30.6.18

ROAD TO JAPAN: Takuma Nishimura (西村 拓真)

Buongiorno a tutti e benvenuti al sesto numero di "Road to Japan", la rubrica che ci consente di scoprire i talenti sparsi per il panorama nipponico. Oggi ci spostiamo a Sendai, dove il Vegalta è la squadra di riferimento. Un club ogni anno pronosticato per la retrocessione e che anche quest'anno si sta allontanando da questo rischio. Anche grazie ai gol di Takuma Nishimura.

SCHEDA
Nome e cognome: Takuma Nishimura (西村 拓真)
Data di nascita: 22 ottobre 1996 (età: 21 anni)
Altezza: 1.78 m
Ruolo: Seconda punta, ala
Club: Vegalta Sendai (2015-?)



STORIA
Nato a Nagoya (città principale della prefettura di Aichi) nell'ottobre '96, Takuma Nishimura viene introdotto al calcio alla giovanissima età di quattro anni. La sua infanzia dovrebbe svilupparsi nella città d'origine, ma poi si ritrova a Toyama per frequentare lì il liceo, visto che l'omonima prefettura è anche il posto in cui vivono i suoi nonni.
Presente con la squadra persino alla Prince Takamado Cup (una prestigiosa competizione per squadre U-18 e U-15), Nishimura viene selezionato per giocare in una selezione proveniente dalla macro-regione del Hokushinetsu, disputando qualche gara nel 92° torneo nazionale. Finiti i propri doveri, è il Vegalta Sendai a selezionarlo per entrare in squadra.
Nel suo primo anno da professionista, di fatto Nishimura non gioca mai. Esordisce nei pro con la selezione J. League U-22, che è al primo anno in J3. Gioca contro il Renofa Yamaguchi, poi tre giorni più tardi esordsice anche con il Vegalta, giocando ben 78' dell'ultima gara del girone in J. League Cup contro il Kawasaki Frontale.
Mentre molti vengono sballottati tra prima squadra e J. League U-22, Nishimura rimane per giocarvi almeno tre-quattro mesi. E proprio in una trasferta vittoriosa sul campo dello YSCC Yokohama, il giovane attaccante trova il primo gol da professionista: Nishimura segna il 3-0, con la stessa squadra che vede Shindo e Miyoshi tra i ranghi.
Al Vegalta Sendai, l'allenatore è Susumu Watanabe, ancora oggi alla guida della squadra della prefettura di Miyagi. Tornato al Vegalta a pieno regime, il tecnico decide di dare più fiducia al classe '96: 15 presenze in tutte le competizioni, compresa la prima rete con il Vegalta, realizzata contro il Ventforet Kofu per l'1-1 finale.
Per la stagione 2017, però, Watanabe perde quasi tutto il reparto offensivo: salutano Wilson, Kanazono e soprattutto Ramon Lopes, l'uomo che di fatto aveva messo il suo marchio sulla salvezza della stagione precedente. Arrivano Ishihara, Crislan e il veterano Hirayama. Tuttavia, Watanabe sa che è tempo di lanciare Nishimura.
Le presenze si impennano improvvisamente, diventando 39 nel 2017: Nishimura non segna molto (appena quattro reti), ma ha solo 21 anni e il suo compito è principalmente quello di ruotare attorno a Crislan o Ishihara per consentire di loro concentrarsi sulla realizzazione, mentre il numero 30 pressa tutto ciò che c'è nella sua zona di competenza.
Il 2017 è stato un anno di importante apprendimento per Nishimura: quando Crislan - 13 gol, fondamentale per la salvezza - saluta per andare allo Shimizu S-Pulse e Hirayama si ritira, Watanabe non fa altro che dare più compiti a Nishimura. Che sta ripagando la fiducia del suo allenatore: 21 presenze, già 11 reti (di cui sei in campionato).

CARATTERISTICHE TECNICHE
Vincitore del "New Hero Award" nella J. League Cup 2017 (dove il Vegalta ha sfiorato la semifinale), Nishimura è tatticamente collocabile in diverse posizioni: la sua capacità di sacrificio gli permette di giocare da ala e non escludo che possa schierarsi anche da esterno di centrocampo in una linea a quattro in situazioni di vera emergenza.
Al Vegalta, in realtà, Watanabe lo schiera davanti, schierandolo da seconda o prima punta a seconda del compagno d'attacco. Ciò che colpisce è la fluidità dei suoi movimenti, consequenziali ma sempre ben pensati. La facilità di tiro, che quest'anno sta uscendo fuori con prepotenza: basti guardare i gol contro il Nagoya Grampus per capirlo al volo.
Su cosa può migliorare? Certamente ha bisogno di rinforzare il proprio fisico, perché in Europa farebbe fatica. E forse anche un miglioramento del decision-making aiuterebbe. Ma nulla che un classe '96 non possa veramente aggiustare.

STATISTICHE
2015 - Vegalta Sendai: 1 presenza, 0 reti / → J. League U-22: 14 presenze, 1 rete
2016 - Vegalta Sendai: 15 presenze, 1 rete
2017 - Vegalta Sendai: 39 presenze, 4 reti
2018 - Vegalta Sendai (in corso): 21 presenze, 11 reti

NAZIONALE
Peccato che Nishimura non sia in età da Tokyo 2020, altrimenti sarebbe stato uno da chiamare senza alcun dubbio. E invece dovrà rinunciarvi, a meno che non partecipi come fuori quota. Poco male, perché dopo il Mondiale inizierà un nuovo ciclo, con sei amichevoli pre-Coppa d'Asia. Onestamente una chiamata la farei se le prestazioni continuano a esser di questo tipo.

