10 presenze, 0 reti
2016 - Rosenborg: 27 presenze, 0 reti
2017 - Rosenborg: 24 presenze, 0 reti
2017/18 - → RC Lens: 14 presenze, 0 reti

NAZIONALE
Convocato per le varie rappresentative giovanili (dall'U-17 all'U-20), Gersbach ha ricevuto la prima chiamata senior nel marzo 2016, nell'ambito delle gare di qualificazione al Mondiale 2018 contro Tagikistan e Giordania. Tre mesi più tardi, l'esordio sotto il c.t. Postecoglou, subentrando nell'amichevole contro la Grecia e fornendo l'assist per il gol di Leckie.
Un po' a sorpresa, nonostante i progressi fatti in Europa, Gersbach è stato inserito nella pre-lista per Russia 2018, ma il neo-c.t. Bert van Marwijk l'ha poi lasciato a casa, preferendogli alternative come Behich e Meredith. Sono però sicuro che Gersbach troverà spazio già dalla prossima Coppa d'Asia di gennaio 2019.

LA SQUADRA PER LUI
Il percorso di Gersbach in Europa è stato intelligente: sbocciato nel Sydney FC, il terzino ha optato per la Norvegia prima e per la seconda divisione francese negli ultimi tempi. Un buon modo per acclimatarsi al calcio europeo; mi auguro che possa rimanere al Lens per poi magari tentare il grande salto in Ligue 1, con la maglia giallorossa o senza.

6.6.18

2018 FIFA World Cup - Goodbye My Lover (Parte III)

L'ultimo Mondiale. Come l'ultimo? Beh, l'ultimo che avrà un qualche senso. Dopo l'addio alla Confederations Cup, prepariamoci a salutare la Coppa del Mondo al suo meglio. La forma simmetrica delle 32 squadre lascerà spazio a edizioni co-ospitate, all'aumento del 50% delle partecipanti e alla conseguente morte della competizione. Tuttavia, quello di Russia 2018 sarà un Mondiale eccitante: qui la prima parte della preview, con i gironi G, H e le previsioni.

Per farci del male, l'ultima partita che abbiamo giocato al Mondiale. E lo sarà (almeno) fino al 2022.

Girone G - Belgio, Inghilterra, Panama, Tunisia

Quattro anni fa erano una potenziale sorpresa e sono arrivati ai quarti di finale, sbattendo contro il monolite Argentina. Dopo un Europeo deludente, il Belgio ha il dovere quanto meno di riprovarci. Si parla molto dell'esclusione di Nainggolan, ma meno del fatto che questo gruppo è al picco delle sue potenzialità e non avrà un'altra occasione così.
Sui nomi neanche c'è bisogno di dire qualcosa: una nazionale che può lasciare a casa Benteke, J. Lukaku e Origi non è da titolo, ma ha certamente doti importanti. Starà al c.t. Roberto Martinez dimostrare che non solo è possibile fare meglio del suo predecessore Wilmots, ma che questo Belgio - nella giornata migliore - può dar fastidio a chiunque.

Dopo aver annunciato la squadra per l'evento della prossima estate con un'idea geniale, l'Inghilterra ha un girone nel quale può virtualmente dominare. Il c.t. Gareth Southgate ha fatto un buon percorso di qualificazione, ma questa non è una novità per i Tre Leoni. Ciò che sarebbe una novità è essere di nuovo nella Top 8 (dove l'Inghilterra manca dal 2006).
La squadra è promettente, potenzialmente sarà piena di giovani promettenti nei prossimi anni ed è fondata sul blocco di Tottenham e delle due squadre di Manchester (ci sono 12 giocatori tra Spurs, Red Devils e Citizens). Ci sono solo tre over-30: il futuro è luminoso, ma per cementarlo ci vogliono risultati anche per la nazionale maggiore.

Diciamoci la verità: per Panama il viaggio in Russia è un premio. Non importa come finirà, perché i Canaleros - guidati dal c.t. Hernán Darío Gómez, al suo terzo Mondiale - potrebbero anche concludere a zero. La gara-chiave sarà quella contro la Tunisia per strappare una vittoria e sopratutto segnare dei gol, ma per il resto il traguardo è già esserci.
Questo Mondiale e l'incredibile qualificazione che l'ha preceduta sono il premio per un gruppo che ha i suoi simboli nei giocatori ultra-trentenni e con più di 100 presenze in nazionale), che meritavano un'uscita d'onore di questo genere: Jaime Penedo (36 anni), Román Torres (32), Felipe Baloy (37), Gabriel Gómez (34), Blas Pérez (37) e  Luis Tejada (36) saranno felicissimi comunque vada.

