5.1.19

Winter is coming: la Coppa d'Asia 2019 (Parte 2)

Se il resto del mondo sembra viaggiare in direzione ostinata e contraria, ci sono due confederazioni che stanno facendo dei veri passi avanti nell'organizzazione delle proprie competizioni. Se la FIFA punta al Mondiale a 48 squadre già per il 2022 e la CONMEBOL invita squadre a caso per la Copa América, AFC e CONCACAF si comportano diversamente.

Se per la confederazione nord e centro-americana bisognerà attendere la prossima estate per vedere la nuova Gold Cup all'opera, la rinnovata versione della Coppa d'Asia - a 24 squadre e con un nuovo trofeo, seppur negli Emirati Arabi (che hanno qualche problemino di affluenza negli stadi) - promette molto bene.

Ecco la seconda parte della preview, con una revisione dei gironi D, E e F (in corsivo le mie qualificate, non mi pronuncerò sulle terze: meccanismo troppo complesso). In più, alcune considerazioni finali nell'ultima parte del pezzo.

Alireza Jahanbakhsh, 26 anni, stella dell'Iran di Queiroz.

Gruppo D - Iran, Iraq, Vietnam, Yemen

 Vado o non vado? Resto o non resto? Carlos Queiroz è stato in dubbio a lungo durante e dopo il Mondiale 2018. L'Iran ha fatto un figurone in Russia, rischiando persino di eliminare il Portogallo; proprio per questo, il Team Melli è tra i favoriti per la vittoria di quest'edizione. E il suo c.t. è uno dei motivi principali.
L'Iran pre-Queiroz ha sofferto enormi difficoltà, ma otto anni più tardi la squadra è tra le migliori d'Asia e viene da due Mondiali consecutivi giocati nel 2014 e nel 2018. La crescita è evidente, sia quella della squadra che quella dei singoli giocatori: pensate solamente alla carriera di ragazzi come di Ansarifard, Azmoun o Jahanbakhsh.
L'Iran è probabilmente la squadra con l'identità più definita, con i propri giocatori nel prime delle loro carriere e con uno dei migliori c.t. della competizione. Cosa potrebbe andar storto? Qualcosa può accadere, ma per me l'Iran è la nazionale favorita per alzare il trofeo il 1° febbraio.

 A distanza di quattro anni dalla partita più pazza della Coppa d'Asia 2015, l'Iraq ritrova l'Iran, stavolta nel girone. La crescita della nazionale si è un filo fermata, sebbene tornare a giocare negli impianti del proprio paese sia stata un'indubbia conquista. E anche la scelta del coach non mi sembra personalmente delle più felici.
Ricordo Srečko Katanec come uno dei primi ricordi legati alla mia squadra del cuore (la Sampdoria), ma la sua carriera da selezionatore mi sembra tutt'altro che fulgida. Quattro anni grigi con la Slovenia, poco o niente con gli Emirati Arabi; l'ultimo risultato di successo è proprio con la Slovenia, quando la portò a Euro 2000 e al Mondiale 2002.
Su cosa si possono poggiare le speranze dell'Iraq? Sostanzialmente su una certa tradizione, su alcuni giocatori di livello (il promettente Mohanad Ali, Ali Adnan, Ahmed Yasin) e su un gruppo ringiovanito dopo la mancata qualificazione a Russia 2018.

 Se questo torneo non fosse stato a 24 squadre, avrei rischiato un pronostico: il Vietnam sopra l'Iraq. Perché la crescita del paese dal punto di vista calcistico è nettissima: laureatasi campione nell'AFF Championship del 2018, la nazionale del Sud-Est asiatico rischia di essere una delle maggiori sorprese di questo torneo.
Molto del merito va a Park Hang-seo, di cui ho già scritto su MondoFutbol.com al tempo della loro incredibile avventura negli Asian Games dell'anno scorso. Non solo, perché ci sono giocatori interessanti come Trần Đình Trọng e soprattutto Nguyễn Quang Hải, di cui ho già scritto qui in un recente Under The Spotlight.