LA SQUADRA PER LUI
Nishimura è una di quelle operazioni che si può fare a costi bassi e ragionevoli: vedrei bene una squadra belga a prelevarlo alla fine della stagione, specie se confermasse la forma su cui si sta attestando.
Per altro, un'esperienza all'esterno non sarebbe nemmeno una novità per Nishimura, che ne ha già fatta una: sul finire del 2016, il Vegalta ha scelto lui e altri cinque giocatori per un erasmus calcistico al Fortuna Köln. Una doppia cifra di reti in J1 League potrebbe spingere qualche club a osservare più attentamente le sue prestazioni.

20.6.18

UNDER THE SPOTLIGHT: Alex Gersbach

Buongiorno a tutti e benvenuti a "Under the Spotlight", la rubrica che ci consente di scoprire i talenti che si aggirano per il globo. Con notevole ritardo, arriva il sesto numero di questo 2018, che stavolta ci porta in Francia. Scopriamo un ragazzo che ha preso un aereo da Sydney per trasferirsi prima in Norvegia e poi nel nord della Francia: Alex Gersbach.

SCHEDA
Nome e cognome: Alexander Joseph Gersbach
Data di nascita: 8 maggio 1997 (età: 21 anni)
Altezza: 1.83 m
Ruolo: Terzino sinistro
Club: RC Lens (2018-?)



STORIA
Alex Gersbach nasce nei dintorni attorno alla metropoli di Sydney, nello stato del New South Wales: qualcuno parla di Sutherland (cittadina di 10 mila anime), altri di Auburn (più grande: 38 mila cittadini), ma la grande città australiana rappresenta il suo inizio. E come molti australiani, ha origini estere: da parte materna c'è quella greca, dal padre quella tedesca.
Cresciuto effettivamente a Sutherland, Gersbach frequenta il St. Patrick's College prima di trasferirsi a Canberra, dove si alterna la high school locale e sopratutto l'Australian Institute of Sport, capace di generare diversi atleti dello sport australiano. Un'eccellenza come l'AIS può permettersi anche una squadra di calcio, dove Gersbach esordisce.
Cresciuto come centravanti, il ragazzo viene trasformato in un terzino fluidificante: anzi, Gersbach è uno degli ultimi prodotti del FFA Centre of Excellence, poi chiuso nel 2017. Parliamo di un'istituzione in grado di produrre diversi nazionali e che ha avuto come ultimo manager - dal 2012 al 2017 - Tony Vidmar, ex nazionale australiano.
Gersbach gioca appena 16 gare nella seconda divisione australiana - la National Premier Leagues Capital Football, che però (come in MLS) non ha retrocessioni o promozioni - e queste apparizioni bastano per farlo notare agli occhi del Sydney FC, che lo tessera nel 2014 con un contratto biennale. Il tecnico Graham Arnold non ha paura di lanciarlo.
A 17 anni, appena arrivato, Gersbach gioca parecchio: 23 presenze nella prima stagione, 10 nella seconda. Un biglietto da visita che lo mette in luce non solo in Australia, ma anche all'estero: nel gennaio 2016, è il Rosenborg a prelevarlo per una cifra attorno ai 500 mila dollari. Anche in quel caso, i norvegesi non impiegano molto a metterlo in campo.
L'allenatore è Kåre Ingebrigtsen, che ha capito quali siano le potenzialità di Gersbach e lo schiera come titolare. L'impatto è di buon livello e la scelta del giocatore è stata intelligente: il Rosenborg è tornato a dominare in patria, vincendo due campionati, una coppa nazionale e una Supercoppa in appena due anni.
Vinto così tanto, però, Gersbach capisce che forse sia il caso di fare un altro salto in avanti: qui entra in gioco il RC Lens, finito in Ligue 2, ma capace di notare il talento del terzino australiano. L'accordo è su un prestito che porti poi al riscatto alla fine del 2017-18 e a un contratto triennale (patti poi rispettati a fine stagione).
Schierato inizialmente come centrale nelle sue prime gare, Gersbach sembra aver trovato un bell'ambiente nel Passo di Calais: «Mi sto trovando bene in Francia: l'obiettivo era trovare minutaggio e un club che mi permettesse di crescere. Non abbiamo avuto grandi risultati, ma sto giocando molto e sto bene. L'Australia rimane comunque nei miei pensieri».

CARATTERISTICHE TECNICHE
Uomo di spinta, Gersbach è un terzino che ha bisogno di una corsa dinamica per rendere al meglio: non è un terzino che possa saltare con facilità l'uomo da fermo, bensì ha bisogno di spazio e corsa palla al piede per rendersi pericoloso. La comprensione del gioco sembra discreta e anche come mezzi tecnici non ci si può lamentare.
Mi sembra che manchi un po' d'intensità: va un po' a folate e forse in questo il passo di trasferirsi in Francia - seppur in Ligue 2 - può giovargli per capire quale sia il livello d'intensità richiesto in certi contesti. Atleticamente interessante, mi sembra debba irrobustirsi, mancando della classica forza fisica di cui molti australiani mi sembrano dotati (meno quelli della nuova generazione).