Forse sarò un po' duro con la squadra allenata dal c.t. Nabil Maâloul, ma credo che la Tunisia sia la compagine più debole del Mondiale (a pari merito con la mal gestita Arabia Saudita). Merito comunque alle Aquile di Cartagine, che sono arrivate in Russia eliminando a sorpresa la RD Congo, squadra superiore a loro, ma meno continua.
Il mio cuore piange all'assenza di uno dei potenziali giocatori-feticcio - quel Youssef Msakni, che purtroppo si è infortunato e ha dovuto saltare il viaggio -, ma la Tunisia torna al Mondiale dopo 16 anni ed è già un grandissimo risultato, perché i risultati dell'ultimo decennio non sembravano spingere in quella direzione.

Vincent Kompany, 32 anni, leader e capitano del Belgio.


Girone H - Colombia, Polonia, Senegal, Giappone

Un quadriennio più tardi, la Colombia è più o meno nella stessa situazione del Belgio: ripetere i quarti di finale del 2014 sarà difficile, l'hype è diminuito e il gruppo è nel suo prime, da sfruttare al meglio. In mezzo, proprio come i Diavoli Rossi, c'è l'enorme delusione della precedente Copa América, dove i Cafeteros non hanno brillato (no, il markettone del 2016 onestamente non me la sento di metterlo nel conto).
La soddisfazione principale di José Pékerman - al suo terzo Mondiale da c.t. - sarà avere stavolta a disposizione Radamel Falcao, rinato dopo un biennio straordinario al Monaco. Rimane una squadra temibile, capace di rimontare il doppio svantaggio in un'amichevole contro la Francia e vincere. Con Sánchez e Mina in più, chissà...

Il lavoro del c.t. Adam Nawałka è stato silenzioso, lungo, ma sta portando i suoi frutti: la Polonia si presenta in Russia come una potenziale sorpresa e ha beccato anche un girone fattibile per i suoi standard. Sarebbe facile citare Robert Lewandowski - capitano e giocatore-copertina -, ma anche il resto del gruppo è stato valorizzato.
Se escludiamo lo strano caso di Krychowiak (due anni fa pagato a suon di milioni dal PSG, reduce quest'anno dal prestito incolore al WBA), tutti i giocatori hanno fatto un salto di qualità rispetto a Euro 2016. Ci sono ben sette giocatori dalla Serie A, mentre solo uno è reduce dall'ultima avventura Mondiale del 2006, ovvero Łukasz Fabiański (Błaszczykowski rinunciò per infortunio).

Tornare al Mondiale dopo 16 anni è bellissimo, ma farlo con un c.t. che era tra quei protagonisti è forse ancora meglio. Aliou Cissé ha fatto un ottimo lavoro e ora spera di raccogliere qualche frutto, magari centrando una sorprendente qualificazione agli ottavi e replicando anche solo in parte quanto fatto in Corea e Giappone nel 2002.
Il reparto offensivo è molto interessante - non tutti hanno Mané, Sakho, Keita, Diouf e Sow - e Koulibaly sarà uno dei migliori difensori presenti in Russia, però mi sembra che manchi quel qualcosa in più per superare due squadre come le precedenti. In Africa può bastare, ma sullo scenario internazionale mi sembra mancante di un ultimo passo.

Travolta dalle diatribe interne e da un vero ricambio generazionale (ci si aspettava qualcosa in questo senso), la nazionale giapponese ha staccato il biglietto per la sesta Coppa del Mondo consecutiva, ma non sembra avere le potenzialità per uscire dal girone. I leader sono sempre gli stessi, nonostante la forma non sia delle migliori.
Il cambio da Vahid Halilhodžić - esonerato a marzo, anche a sorpresa dello stesso bosniaco - ad Akira Nishino ha prodotto un cambio di modulo e una visione diversa di calcio, ma cambiare tutto a tre mesi dai Mondiali non è sembrata una gran mossa della JFA, sebbene ci fossero degli argomenti. Il rischio che Russia 2018 sia una brutta copia di Brasile 2014 è alto.