 Lo Yemen è già felice di esser qui, dato che nel 2014 era al 186° posto del ranking FIFA. La qualificazione non è stata una sorpresa - nel terzo round di qualificazione era chiaro che ci fosse una chance -, ma data l'incredibile situazione di guerriglia che il paese vive... è un risultato straordinario. Tuttavia, un twist finale doveva esserci.
Sono rimasto sorpreso di non ritrovare l'etiope Abraham Mebratu alla guida della squadra, mentre il suo sostituto sarà Ján Kocian, che ha una carriera da giocatore di tutto rispetto, ma non mi è sembrato allo stesso livello da manager. Unica speranza? Se lo Yemen arrivasse secondo e l'Arabia Saudita vincesse il suo girone, sarebbe pazzesco.

Salman Al-Faraj, 29 anni, una delle note positive dell'Arabia Saudita al Mondiale,

Gruppo E - Arabia Saudita, Qatar, Libano, Corea del Nord

 L'Arabia Saudita ha vissuto su un otto volante emozionale nell'ultimo anno e mezzo: dal glorioso ritorno al Mondiale dopo 12 anni d'assenza grazie al lavoro di Bert van Marwijk all'addio del c.t. olandese, passando per l'inglorioso intermezzo di Edgardo Bauza e l'arrivo di Juan Antonio Pizzi, visto come una sorta di caso.
Eppure qualcosa di positivo in Russia si è visto, con l'Arabia Saudita capace di vincere l'ultima gara del girone con un buon calcio (seppur a un ritmo blando). Ci sono giocatori molto interessanti, come Al-Muwallad, Al-Faraj, Al-Dawsari e Al-Shahrani. Forse manca un centravanti per sperare nel trofeo finale, ma la testa del girone è un obiettivo fattibile.

 Chi segue questo blog sa dei mille dubbi che ho sull'avventura qatariota, partita con l'assegnazione del Mondiale 2022 e proseguita con l'implementazione dell'Aspire Academy e l'acquisto di diversi club. L'impressione è che qualche passo avanti ci sia stato, ma non quelli necessari per gli investimenti compiuti.
Il Qatar è a tre anni dal Mondiale e non sembra poter rientrare nell'élite del calcio asiatico, perché Giappone, Corea del Sud e Iran - senza contare l'Australia - sembrano lontane e irraggiungibili. Persino un santone da quelle parti come Jorge Fossati ha dovuto mollare a un certo punto, con il tecnico delle giovanili qatariote, Félix Sánchez, pronto a continuare l'andazzo.
C'è da dire che il Qatar ha ottenuto il miglior piazzamento della sua storia nel ranking Elo del dicembre 2018 (76° posto), sono arrivate vittorie prestigiose in amichevoli (contro Ecuador e Svizzera) e che alcuni profili sono interessanti (come Akram Afif). Mi tengo i miei dubbi e riparleremo di tutto il 31 dicembre 2022.

 A distanza di otto anni, il Libano è tornato alla Coppa d'Asia, pronto a vivere la sua seconda partecipazione alla Coppa d'Asia. Il merito va soprattutto a Miodrag Radulović, che lavora con la nazionale dal 2015 e ha portato la squadra a questa competizione per la prima volta tramite il percorso di qualificazione.
Non un'impresa facile, dato che l'ultima e unica partecipazione al torneo continentale risaliva al 2000; sono passati 19 anni e dubito che il Libano possa superare il gruppo, ma al tempo stesso questa squadra presenterà alcuni profili di valore (come il capitano Hassan Maatouk) e spera di poter centrare la prima vittoria di sempre (nel 2000 due pareggi e una sconfitta).

 La Corea del Nord è un punto interrogativo, se non altro perché il cambio in panchina - con l'addio di Andersen e l'arrivo di Kim Yong-jun (35 anni, era in campo nell'edizione 2011) - potrebbe aver compromesso la struttura del gruppo. Non è un caso che la Corea del Nord non sia riuscita a centrare la qualificazione all'EAFF E-1 Football Championship 2019.
Ci sono i soliti noti, come il capitano e portiere Ri Myong-guk; ci sono dei discreti profili, come Han Kwang-song e Pak Kwang-ryong; ci sono anche alcune assenze, come Pak Song-chol e An Byong-jun. Sarà la terza partecipazione di fila (la quinta assoluta in Coppa d'Asia), ma non vedo la Corea del Nord proseguire a lungo in quest'edizione.