STATISTICHE
2013 - Australian Institute of Sport: 16 presenze, 1 rete
2014/15 - Sydney FC: 23 presenze, 0 reti
2015/16 - Sydney FC: 10 presenze, 0 reti
2016 - Rosenborg: 27 presenze, 0 reti
2017 - Rosenborg: 24 presenze, 0 reti
2017/18 - → RC Lens: 14 presenze, 0 reti

NAZIONALE
Convocato per le varie rappresentative giovanili (dall'U-17 all'U-20), Gersbach ha ricevuto la prima chiamata senior nel marzo 2016, nell'ambito delle gare di qualificazione al Mondiale 2018 contro Tagikistan e Giordania. Tre mesi più tardi, l'esordio sotto il c.t. Postecoglou, subentrando nell'amichevole contro la Grecia e fornendo l'assist per il gol di Leckie.
Un po' a sorpresa, nonostante i progressi fatti in Europa, Gersbach è stato inserito nella pre-lista per Russia 2018, ma il neo-c.t. Bert van Marwijk l'ha poi lasciato a casa, preferendogli alternative come Behich e Meredith. Sono però sicuro che Gersbach troverà spazio già dalla prossima Coppa d'Asia di gennaio 2019.

LA SQUADRA PER LUI
Il percorso di Gersbach in Europa è stato intelligente: sbocciato nel Sydney FC, il terzino ha optato per la Norvegia prima e per la seconda divisione francese negli ultimi tempi. Un buon modo per acclimatarsi al calcio europeo; mi auguro che possa rimanere al Lens per poi magari tentare il grande salto in Ligue 1, con la maglia giallorossa o senza.

6.6.18

2018 FIFA World Cup - Goodbye My Lover (Parte III)

L'ultimo Mondiale. Come l'ultimo? Beh, l'ultimo che avrà un qualche senso. Dopo l'addio alla Confederations Cup, prepariamoci a salutare la Coppa del Mondo al suo meglio. La forma simmetrica delle 32 squadre lascerà spazio a edizioni co-ospitate, all'aumento del 50% delle partecipanti e alla conseguente morte della competizione. Tuttavia, quello di Russia 2018 sarà un Mondiale eccitante: qui la prima parte della preview, con i gironi G, H e le previsioni.

Per farci del male, l'ultima partita che abbiamo giocato al Mondiale. E lo sarà (almeno) fino al 2022.

Girone G - Belgio, Inghilterra, Panama, Tunisia

Quattro anni fa erano una potenziale sorpresa e sono arrivati ai quarti di finale, sbattendo contro il monolite Argentina. Dopo un Europeo deludente, il Belgio ha il dovere quanto meno di riprovarci. Si parla molto dell'esclusione di Nainggolan, ma meno del fatto che questo gruppo è al picco delle sue potenzialità e non avrà un'altra occasione così.
Sui nomi neanche c'è bisogno di dire qualcosa: una nazionale che può lasciare a casa Benteke, J. Lukaku e Origi non è da titolo, ma ha certamente doti importanti. Starà al c.t. Roberto Martinez dimostrare che non solo è possibile fare meglio del suo predecessore Wilmots, ma che questo Belgio - nella giornata migliore - può dar fastidio a chiunque.

Dopo aver annunciato la squadra per l'evento della prossima estate con un'idea geniale, l'Inghilterra ha un girone nel quale può virtualmente dominare. Il c.t. Gareth Southgate ha fatto un buon percorso di qualificazione, ma questa non è una novità per i Tre Leoni. Ciò che sarebbe una novità è essere di nuovo nella Top 8 (dove l'Inghilterra manca dal 2006).
La squadra è promettente, potenzialmente sarà piena di giovani promettenti nei prossimi anni ed è fondata sul blocco di Tottenham e delle due squadre di Manchester (ci sono 12 giocatori tra Spurs, Red Devils e Citizens). Ci sono solo tre over-30: il futuro è luminoso, ma per cementarlo ci vogliono risultati anche per la nazionale maggiore.

Diciamoci la verità: per Panama il viaggio in Russia è un premio. Non importa come finirà, perché i Canaleros - guidati dal c.t. Hernán Darío Gómez, al suo terzo Mondiale - potrebbero anche concludere a zero. La gara-chiave sarà quella contro la Tunisia per strappare una vittoria e sopratutto segnare dei gol, ma per il resto il traguardo è già esserci.
Questo Mondiale e l'incredibile qualificazione che l'ha preceduta sono il premio per un gruppo che ha i suoi simboli nei giocatori ultra-trentenni e con più di 100 presenze in nazionale), che meritavano un'uscita d'onore di questo genere: Jaime Penedo (36 anni), Román Torres (32), Felipe Baloy (37), Gabriel Gómez (34), Blas Pérez (37) e  Luis Tejada (36) saranno felicissimi comunque vada.

Forse sarò un po' duro con la squadra allenata dal c.t. Nabil Maâloul, ma credo che la Tunisia sia la compagine più debole del Mondiale (a pari merito con la mal gestita Arabia Saudita). Merito comunque alle Aquile di Cartagine, che sono arrivate in Russia eliminando a sorpresa la RD Congo, squadra superiore a loro, ma meno continua.
Il mio cuore piange all'assenza di uno dei potenziali giocatori-feticcio - quel Youssef Msakni, che purtroppo si è infortunato e ha dovuto saltare il viaggio -, ma la Tunisia torna al Mondiale dopo 16 anni ed è già un grandissimo risultato, perché i risultati dell'ultimo decennio non sembravano spingere in quella direzione.