Nessuno mi toglie dalla testa che la Polonia di Robert Lewandowski, 29 anni, sarà una delle sorprese del torneo.

La regola delle previsioni rimane sempre la stessa: solo chi si astiene non le sbaglia, quindi buttiamoci come al solito nella mischia. Ho preso la palla al balzo e ho provato persino ad appoggiarmi sul sito della Fifa, che ha pensato di far partecipare chiunque con il proprio bracket. Ecco quindi in un primo fotogramma come penso che i gironi possano svilupparsi.
Sorprese? La Russia che esce al primo turno (manco troppo: ditemi dopo la prima gara se non vi sarà venuta la tentazione anche a voi), l'Islanda ridimensionata (Argentina e Croazia mi sembrano avanti per talento), la Svizzera ultima (conto che la moneta caschi dalla parte giusta per la Serbia) e il dominio assoluto della Polonia.


Sotto, invece, la composizione della fase a eliminazione diretta. Non ci sono vere outsider, perché le stesse quattro semifinaliste che ho indicato sono quelle che poi alla fine possono puntare a vincere davvero il Mondiale. E anche nei quarti di finale le uniche squadre un po' fuori asse sono la Polonia e l'Uruguay (perché la grinta charrúa non va mai sottovalutata).
Quando conta, credo che la Germania verrà fuori, magari anche vendicando l'eliminazione in semifinale del 2010 e superando una Spagna che mi sembra a metà del guado: forte, ma non invincibile come otto anni fa. Dall'altra parte, il Brasile è più solido della Francia, ma sicuri che non verrà il gomito del tennista al momento della verità?


Vi lascio con un appello finale: godetevi questa Coppa del Mondo. Perché sarà in chiaro dopo tanto tempo, perché presenta una situazione incerta per tante nazionali, ma soprattutto perché la Fifa è in procinto di smantellare quanto di buono fatto per questa competizione, trasformando il tutto in un lucrativo parco giochi, senza arte né parte. Enjoy.

5.6.18

2018 FIFA World Cup - Goodbye My Lover (Parte II)

L'ultimo Mondiale. Come l'ultimo? Beh, l'ultimo che avrà un qualche senso. Dopo l'addio alla Confederations Cup, prepariamoci a salutare la Coppa del Mondo al suo meglio. La forma simmetrica delle 32 squadre lascerà spazio a edizioni co-ospitate, all'aumento del 50% delle partecipanti e alla conseguente morte della competizione. Tuttavia, quello di Russia 2018 sarà un Mondiale eccitante: qui la prima parte della preview, con i gironi D, E e F.

Come sarà la sigla d'introduzione dei match? Eccovela.

Girone D - Argentina, Croazia, Islanda, Nigeria

Quattro anni più tardi - con un c.t. diametralmente opposto e tre finali perse sulle spalle -, l'Argentina ci riprova. A differenza del 2014, con dei gradi ben diversi: l'Albiceleste non è nel gruppone delle favorite assolute, ma non può nemmeno permettersi un altro clamoroso passaggio a vuoto. Per diversi motivi.
Tra essi, la finale clamorosamente persa della Copa América Centenario 2016, l'ultimo (?) Mondiale di Messi, un gruppo che ha il suo prime alle spalle, ma che rimane temibile. E il genio paranoide di Sampaoli dovrà mettere tutto assieme. Curiosità: con l'infortunio che costringerà Romero a saltare la manifestazione, spero di vedere Armani in porta.

Dall'inferno al purgatorio, perché il paradiso c'è tempo (e non è nemmeno detto che sia raggiungibile). La Croazia ha dissipato il vantaggio nel girone di qualificazione, facendosi rimontare e superare dall'Islanda (che affronterà nel girone D), per poi vincere lo spareggio contro l'Ucraina dopo aver cambiato il c.t., affidandosi a Zlatko Dalić.
Non sarà facile mettere a posto una nazionale che sembra in difficoltà, ma il talento è talmente tanto che sembra esserci un piccolo margine d'errore. Non c'è più Darijo Srna, ma i vari Perišić, Rakitić e Modrić cercheranno di annullare quel gap inversamente proporzionale che c'è tra la concentrazione dei croati e il loro immenso potenziale.