Takumi Minamino, 23 anni, colonna tecnica di un Giappone in evoluzione.

Gruppo F - Giappone, Uzbekistan, Oman, Turkmenistan

 La recente notizia della mancanza di Shoya Nakajima - infortunato, sarà sostituito da Takashi Inui - lascia un pochino di rammarico per il Giappone. Ciò nonostante, la Nippon Daihyo è pronta ad affrontare l'edizione 2019 con una discreta dose di fiducia: il Mondiale è stato un intermezzo positivo e ora viene il bello.
Il rinnovamento - quello che sarebbe dovuto arrivare con Vahid Halilhodzic e che non si è mai visto - potrebbe esser iniziato sotto Hajime Moriyasu. Seppur le prime uscite in amichevoli siano state contro avversari di poco conto, il Giappone ha raccolto quattro vittorie e un pareggio con il Venezuela. Non male per un gruppo cambiato rispetto a un anno fa.
Hasebe e Honda si sono ritirati, Kawashima e Kagawa non sono più sul radar, mentre Shoji, Kosuke Nakamura e Nakajima non ci saranno. Qualora il Giappone riuscisse veramente a vincere la competizione nonostante il rinnovamento e le assenze -, ci troveremmo di fronte a un lavoro eccellente e a un'iniezione di fiducia per il prossimo Mondiale.

 La mancata qualificazione a Russia 2018 ha rappresentato un altro melodramma per l'Uzbekistan, un movimento calcistico solido, ma a cui manca una vera gratificazione. Il quarto posto del 2011 sembrava l'inizio di qualcosa, ma è mancato l'ultimo passo. E ora c'è da coltivare una nuova generazione, che si spera possa tenere un certo passo.
Per dire, l'Uzbekistan è stato in grado di fare meglio rispetto a movimenti calcistici che hanno speso molte più risorse - Cina e Qatar, per esempio -, ma ora c'è bisogno di un risultato. Se guardiamo il breve termine, l'arrivo di Hector Cuper è la mossa giusta. Personalmente non credo sia l'uomo migliore per far crescere i giovani, ma per puntare alle Top 4 negli Emirati... quello sì.
Non ci saranno molti senatori - Denisov, Haydarov, Tursunov -, così come non ci sarà un attaccante giovane e prolifico come Sergeev. Basteranno Rashidov, Ahmedov e Shomurodov a far brillare la nazionale di Cuper?

 Parliamo di un'altra nazionale che rischia di vedere i propri sogni infranti, soprattutto dopo aver appreso dell'assenza di Ali Al-Habsi, storico capitano e portiere della nazionale, nonché noto frequentatore del calcio inglese tramite la sua carriera. Il c.t. Pim Verbeek avrebbe fatto a meno di tale assenza, ma l'Oman dovrà superare questo problema.
Alla quarta partecipazione assoluta, l'Oman è ormai una presenza fissa come forza media dello scacchiere calcistico in Asia. Il calendario delle recenti amichevoli è stato molto positivo: l'Oman ha giocato 19 partite dal settembre 2017 e ne ha perse solamente due, vincendo per altro la Gulf Cup 2017. Potrebbero rivelarsi un ostico avversario nel girone.

 Come lo Yemen e il Kirghizistan, il Turkmenistan festeggia anche solo la presenza a questa competizione, la seconda in assoluto e la prima a distanza di 15 anni. La squadra allenata da Ýazguly Hojageldyýew sarà contenta anche di strappare un punto in un gruppo del genere e non è nemmeno detto che non ci riesca. 
La squadra conterà soprattutto sulla stella del gruppo, quel Ruslan Mingazow che da anni gioca in Repubblica Ceca e che ora potrà mostrarsi sul palcoscenico continentale.


Non me la sento di fare pronostici, mentre quello che posso fare è creare tre gruppi nei quali inserire altrettante squadre a seconda di come usciranno da questa competizione e delle aspettative di cui sono riposte.

A RISCHIO - Qatar, Cina, Corea del Sud
Per motivi diversi, nessuna delle tre può fallire nei suoi obiettivi per quest'edizione. Sarebbe particolarmente grave per le ultime due di queste tre squadre, visto che il Qatar lavora in vista del Mondiale 2022 e ha ancora un residuo spazio di sterzata.