Vincent Kompany, 32 anni, leader e capitano del Belgio.


Girone H - Colombia, Polonia, Senegal, Giappone

Un quadriennio più tardi, la Colombia è più o meno nella stessa situazione del Belgio: ripetere i quarti di finale del 2014 sarà difficile, l'hype è diminuito e il gruppo è nel suo prime, da sfruttare al meglio. In mezzo, proprio come i Diavoli Rossi, c'è l'enorme delusione della precedente Copa América, dove i Cafeteros non hanno brillato (no, il markettone del 2016 onestamente non me la sento di metterlo nel conto).
La soddisfazione principale di José Pékerman - al suo terzo Mondiale da c.t. - sarà avere stavolta a disposizione Radamel Falcao, rinato dopo un biennio straordinario al Monaco. Rimane una squadra temibile, capace di rimontare il doppio svantaggio in un'amichevole contro la Francia e vincere. Con Sánchez e Mina in più, chissà...

Il lavoro del c.t. Adam Nawałka è stato silenzioso, lungo, ma sta portando i suoi frutti: la Polonia si presenta in Russia come una potenziale sorpresa e ha beccato anche un girone fattibile per i suoi standard. Sarebbe facile citare Robert Lewandowski - capitano e giocatore-copertina -, ma anche il resto del gruppo è stato valorizzato.
Se escludiamo lo strano caso di Krychowiak (due anni fa pagato a suon di milioni dal PSG, reduce quest'anno dal prestito incolore al WBA), tutti i giocatori hanno fatto un salto di qualità rispetto a Euro 2016. Ci sono ben sette giocatori dalla Serie A, mentre solo uno è reduce dall'ultima avventura Mondiale del 2006, ovvero Łukasz Fabiański (Błaszczykowski rinunciò per infortunio).

Tornare al Mondiale dopo 16 anni è bellissimo, ma farlo con un c.t. che era tra quei protagonisti è forse ancora meglio. Aliou Cissé ha fatto un ottimo lavoro e ora spera di raccogliere qualche frutto, magari centrando una sorprendente qualificazione agli ottavi e replicando anche solo in parte quanto fatto in Corea e Giappone nel 2002.
Il reparto offensivo è molto interessante - non tutti hanno Mané, Sakho, Keita, Diouf e Sow - e Koulibaly sarà uno dei migliori difensori presenti in Russia, però mi sembra che manchi quel qualcosa in più per superare due squadre come le precedenti. In Africa può bastare, ma sullo scenario internazionale mi sembra mancante di un ultimo passo.

Travolta dalle diatribe interne e da un vero ricambio generazionale (ci si aspettava qualcosa in questo senso), la nazionale giapponese ha staccato il biglietto per la sesta Coppa del Mondo consecutiva, ma non sembra avere le potenzialità per uscire dal girone. I leader sono sempre gli stessi, nonostante la forma non sia delle migliori.
Il cambio da Vahid Halilhodžić - esonerato a marzo, anche a sorpresa dello stesso bosniaco - ad Akira Nishino ha prodotto un cambio di modulo e una visione diversa di calcio, ma cambiare tutto a tre mesi dai Mondiali non è sembrata una gran mossa della JFA, sebbene ci fossero degli argomenti. Il rischio che Russia 2018 sia una brutta copia di Brasile 2014 è alto.

Nessuno mi toglie dalla testa che la Polonia di Robert Lewandowski, 29 anni, sarà una delle sorprese del torneo.

La regola delle previsioni rimane sempre la stessa: solo chi si astiene non le sbaglia, quindi buttiamoci come al solito nella mischia. Ho preso la palla al balzo e ho provato persino ad appoggiarmi sul sito della Fifa, che ha pensato di far partecipare chiunque con il proprio bracket. Ecco quindi in un primo fotogramma come penso che i gironi possano svilupparsi.
Sorprese? La Russia che esce al primo turno (manco troppo: ditemi dopo la prima gara se non vi sarà venuta la tentazione anche a voi), l'Islanda ridimensionata (Argentina e Croazia mi sembrano avanti per talento), la Svizzera ultima (conto che la moneta caschi dalla parte giusta per la Serbia) e il dominio assoluto della Polonia.


Sotto, invece, la composizione della fase a eliminazione diretta. Non ci sono vere outsider, perché le stesse quattro semifinaliste che ho indicato sono quelle che poi alla fine possono puntare a vincere davvero il Mondiale. E anche nei quarti di finale le uniche squadre un po' fuori asse sono la Polonia e l'Uruguay (perché la grinta charrúa non va mai sottovalutata).
Quando conta, credo che la Germania verrà fuori, magari anche vendicando l'eliminazione in semifinale del 2010 e superando una Spagna che mi sembra a metà del guado: forte, ma non invincibile come otto anni fa. Dall'altra parte, il Brasile è più solido della Francia, ma sicuri che non verrà il gomito del tennista al momento della verità?


Vi lascio con un appello finale: godetevi questa Coppa del Mondo. Perché sarà in chiaro dopo tanto tempo, perché presenta una situazione incerta per tante nazionali, ma soprattutto perché la Fifa è in procinto di smantellare quanto di buono fatto per questa competizione, trasformando il tutto in un lucrativo parco giochi, senza arte né parte. Enjoy.

