Sta per finire un'altra annata: il 2017 si avvicina alla sua conclusione e siamo pronti per la consueta rubrica annuale: "Witnessing To Champions" si occupa di celebrare quei campioni che in quest'anno solare hanno chiuso la loro carriera, lasciandoci diverse testimonianze del loro talento e qualche rimpianto.
Ogni anno diciamo che è stato un anno di ritiri eccellenti, però in questo caso è proprio vero che si ha avuto una lista di personalità note nel calcio che hanno detto addio. Forse è stato persino difficile fare una cernita e dover scegliere cinque nomi: anzi, il formato "4+1" (quattro ritiri eccellenti più uno più curioso) è stato messo da parte proprio perché l'eccellenza del calcio si sta fermando o si è fermata in questo 2017.
Mentre attendiamo di capire di più sul destino di Kakà, salutiamo le performance del campo di Oleksandr Shovkovskiy, storico capitano della Dinamo Kiev e portiere dell'Ucraina in più occasioni (saluta a 41 anni: si è ritirato a metà della stagione 2016-17), e Dirk Kuyt, che meriterebbe di esser in questa lista, ma del quale ho parlato ampiamente già quando tornò al Feyenoord, diventando poi decisivo nella conquista del titolo a maggio.
Quindi proseguiamo con la lista dei cinque ritiri eccellenti del 2017.
- Philipp Lahm (difensore, 11 novembre 1983) ha deciso di lasciare il Bayern Monaco alla fine del 2016-17. Ha vestito anche la maglia dello Stoccarda per un biennio e ha dedicato poco più di due decadi al Bayern. Ha anche vinto il Mondiale 2014, ritirandosi il giorno dopo.
Il Bayern era pronto a dare a un suo pezzo di storia un posto nel club: è successo per Rummenigge, così come per Hoeneß. Figuriamoci se non ci fosse un posto per Philipp Lahm, eppure lui ha detto no al ruolo di d.s. e in generale a un inquadramento nel Bayern: «Voglio staccare la spina e ricaricare le batterie. Dopo mi occuperò sicuramente di temi dell'imprenditoria e voglio farmi coinvolgere maggiormente».
Il ricordo che ci rimarrà di Lahm (ne ho parlato già qui, quando si ritirò dalla nazionale) è quello di un essere umano diverso, di un giocatore iper-lodato da Pep Guardiola, di un terzino che ha imparato a fare il regista davanti alla difesa scavallati i 30. Di un capitano che ha alzato una Champions League e una Coppa del Mondo, di fatto essendo il protagonista, ma in silenzio. Non è da tutti.
Il ricordo che ci rimarrà di Lahm (ne ho parlato già qui, quando si ritirò dalla nazionale) è quello di un essere umano diverso, di un giocatore iper-lodato da Pep Guardiola, di un terzino che ha imparato a fare il regista davanti alla difesa scavallati i 30. Di un capitano che ha alzato una Champions League e una Coppa del Mondo, di fatto essendo il protagonista, ma in silenzio. Non è da tutti.
- Francesco Totti (attaccante, 27 settembre 1976) ha giocato per tutta la carriera con la Roma. Ha esordito nel marzo del '93, giocando poi i minuti finali di Roma-Genoa 3-2 nel maggio scorso. Il suo addio ha fermato un'intera città; la sua storia con la nazionale è stata breve ('98-2006), ma ha portato un titolo Mondiale.
Francesco Totti è stato tra i talenti più puri avuti dall'Italia nel dopo-guerra. Un fatto incontestabile, comunque vogliate inquadrare un personaggio fedele più alla sua città che al suo talento. Quest'ultimo gli avrebbe permesso di andare ovunque - Chelsea e Real Madrid sono state due possibilità serie, così come la Samp negli anni '90 -, ma lui ha scelto di rimanere a Roma.
Non devo certo lodare io il talento di Totti, né ricordare come la sua bacheca - fatta di uno scudetto, due Supercoppe Italiane e altrettante Coppe Italia, nonché del Mondiale 2006 - sarebbe potuta esser più piena. E se invece fosse stata la paura a trattenere Totti a Roma?