IN CORSO D'OPERA - Iran, Thailandia, Australia
L'Iran deve cogliere l'attimo, ma il lavoro fatto da Queiroz porterà benefici anche per i prossimi 5-10 anni. La Thailandia ha dei giocatori molto interessanti, ma l'attitudine difensiva di Rajevac rischia di snaturare il loro marchio di calcio. L'Australia, invece, ha bisogno di capire come ripartire dopo un ciclo che ha dato molto, ma che ha svuotato i Socceroos dei propri interpreti principali.

IN FIDUCIA - Giappone, Vietnam, India
Sicuramente il Giappone ha dovuto iniziare un processo di rinnovamento a lungo rinviato, ma c'è molto entusiasmo e il potenziale è lì, a disposizione di Moriyasu. Il Vietnam viene da un bellissimo percorso nell'ultimo biennio e potrà solo fare esperienza negli Emirati; infine, l'India deve sfruttare questo ritorno per lanciare definitivamente il calcio nel proprio paese.



Winter is coming: la Coppa d'Asia 2019 (Parte 1)

Se il resto del mondo sembra viaggiare in direzione ostinata e contraria, ci sono due confederazioni che stanno facendo dei veri passi avanti nell'organizzazione delle proprie competizioni. Se la FIFA punta al Mondiale a 48 squadre già per il 2022 e la CONMEBOL invita squadre a caso per la Copa América, AFC e CONCACAF si comportano diversamente.
Se per la confederazione nord e centro-americana bisognerà attendere la prossima estate per vedere la nuova Gold Cup all'opera, la rinnovata versione della Coppa d'Asia - a 24 squadre e con un nuovo trofeo, seppur negli Emirati Arabi (che hanno qualche problemino di affluenza negli stadi) - promette molto bene. 
Ecco la prima parte della preview, con una revisione dei gironi A, B, e C (in corsivo le mie qualificate, non mi pronuncerò sulle terze: meccanismo troppo complesso).

Alberto Zaccheroni, 65 anni, pronto all'avventura con gli Emirati Arabi.

Gruppo A - Emirati Arabi Uniti, Thailandia, India, Bahrain

 A distanza di quattro anni da un'incredibile terzo posto in Australia, tutto sembra esser cambiato per gli Emirati Arabi Uniti. Il treno per la grande generazione è passato, niente Mondiale in Russia e niente da fare per Mahdi Ali, che ha dovuto rinunciare all'incarico dopo un fallimentare percorso verso Russia 2018.
L'attesa che questa squadra lasciava intravedere quattro anni fa è alle spalle e ora si spera che Alberto Zaccheroni - nuovo c.t. e vincitore di questa competizione nel 2011 - possa portare la squadra almeno alle semifinali, se non vincere. Ho dei seri dubbi al riguardo, sebbene il c.t. italiano si dica fiducioso sulla sua squadra.
Questa squadra ha un'età media piuttosto alta, con soli quattro U-23 su 23 convocati. Mancherà Omar Abdulrahman, uno dei giocatori più talentuosi del panorama asiatico, purtroppo infortunatosi nel novembre scorso. E non inganni l'ottimo percorso dell'Al-Ain al Mondiale per club: la Coppa d'Asia rischia di essere un brusco risveglio per la nazionale.

  A modo suo, anche la Thailandia rischia qualcosa a questa Coppa d'Asia. In realtà, si è formato un grosso hype per questa nazionale, ma le dimissioni di Kiatisuk Senamuang e l'assenza di Kawin Thamsatchanan - in una competizione falcidiata dagli infortuni di grosse e medie star - rischiano di rovinare i piani della Thailandia.
I giocatori che possono esser decisivi ci sono, come Chanathip Songkrasin e Teerasil Dangda, capaci di ritargliarsi uno spazio importanti in J. League, ma la nuova leadership del c.t. serbo Milevan Rajovac sembra aver imposto un impianto troppo conservativo per una squadra che invece si è evoluta soprattutto grazie al suo brand offensivo. Basterà?