5.6.18

2018 FIFA World Cup - Goodbye My Lover (Parte II)

L'ultimo Mondiale. Come l'ultimo? Beh, l'ultimo che avrà un qualche senso. Dopo l'addio alla Confederations Cup, prepariamoci a salutare la Coppa del Mondo al suo meglio. La forma simmetrica delle 32 squadre lascerà spazio a edizioni co-ospitate, all'aumento del 50% delle partecipanti e alla conseguente morte della competizione. Tuttavia, quello di Russia 2018 sarà un Mondiale eccitante: qui la prima parte della preview, con i gironi D, E e F.

Come sarà la sigla d'introduzione dei match? Eccovela.

Girone D - Argentina, Croazia, Islanda, Nigeria

Quattro anni più tardi - con un c.t. diametralmente opposto e tre finali perse sulle spalle -, l'Argentina ci riprova. A differenza del 2014, con dei gradi ben diversi: l'Albiceleste non è nel gruppone delle favorite assolute, ma non può nemmeno permettersi un altro clamoroso passaggio a vuoto. Per diversi motivi.
Tra essi, la finale clamorosamente persa della Copa América Centenario 2016, l'ultimo (?) Mondiale di Messi, un gruppo che ha il suo prime alle spalle, ma che rimane temibile. E il genio paranoide di Sampaoli dovrà mettere tutto assieme. Curiosità: con l'infortunio che costringerà Romero a saltare la manifestazione, spero di vedere Armani in porta.

Dall'inferno al purgatorio, perché il paradiso c'è tempo (e non è nemmeno detto che sia raggiungibile). La Croazia ha dissipato il vantaggio nel girone di qualificazione, facendosi rimontare e superare dall'Islanda (che affronterà nel girone D), per poi vincere lo spareggio contro l'Ucraina dopo aver cambiato il c.t., affidandosi a Zlatko Dalić.
Non sarà facile mettere a posto una nazionale che sembra in difficoltà, ma il talento è talmente tanto che sembra esserci un piccolo margine d'errore. Non c'è più Darijo Srna, ma i vari Perišić, Rakitić e Modrić cercheranno di annullare quel gap inversamente proporzionale che c'è tra la concentrazione dei croati e il loro immenso potenziale.

C'è molta attesa per la prima Coppa del Mondo dell'Islanda, specie dopo la splendida cavalcata di Euro 2016, chiusasi con l'eliminazione ai quarti di finale per mano della Francia padrone di casa. Non è cambiato molto: stessa impostazione, Hallgrímsson promosso a c.t. e qualche volto tornato in nazionale.
Tuttavia, non mi sembra di vedere il potenziale per sparigliare le carte. Come quattro anni fa, l'Argentina sarà la prima sfidante di una debuttante al Mondiale (all'epoca toccò alla Bosnia sfidare l'Albiceleste al Maracanà), ma ci si gioca molto - se non tutto - nella sfida contro la Croazia. Riusciranno nuovamente a beffarli, come accaduto nel girone? Curiosità: mancherà Sigþórsson, vera minaccia aerea nel torneo di due anni fa.

Nonostante l'enorme attenzione attirata dal loro kit e la qualificazione ottenuta con un discreto anticipo, mi sembra che la Nigeria manchi di qualcosa. Davanti sono fortissimi (e c'è persino la curiosità della convocazione di Simy), ma la transizione dalla vecchia generazione alla nuova ha perso qualcosa.
Se le Super Eagles hanno un ottimo parco attaccanti, risalendo il campo manca qualcosa. Il c.t. Rohr è rammaricato dall'assenza di Carl Ikeme, portiere che sta combattendo contro una terribile malattia, mentre in retroguardia non ci sono interpreti come Yobo o Enyeama, presenti quattro anni fa.
Sono curioso anche per la presenza di Francis Uzoho, giovane e poderoso portiere del Depor, nonché prodotto dell'Aspire Academy.

I dolori e le giocate di Leo Messi, 30 anni, determineranno il percorso dell'Argentina in questo torneo.

Girone E - Brasile, Serbia, Svizzera, Costa Rica

Non c'è che dire: prima squadra qualificata, dominatrice del girone di qualificazione della Conmebol e forse reale favorita per questo Mondiale. Io qualche dubbio me lo tengo, se non altro perché non mi sembra la squadra nettamente più forte in Russia e perché - al momento buono - i fantasmi vengono fuori.
Tite ha fatto un lavoro straordinario, ha un'ossatura chiara per la sua nazionale e ha alcuni giocatori reduci da una stagione eccellente. Già il fatto di esser passati in porta dall'ormai sfitto Julio Cesar del 2014 a un duello tra Alisson ed Ederson dice molto sui passi in avanti fatti dal Brasile. Unico neo? Non ci sarà Dani Alves per infortunio e a destra non mi sembrano fornitissimi.

La Serbia ha veramente tanto terreno da recuperare. Per questo il viaggio a Russia 2018 DEVE portare qualche risultato, a.k.a. BISOGNA passare il girone. Le mancate qualificazioni agli ultimi due Europei e la terribile gestione sia del Mondiale 2006 che quello del 2010 (entrambi conclusi con un'uscita al girone) non possono ripetersi.
Anche per questo è un bene che la squadra sia in mano a Mladen Krstajić, ex centrale che era nella spedizione di Germania '06 e che ha sostituito in corsa Slavoljub Muslin, l'uomo che ha tecnicamente ottenuto la qualificazione. Purtroppo, è anche lo stesso che non avrebbe chiamato Sergej Milinković-Savić, il giocatore che concentrerà su di sé diverse attenzioni e da cui passano i destini serbi in questo torneo.