C'è molta attesa per la prima Coppa del Mondo dell'Islanda, specie dopo la splendida cavalcata di Euro 2016, chiusasi con l'eliminazione ai quarti di finale per mano della Francia padrone di casa. Non è cambiato molto: stessa impostazione, Hallgrímsson promosso a c.t. e qualche volto tornato in nazionale.
Tuttavia, non mi sembra di vedere il potenziale per sparigliare le carte. Come quattro anni fa, l'Argentina sarà la prima sfidante di una debuttante al Mondiale (all'epoca toccò alla Bosnia sfidare l'Albiceleste al Maracanà), ma ci si gioca molto - se non tutto - nella sfida contro la Croazia. Riusciranno nuovamente a beffarli, come accaduto nel girone? Curiosità: mancherà Sigþórsson, vera minaccia aerea nel torneo di due anni fa.

Nonostante l'enorme attenzione attirata dal loro kit e la qualificazione ottenuta con un discreto anticipo, mi sembra che la Nigeria manchi di qualcosa. Davanti sono fortissimi (e c'è persino la curiosità della convocazione di Simy), ma la transizione dalla vecchia generazione alla nuova ha perso qualcosa.
Se le Super Eagles hanno un ottimo parco attaccanti, risalendo il campo manca qualcosa. Il c.t. Rohr è rammaricato dall'assenza di Carl Ikeme, portiere che sta combattendo contro una terribile malattia, mentre in retroguardia non ci sono interpreti come Yobo o Enyeama, presenti quattro anni fa.
Sono curioso anche per la presenza di Francis Uzoho, giovane e poderoso portiere del Depor, nonché prodotto dell'Aspire Academy.

I dolori e le giocate di Leo Messi, 30 anni, determineranno il percorso dell'Argentina in questo torneo.

Girone E - Brasile, Serbia, Svizzera, Costa Rica

Non c'è che dire: prima squadra qualificata, dominatrice del girone di qualificazione della Conmebol e forse reale favorita per questo Mondiale. Io qualche dubbio me lo tengo, se non altro perché non mi sembra la squadra nettamente più forte in Russia e perché - al momento buono - i fantasmi vengono fuori.
Tite ha fatto un lavoro straordinario, ha un'ossatura chiara per la sua nazionale e ha alcuni giocatori reduci da una stagione eccellente. Già il fatto di esser passati in porta dall'ormai sfitto Julio Cesar del 2014 a un duello tra Alisson ed Ederson dice molto sui passi in avanti fatti dal Brasile. Unico neo? Non ci sarà Dani Alves per infortunio e a destra non mi sembrano fornitissimi.

La Serbia ha veramente tanto terreno da recuperare. Per questo il viaggio a Russia 2018 DEVE portare qualche risultato, a.k.a. BISOGNA passare il girone. Le mancate qualificazioni agli ultimi due Europei e la terribile gestione sia del Mondiale 2006 che quello del 2010 (entrambi conclusi con un'uscita al girone) non possono ripetersi.
Anche per questo è un bene che la squadra sia in mano a Mladen Krstajić, ex centrale che era nella spedizione di Germania '06 e che ha sostituito in corsa Slavoljub Muslin, l'uomo che ha tecnicamente ottenuto la qualificazione. Purtroppo, è anche lo stesso che non avrebbe chiamato Sergej Milinković-Savić, il giocatore che concentrerà su di sé diverse attenzioni e da cui passano i destini serbi in questo torneo.

Sarò io pessimista, ma la Svizzera sembra avere più di un problema. Il favoloso melting-pot che ha stupito quattro anni fa in Brasile non ha avuto avanzamenti di carriera nei suoi membri più conosciuti: date un'occhiata alla traiettoria delle carriere di Shaqiri, Embolo, Ricardo Rodríguez, Schär. Capirete lo scetticismo.
Il c.t. Vladimir Petkovic ha fatto un buon lavoro, ma la sua Svizzera rischia di esser travolta in un girone così tosto. Tutte le tre squadre che gli elvetici affronteranno sono toste, per un motivo o per un altro: già uscire dal girone sarebbe un miracolo. Basta guardare anche com'è arrivata la qualificazione, in uno spareggio dall'arbitraggio contestabile.