 Non sembrava così scontato vedere l'India a questa competizione, alla quale torna a distanza di otto anni. Nel 2011, la nazionale indiana fece sostanzialmente da sparring partner per le rivali nel girone; stavolta, invece, l'obiettivo e il sogno sono quelli di passare il turno, sfruttando anche la nuova struttura della competizione.
Con la possibilità per le terze di passare il girone, l'India di Stephan Constantine - vero guru di questo miracolo calcistico - vorrebbe raggiungere gli ottavi di finale. Per dov'era il calcio indiano anche solo due-tre anni fa, sarebbe già un enorme successo. Molto dipenderà anche dalla classe di Sunil Chhetri, vero portabandiera del movimento indiano.

 Il Bahrain parte da fanalino di coda, anche perché la situazione nel paese non è migliorata e la golden generation - quella che per intenderci ha sfiorato la partecipazione al Mondiale 2010 - non è più nel prime dei suoi anni. La vera chiave potrebbe essere il c.t., quel Miroslav Soukup che ha portato la Repubblica Ceca U-20 quasi sul tetto del mondo e che ha aiutato lo Yemen a sopravvivere dal punto di vista calcistico per più di due anni.

L'Australia si appoggerà ancora su Robbie Kruse, 30 anni.

Gruppo B - Australia, Siria, Palestina, Giordania

 Già dall'addio di Ange Postecoglou - avvenuto appena raccolta la qualificazione a Russia 2018 -, avevo immaginato come il futuro dell'Australia sarebbe stato difficile. Postecoglou ha portato a termine un lavoro complicato: rinnovare la nazionale, superare il trauma dell'addio della miglior generazione di sempre e persino vincere la Coppa d'Asia in casa.
Gli è riuscito tutto, ma il cammino per qualificarsi al Mondiale 2018 è stato tremendo e ha messo a fuoco le difficoltà del calcio australiano di saper proporre nuovi talenti, capaci di eguagliare quelli della precedente generazione. E tutto è ancora più difficile se uno dei pochi in grado di farlo, come Aaron Mooy, si infortuna e deve saltare la Coppa d'Asia.
L'Australia può chiaramente passare il girone sotto la guida dell'esperto Graham Arnold, ma è IMHO quella che rischia di più tra le grandi di subire un grosso contraccolpo. Con Jedinak e Cahill ritiratisi prima della competizione e Arzani lasciato a casa, faccio fatica a trovare motivi di entusiasmo per i Socceroos.

 A proposito di Australia, chissà se la Siria avrà voglia di prendersi una rivincita. Molti dei giocatori che saranno negli Emirati per la Coppa d'Asia erano lì, a Sydney, quando in un pomeriggio d'ottobre i sogni di andare in Russia si sono infranti su un palo. Nei supplementari, all'ultimo minuto; eppure alcune cose sono cambiate da allora.
Il c.t. non è più Ayman Hakeem, ma il tedesco Bernd Stange, passato dal ritiro alla nuova esperienza con la Siria. E ora alcuni di quei ragazzi sono andati all'estero: mancherà lo storico capitano Firas Al-Khatib, ma Omar Kharbin e Omar Al-Soma sono pronti a prendere in mano la squadra. In cinque precedenti partecipazioni, la Siria non ha mai superato la fase a gironi: che sia la volta buona per provarci?

 Quattro anni possono cambiare diverse cose. La Palestina è arrivata alla prima storica qualificazione in Coppa d'Asia nel 2015, ma solo dopo aver vinto la Challenge Cup, una competizione riservata alle nazioni in via di sviluppo. La prima esperienza è stata un trauma, ma è arrivato il primo gol nella storia della competizione.
Nel 2019, la nazionale si ripresenta molto più esperta e pronta addirittura a sperare in un salto nelle ultime 16 (re-incrociando proprio la Giordania nel girone). Guidata dall'algerino Noureddine Ould Ali, la Palestina ha svolto una preparazione fitta, con diverse amichevoli. Basterà per superare il turno e sognare gli ottavi?