Sarò io pessimista, ma la Svizzera sembra avere più di un problema. Il favoloso melting-pot che ha stupito quattro anni fa in Brasile non ha avuto avanzamenti di carriera nei suoi membri più conosciuti: date un'occhiata alla traiettoria delle carriere di Shaqiri, Embolo, Ricardo Rodríguez, Schär. Capirete lo scetticismo.
Il c.t. Vladimir Petkovic ha fatto un buon lavoro, ma la sua Svizzera rischia di esser travolta in un girone così tosto. Tutte le tre squadre che gli elvetici affronteranno sono toste, per un motivo o per un altro: già uscire dal girone sarebbe un miracolo. Basta guardare anche com'è arrivata la qualificazione, in uno spareggio dall'arbitraggio contestabile.

L'ho messa tra le eliminate, ma in realtà spero che la Costa Rica possa sorprendermi ancora. Reduci dall'incredibile risultato del 2014 (a un rigore dall'eliminare l'Olanda e prendersi la semifinale! Non sottolineeremo mai abbastanza il miracolo di Jorge Luis Pinto), Los Ticos sono stati la miglior formazione vista nella Concacaf.
Il c.t. Óscar Ramírez ha sostanzialmente mantenuto lo stesso gruppo e ci ha aggiunto qualche giocatore che negli ultimi anni è cresciuto (Ureña) o è sbocciato (Matarrita), più Oviedo (che non c'era nel 2014 per infortunio). Non hanno la stessa potenza della Serbia, ma sono una delle formazioni più organizzate del prossimo Mondiale. E chissà che non faccia la differenza.

Neymar, 26 anni, ha una semifinale Mondiale da recuperare ed è cresciuto ancora in questi quattro anni.


Girone F - Germania, Messico, Svezia, Corea del Sud

Non è la miglior versione possibile della Germania, visto che le amichevoli stanno rivelando uno stato di forma incerto e il c.t. - fresco di rinnovo fino al giugno 2022 - ha optato per delle scelte forti: a casa Tah, Leno e soprattutto Sané, lasciati fuori dalla lista dei 23. Tuttavia, non è che Joachim Löw sia un uomo a cui si possa rimproverare qualcosa.
La Germania è stata la nazionale più continua dell'ultimo decennio in campo internazionale e continentale. E sono certo che i tedeschi difenderanno alla grande il titolo ottenuto in Brasile nel 2014. Occhi puntati su due davanti: Werner è al primo Mondiale, mentre Müller... sarà capace di superare Miro Klose nell'all-time list dei goleador in Coppa del Mondo?

L'obiettivo è chiaro per il Messico: dopo aver dominato facilmente la zona Concacaf delle qualificazioni e aver centrato l'obiettivo Russia 2018 con largo anticipo, il punto è di superare lo scoglio degli ottavi di finale, contro i quali la nazionale s'incaglia da tempo immemore (dal 1986, quando arrivò ai quarti prima di mancare Italia '90).
Le potenzialità ci sono, anche se il gruppo è un filo invecchiato: il Messico è alla 16° partecipazione al Mondiale e il c.t. Osorio si è dimostrato più che un ottimo tecnico. Passare il gruppo non dovrebbe essere difficile. La curiosità è soprattutto in un vecchio: a 39 anni, Rafael Márquez parteciperà al suo quinto Mondiale, come Carabajal, Matthaus e Buffon. Mancheranno invece i gioiellini Damn, Gutiérrez e Pizarro.

Dobbiamo esser sinceri: non mi sembra che la Svezia possa causare grossi problemi alle avversarie nel prossimo Mondiale. Un risultato positivo contro il Messico potrebbe sbloccare la grana qualificazione, ma non vedo il gruppo del c.t. Janne Andersson proseguire oltre il girone, dopo aver eliminato l'Italia nei play-off di novembre 2017.
Questo perché ad Andersson vanno riconosciuti molti meriti: ha riportato la Svezia al Mondiale dopo 12 anni, l'ha fatto senza Zlatan Ibrahimovic (che GIUSTAMENTE non ci sarà in Russia) e con un gruppo che è molto giovane e potrà migliorare. Tuttavia, mi sembra che - Forsberg a parte - manchi quel tocco di fantasia per sfangare un girone da tre gare.

Il regno di Shin Tae-young rischia di finire in rovina dopo esser iniziato in fretta. Come nel 2014, la qualificazione della Corea del Sud è stata tutt'altro che convincente, con il rischio di non arrivarci nemmeno alla fase finale del Mondiale. La striscia di nove partecipazioni continua (per ora), ma la squadra non sembra nel suo miglior momento storico.
Ci si muove tra vecchie glorie e nuova linfa, giovane e vitale, reduce dal Mondiale U-20 giocato in casa l'anno scorso. E poi? Poi c'è lui, il miglior giocatore asiatico, quel Son Heung-min che ha incantato con il Tottenham e dovrà coprire l'assenza di diversi giocatori, non convocati. Perché lasciare a casa Hong Jeong-ho, Kwon Chang-hoon, Nam Tae-hee e soprattutto uno come Lee Dong-gook sono mosse difficilmente comprensibili.

La Germania è apparsa tutt'altro che brillante, ma guai a sottovalutare i teutonici.


(continua domani...)