L'ho messa tra le eliminate, ma in realtà spero che la Costa Rica possa sorprendermi ancora. Reduci dall'incredibile risultato del 2014 (a un rigore dall'eliminare l'Olanda e prendersi la semifinale! Non sottolineeremo mai abbastanza il miracolo di Jorge Luis Pinto), Los Ticos sono stati la miglior formazione vista nella Concacaf.
Il c.t. Óscar Ramírez ha sostanzialmente mantenuto lo stesso gruppo e ci ha aggiunto qualche giocatore che negli ultimi anni è cresciuto (Ureña) o è sbocciato (Matarrita), più Oviedo (che non c'era nel 2014 per infortunio). Non hanno la stessa potenza della Serbia, ma sono una delle formazioni più organizzate del prossimo Mondiale. E chissà che non faccia la differenza.

Neymar, 26 anni, ha una semifinale Mondiale da recuperare ed è cresciuto ancora in questi quattro anni.


Girone F - Germania, Messico, Svezia, Corea del Sud

Non è la miglior versione possibile della Germania, visto che le amichevoli stanno rivelando uno stato di forma incerto e il c.t. - fresco di rinnovo fino al giugno 2022 - ha optato per delle scelte forti: a casa Tah, Leno e soprattutto Sané, lasciati fuori dalla lista dei 23. Tuttavia, non è che Joachim Löw sia un uomo a cui si possa rimproverare qualcosa.
La Germania è stata la nazionale più continua dell'ultimo decennio in campo internazionale e continentale. E sono certo che i tedeschi difenderanno alla grande il titolo ottenuto in Brasile nel 2014. Occhi puntati su due davanti: Werner è al primo Mondiale, mentre Müller... sarà capace di superare Miro Klose nell'all-time list dei goleador in Coppa del Mondo?

L'obiettivo è chiaro per il Messico: dopo aver dominato facilmente la zona Concacaf delle qualificazioni e aver centrato l'obiettivo Russia 2018 con largo anticipo, il punto è di superare lo scoglio degli ottavi di finale, contro i quali la nazionale s'incaglia da tempo immemore (dal 1986, quando arrivò ai quarti prima di mancare Italia '90).
Le potenzialità ci sono, anche se il gruppo è un filo invecchiato: il Messico è alla 16° partecipazione al Mondiale e il c.t. Osorio si è dimostrato più che un ottimo tecnico. Passare il gruppo non dovrebbe essere difficile. La curiosità è soprattutto in un vecchio: a 39 anni, Rafael Márquez parteciperà al suo quinto Mondiale, come Carabajal, Matthaus e Buffon. Mancheranno invece i gioiellini Damn, Gutiérrez e Pizarro.

Dobbiamo esser sinceri: non mi sembra che la Svezia possa causare grossi problemi alle avversarie nel prossimo Mondiale. Un risultato positivo contro il Messico potrebbe sbloccare la grana qualificazione, ma non vedo il gruppo del c.t. Janne Andersson proseguire oltre il girone, dopo aver eliminato l'Italia nei play-off di novembre 2017.
Questo perché ad Andersson vanno riconosciuti molti meriti: ha riportato la Svezia al Mondiale dopo 12 anni, l'ha fatto senza Zlatan Ibrahimovic (che GIUSTAMENTE non ci sarà in Russia) e con un gruppo che è molto giovane e potrà migliorare. Tuttavia, mi sembra che - Forsberg a parte - manchi quel tocco di fantasia per sfangare un girone da tre gare.

Il regno di Shin Tae-young rischia di finire in rovina dopo esser iniziato in fretta. Come nel 2014, la qualificazione della Corea del Sud è stata tutt'altro che convincente, con il rischio di non arrivarci nemmeno alla fase finale del Mondiale. La striscia di nove partecipazioni continua (per ora), ma la squadra non sembra nel suo miglior momento storico.
Ci si muove tra vecchie glorie e nuova linfa, giovane e vitale, reduce dal Mondiale U-20 giocato in casa l'anno scorso. E poi? Poi c'è lui, il miglior giocatore asiatico, quel Son Heung-min che ha incantato con il Tottenham e dovrà coprire l'assenza di diversi giocatori, non convocati. Perché lasciare a casa Hong Jeong-ho, Kwon Chang-hoon, Nam Tae-hee e soprattutto uno come Lee Dong-gook sono mosse difficilmente comprensibili.

La Germania è apparsa tutt'altro che brillante, ma guai a sottovalutare i teutonici.


(continua domani...)