 La Giordania è diventata ormai una squadra abituata a presenziare a questa competizione. Dopo l'exploit del percorso di qualificazione a Brasile 2014 (quando sfidò l'Uruguay, pareggiando stoicamente nella gara di Montevideo), la nazionale guidata da Vital Borkelmans (ex assistente di Wilmots nel Belgio) spera di centrare la qualificazione al turno successivo.
I risultati delle ultime amichevoli non sono tra i più incoraggianti - otto gare giocate, una sola vittoria -, ma è anche vero che l'abitudine a certi palcoscenici potrebbe giocare a favore della Giordania, visto che è la loro ? partecipazione consecutiva. Personalmente attendo al varco Musa Al-Taamari, classe '97 molto promettente, al momento impegnato a Cipro con l'Apoel.

Hwang Ui-jo, 26 anni, ha vissuto un'annata straordinaria tra club e nazionale.

Gruppo C - Corea del Sud, Cina, Kirghizistan, Filippine

 Ci sono due nazionali che portano con sé una pressione spaventosa a questa Coppa d'Asia. Due tipi diversi di pressioni, but still... la Corea del Sud è una delle due. Dopo che molti hanno evitato la leva militare tramite il successo agli Asian Games dell'ultimo autunno, la logica vorrebbe che i Taeguk Warriors puntino dritti al successo.
Il trofeo continentale manca in Corea del Sud dal 1960; nel frattempo, diverse nazionali si sono imposte. Alcune, come il Giappone, han persino creato delle dinastie. Eppure alla Corea del Sud non mancano le stelle; molti direbbero Son Heung-min, io aggiungere Hwang Ui-jo, Jung Woo-young e Lee Jae-sung.
Se Uli Stielike è andato a un passo dal vincerla in Australia quattro anni fa, può Paulo Bento riuscire dove altri hanno fallito? Mi tengo i miei personali dubbi, ma è certa una cosa: con la situazione contingente, per la Corea del Sud è un'occasione d'oro. E se Son non dovesse esser decisivo, più di una domanda sarebbe da porre sulla sua capacità d'incidere a livello internazionale.

 Dicevamo della pressione? E che dire della Cina? Il gruppo scelto da Marcello Lippi - anche lui in fuga da quello che ormai sembra essere un paradiso in decadimento - è uno dei più vecchi della competizione e la situazione non sembra granché diversa da quattro anni fa, sebbene nel frattempo il calcio cinese abbia vissuto diverse situazioni.
Il terribile cammino per Russia 2018, l'addio di un c.t. che avrebbe dovuto costituire l'ossatura del futuro, l'incertezza sul futuro economico di uno scenario che sembra poco sostenibile... cosa ne sarà del calcio cinese dopo questa Coppa d'Asia? Un risultato negativo - che IMHO è un'eliminazione prima dei quarti di finale - potrebbe essere la spinta finale verso l'implosione (a meno che Wu Lei non salvi tutti un'altra volta).

 Ecco, nel caso del Kirghizistan bisogna essere onesti: parliamo di una delle poche squadre che potrebbe tornare a casa con tre sconfitte e aver comunque imparato qualcosa. La nazionale allenata da Aleksandr Krestinin - allenatore russo con un 48,8% di vittorie da quando è alla guida - ha fatto un miracolo a esserci.
Per altro, la federazione ha anche perseguito un pesante programma di naturalizzazione per rafforzarsi, soprattutto sulla sponda ghanese e tedesca. Viktor Maier si è fatto male prima della Coppa d'Asia, ma il Kirghizistan potrà contare su Daniel Tagoe, Vitalij Lux ed Edgar Behrnardt, tutti facenti parte della nazionale da diversi anni.

 Ciò che poteva essere un successo assoluto è diventato un esperimento a metà: le Filippine han sorpreso tutti, qualificandosi alla Coppa d'Asia sotto la guida di Thomas Dooley. Purtroppo, il tecnico statunitense non è stato confermato e al suo posto ci sarà Sven-Goran Eriksson, in un cambio che sembra soltanto una pensione dorata.
E che dire della gestione di Neil Etheridge, portiere che oggi gioca in Premier League, ma che non ci sarà in Coppa d'Asia con le Filippine? Una terribile mancanza, che mina molto del potenziale che la nazionale avrebbe portato negli Emirati. Sarà comunque una buona occasione per vedere all'opera Phil Younghusband, uno dei simboli nascosti del calcio asiatico.

Phil Younghusband, 31 anni, capitano e simbolo delle Filippine.

(continua domani...)