2018 FIFA World Cup - Goodbye My Lover (Parte I)

L'ultimo Mondiale. Come l'ultimo? Beh, l'ultimo che avrà un qualche senso. Dopo l'addio alla Confederations Cup, prepariamoci a salutare la Coppa del Mondo nel suo meglio. La forma simmetrica delle 32 squadre lascerà spazio a edizioni co-ospitate, all'aumento del 50% delle partecipanti e alla conseguente morte tecnica della competizione. Tuttavia, quello di Russia 2018 sarà un Mondiale eccitante: qui la prima parte della preview, con i gironi A, B e C.

Come ci eravamo lasciati? Con un gol decisivo ai supplementari.

Girone A - Russia, Uruguay, Egitto, Arabia Saudita

Ci sono squadre peggiori della Russia a questo Mondiale. Ci sono stati (e ci saranno, già nel 2022) padroni di casa meno forti di questa Russia. Ma nessuna nazione ospitante ha visto una gap così inversamente proporzionale tra il tanto tempo per prepararsi a una competizione così importante e le potenzialità nelle preview pre-Mondiale.
La Russia vede in prodigi mai sbocciati e giocatori riciclati il proprio top. Già la Confederations Cup dell'anno scorso ha lasciato poche certezze al c.t., lo Stanislav Cherchesov che due Mondiali l'ha anche giocati ('94 e 2002) e che ha la percentuale più bassa di vittorie nella storia dei c.t. della Russia (26,3%!).
Tra l'insano obiettivo delle semifinali, la figuraccia di Euro 2016 e l'infortunio di Kokorin, persino il compito di passare il gruppo è a rischio.

Quattro anni dopo il Mondiale 2014 (dove superò il girone di ferro, ma sbatté pesantemente contro la meravigliosa Colombia agli ottavi), l'Uruguay è all'ultimo giro di giostra per alcuni dei suoi giocatori più esperti. Gli stessi Cavani Suárez saranno in Qatar nel 2022? Intanto, però, la testa del girone non sembra in dubbio.
Per altro, la fortuna per la Celeste è che dietro sta crescendo una generazione molto interessante di nuove leve: oltre al già conosciuto Giménez (23 anni, già quasi 40 presenze con la nazionale!), ci sono Torreira, Nández, Bentancur, Laxalt e Maxi Gómez, oltre agli esclusi come Valverde (perché?), Lemos e Gastón Pereiro.

La finale di Coppa d'Africa persa nel gennaio 2017 poteva sembrare l'antipasto di un boccone più amaro, invece... alla fine l'Egitto ce l'ha fatta: potendo contare su un Mohamed Salah in forma da Pallone d'Oro e su un'organizzazione tattica rigidissima (forse anche troppo), i Faraoni si preparano a giocare il terzo Mondiale della loro storia.
Lo faranno sempre in Europa, dopo i due disputati in Italia (nel '34 e nel '90): a guidarli ci sarà Héctor Cúper, che per una volta si è tolto una soddisfazione invece di perdere l'ennesimo treno. Lo stint in Egitto ha rivitalizzato la sua carriera; in più, Essam El Hadary - portiere e capitano - dovrebbe diventare il giocatore più vecchio a scendere in campo per la fase finale di un Mondiale (45 anni!).

Tra l'affare (mal riuscito) con la federazione spagnola e i tre diversi c.t. in un solo anno solare, c'è da dire che il ritorno dell'Arabia Saudita a un Mondiale - a 12 anni da Germania 2006 - è fonte di poca soddisfazione. Il rischio serio è quello di una figuraccia, anche perché ci sono dei profili interessanti, ma l'ambiente pare sfilacciato.
Giocatori come Al-Dawsari e Al-Muwallad - che avrebbero (e possono) ben figurare in Russia - sono arrivati in condizioni pessime a questo Mondiale. Al di là di come finirà quest'avventura, il calcio saudita dovrà guardarsi in faccia e mostrare più serietà. Lo sa anche il c.t. Juan Antonio Pizzi, che nove mesi fa ha giocato una finale di Confederations Cup sulla panchina del Cile.

Quando campare di rendita è possibile, se hai davanti Edinson Cavani e Luis Suárez, 31 anni.

Girone B - Spagna, Portogallo, Marocco, Iran

La Spagna si presenta senza pressioni, con un gruppo parzialmente rinnovato e diverse certezze per il futuro. Forse, tra le grandi, è quella che assieme alla Germania sta meglio dal punto di vista del ricambio generazionale. Certo, l'eliminazione nel girone al Mondiale 2014 e quella per mano dell'Italia agli ottavi di finale di Euro 2016 spingono affinché le Furie Rosse arrivino almeno nelle Top 4. 
E possono farlo, visto che a centrocampo ci saranno l'ultimo Iniesta, (forse) gli ultmi Ramos, Piqué, e Silva, un de Gea in versione mostro e tanti, tantissimi potenziali campioni. Isco, Carvajal e Koke già lo sono, Asensio è in procinto di diventarlo e Odriozola e Vázquez potrebbero arrivarci. Ci si può persino permettere di lasciare a casa Marcos Alonso e Morata.