L'ha detto anche nel suo addio: «Mi levo la maglia per l’ultima volta. La piego per bene, anche se non sono pronto a dire basta e forse non lo sarò mai. Scusatemi se in questo periodo non ho rilasciato interviste e chiarito i miei pensieri, ma spegnere la luce non è facile. Adesso ho paura». E se la paura non gli avesse dato la forza per lasciare l'ambiente tranquillo, quello in cui nessuno l'avrebbe sfidato veramente? Non lo sapremo mai.
- Xabier "Xabi" Alonso Olano (regista, 25 novembre 1981) ha vestito le maglie di Real Sociedad, Eibar (in prestito), Liverpool, Real Madrid e infine Bayern Monaco. La sua bacheca è enorme e variopinta: ha alzato due Champions League, ha vinto tutto con la Spagna della generazione d'oro e di fatto ha insegnato calcio in tre paesi diversi.
Calciatore più cool del pianeta fino al suo ritiro, Xabi Alonso ha la mentalità di cui potrebbe aver successo anche fuori dal campo e dal calcio in generale. Non mi stupirei di vederlo in panchina o - meglio ancora - in un ruolo stile Bierhoff per la Spagna. Gli iberici avrebbero bisogno di un cervello superiore come quello di Xabi Alonso.
Intanto, le sue priorità sono sembrate chiare, anche se la nostalgia è inevitabilmente parte del processo d'addio: «Mi mancherà giocare, perché è una parte importante della mia vita. Non sarà facile riempire quel gap, ma la vita va avanti. Ci saranno nuove sfide per me e ci voglio provare». Come la sua mente quando giocava e impostava tracciati sul terreno di gioco.
- Frank James Lampard (centrocampista, 20 giugno 1978) si è ritirato dopo una bella esperienza in Major Soccer League con il New York City FC. Ha vestito le maglie di West Ham United, Swansea City (in prestito), Chelsea e Manchester City. Gli rimane qualche rimpianto con la nazionale inglese, con la quale ha giocato 106 gare e segnato 29 gol.
Il resto (e non è cosa da poco) ce l'ha messo Frankie, capace di segnare ben 312 gol in carriera, di diventare un riferimento per il calcio inglese e persino trovarsi in mano una Champions League, un trofeo che sembrava diventato impossibile da vincere a un certo punto per il Chelsea. Con l'Inghilterra forse sognava altre imprese, ma non è andata altrettanto bene.
- Maxwell Scherrer Cabelino Andrade (terzino sinistro, 27 agosto 1981) ha giocato per alcuni dei maggiori club europei: un anno di Cruzeiro, poi Ajax, uno strano passaggio all'Empoli, Inter, Barcellona e Paris Saint-Germain. Solo 10 presenze con il Brasile, eppure...
Vi sfido a trovare una bacheca più piena della sua: oltre alla bontà del giocatore, l'inserimento in questa eccellente cinquina sta proprio in questo dato. Ben 33 allori in cinque paesi diversi, il terzino ha vinto molto più di tanti suoi famosi connazionali. Al tempo stesso, ha creato una sorta di bromance con Zlatan Ibrahimovic, visto che ha giocato con lui in quattro squadre diverse. Oggi riparte da un ruolo da assistente d.s. al Paris Saint-Germain, ma al momento del ritiro era il giocatore più titolato in Europa.
Bellissimo articolo come sempre! Mi aspettavo un commento su questo Urawa a due velocità, capace di vincere in Asia ma di non convincere pienamente in Giappone
RispondiEliminaBeh, innanzitutto grazie per il commento. :)
RispondiEliminaPer gli Urawa Reds, credo che la gara con l'Al-Jazira abbia perfettamente riassunto ciò che sarà il futuro, vista la conferma di Hori in panchina. Una squadra accorta, che però non farà il ricambio generazionale di cui ha bisogno e che rischia di perdere i giocatori più promettenti (pare che Yajima stia andando al Gamba).