Il Portogallo arriva sereno a questo Mondiale 2018: il credito accumulato dopo Euro 2016 è ancora da spendere e in fondo non era nemmeno detto che i lusitani fossero a Russia 2018. Hanno passato tutto il girone di qualificazione dietro alla Svizzera, finendo per sorpassare gli elvetici proprio nell'ultima gara, allo scontro diretto.
Cristiano Ronaldo è (forse) all'ultimo Mondiale e anche diversi membri rappresentativi della nazionale - Quaresma, Pepe, Bruno Alves - sono all'ultimo giro. L'obiettivo alla portata è quello di passare il girone, per poi magari regalarsi un quarto di finale pescando un buon accoppiamento. Non c'è Rúben Neves ed è una (brutta) sorpresa.

Il Marocco ha già fatto un miracolo nell'esser qui. Ha eliminato la Costa d'Avorio, è tornato al Mondiale dopo vent'anni e ora spera solamente di fare bella figura, contando sulla propria solidità difensiva. Tutto grazie a Hervé Renard, che è uno che si merita - come riconoscimento alla carriera - la gioia di allenare a un Mondiale. 
Trionfatore in due Coppe d'Africa con due diverse nazionali (Zambia 2012 e Costa d'Avorio 2015), Renard ha sostanzialmente già vinto, tanto da potersi permettere di lasciare a casa due come Zakaria Labyad e soprattutto Sofiane Boufal. Molto dipenderà dalla forma di Mehdi Benatia, apparso appannato nel finale di stagione.

Tra i tecnici che arrivano al Mondiale con un credito immenso, c'è di sicuro Carlos Queiroz. Anzi, vado oltre: l'ex assistente di Sir Alex Ferguson è forse uno dei 4-5 tecnici che tornerà dalla Russia comunque con la reputazione intaccata, perché l'Iran è al secondo Mondiale di fila (da miglior asiatica del lotto) ed è un risultato straordinario.
Il Team Melli ha reputazione di squadra solida: se lo era quattro anni fa (l'Argentina ha avuto la meglio solo grazie a una magia di Messi al 90'), figuriamoci ora. C'è anche una generazione di giocatori - Azmoun, Rezaeian, Hajsafi, Ansarifard, Jahanbakhsh, Ghoochannejhad - che sarà fondamentale per il futuro post-Russia.

Andres Iniesta, 34 anni, all'ultima recita con la Spagna.


Girone C - Francia, Perù, Danimarca, Australia

La Francia deve necessariamente tirare fuori qualcosa da questo Mondiale. Non è nella situazione d'emergenza di Argentina e Brasile, ma in Russia arriverà un gruppo molto più maturo rispetto a quello che si è affacciato all'ultimo Mondiale. Le scelte sono andate nella direzione delle conferme, ma a leggere la lista degli assenti c'è un certo effetto.
Zouma, Kurzawa, Rabiot, Coman, Martial e Lacazette sono i principali, mentre tra i 23 ci sono poche sorprese: solo Benjamin Pavard è un'inclusione inaspettata, sebbene fosse stato già chiamato. Anche qui, l'obiettivo è la Top 4, perché la ferita della finale persa nell'Europeo di casa va cancellata in una qualche maniera. Se Deschamps non dovesse farcela, sarà addio? Zidane è libero...

Queiroz, Gómez, Löw... e poi? Quanti altri c.t. possono uscire da questo Mondiale con la propria reputazione intatta, al di là del risultato finale? Ricardo Gareca ci va molto vicino. Alla guida del Perù dal 2015, ha all'attivo un terzo posto nella Copa América 2015 e un'insperata qualificazione al Mondiale di Russia 2018.
Il ritorno della Blanquirroja alla fase finale di una Coppa del Mondo dopo 36 anni è un bellissimo evento, ma la nazionale peruviana è lì per andare avanti: il ritorno di Guerrero - che ha avuto finalmente il via libera dalla Fifa per disputare il Mondiale - è un altro motivo per spingere e provare a centrare gli ottavi. Sono dispiaciuto per le esclusioni di Benavente e Pizarro, che per motivi diversi avrebbero meritato la kermesse.

Attenzione ai danesi, attenzione alla squadra allenata da Åge Hareide, già autore di miracoli con il Malmö e il Molde. La Danimarca si è qualificata solo tramite gli spareggi, ma ha in squadra una quantità di talento impressionante, tanto che neanche l'infortunio di Bendtner diminuisce le loro potenzialità ai miei occhi.
I danesi hanno un "10" che vede e provvede, quel Cristian Eriksen che è cresciuto tanto dal 2010, quando giocò qualche scampolo in Sudafrica all'età di 18 anni. Poi ci sono tanti alla prima esperienza, che daranno tutto, come Kasper Schmeichel, Fischer, Delaney, Christiensen, Vestergaard e Dolberg. Nonostante l'hype per il Perù, li vedo come favoriti al secondo posto.

Gli unici due vincitori meritati di questa spedizione in Russia saranno un olandese e un samoano. L'olandese è Bert van Marwijk, che prima ha miracolosamente portato l'Arabia Saudita al Mondiale e poi si è stancato delle interferenze della federazione, decidendo di lasciare. Allenerà l'Australia e sarà comunque una ricompensa per il lavoro fatto.
Il samoano è Tim Cahill, che giocherà il suo quarto Mondiale (come Mark Milligan) e spera di segnare anche questa volta, sebbene il suo stint al Millwall sia stato tutt'altro che entusiasmante. La generazione che doveva crescere in Brasile nel 2014 è maturata, ha vinto la Coppa d'Asia, ma non è andata oltre. Ed è difficile che lo faccia questa volta.

La Francia spera di andare oltre il quarto di finale ottenuto all'ultimo Mondiale.

(continua domani...)