20.3.13

Parigi (o Parole?) Senza Gloria.

«Se sei abbastanza fortunato da vivere a Parigi quando sei giovane, allora, dovunque andrai per il resto della tua vita, il ricordo di Parigi resta con te». A dirlo, in una delle sue opere, fu Ernest Hemingway, uno dei più grandi autori del Novecento, vissuto nella capitale francese per una serie di anni. Eppure, Zlatan Ibrahimovic deve pensarla in maniera differente: nonostante la residenza a Versailles, uno stipendio da 15 milioni di euro (ritenuto indecente persino dal Ministro del Bilancio francese) e la considerazione di un re. No, allo svedese tutto questo non basta. E così ripartono i famosi "mal di pancia": ricorrenti quanto le "cassanate", ogni tanto spunta la voglia del centravanti di cambiare qualcosa, di sparare a tutti i costi una sentenza.

Svezia-Inghilterra 4-2, ottobre 2012: Ibra ha appena segnato un gran gol.

Del resto, Zlatan Ibrahimovic è fatto così: prendere o lasciare. Non c'è modo di considerarlo in maniera neutra, perché lui è uno di quei personaggi che divide. Oltretutto, questa tendenza va acuendosi: partito da Milano in direzione Parigi, lo svedese non ha fatto altro che accentuare tutti i pregi ed i difetti che lo contraddistinguono. Capitolo pregi: parliamo di uno dei giocatori più forti del pianeta, sicuramente tra i primi 10. C'è chi lo paragona a Messi e Cristiano Ronaldo. Personalmente ritengo più decisivo qualcun'altro, specie in campo europeo, ma Ibra sta facendo progressi: all'Europeo ha fatto sfaceli, nell'ottobre scorso ha realizzato il gol più bello del 2012 e sta salendo di rendimento. Anzi, l'andare in Francia - abbassando quindi il livello della concorrenza - ha fatto emergere ancor di più le sue immense qualità: 31 gol e 9 assist in questa stagione, numeri impressionanti se consideriamo che siamo in marzo. Infine, lo svedese ha anche settato un nuovo record: a settembre, è diventato il primo giocatore a segnare con sei maglie diverse in Champions League (Juve, Inter, Milan, Ajax, Barcellona e PSG). C'è, quindi, di che andar fieri sotto il piano delle prestazioni.
Tuttavia, il personaggio impone che ci sia un rovescio della medaglia, altrimenti non sarebbe Zlatan Ibrahimovic. Infatti, così come le prestazioni si sono portate ad un livello forse mai visto prima, al tempo stesso le intemperanze stanno aumentando, nonostante i 31 anni d'età. In metà stagione ne abbiamo viste tante. Al suo arrivo a Parigi, non contento dell'ingaggio faraonico ed in barba al rispetto del gruppo, ha subito chiesto la 10; piccolo problema, Nené non voleva dargliela. Così, Ibra non ha fatto altro che fare pressioni, fino a prenderla quando il brasiliano - capocannoniere della scorsa Ligue 1 - si è trasferito in Arabia. A livello di comunicazione, lo svedese non si è fatto mancare nulla: desideri di trasferimento («mi piacerebbe giocare in Germania») e giudizi tanto sommari quanto istantanei («Balotelli? Lo vedrei bene al Barca. Un giocatore mediocre per una squadra mediocre»). Buttiamoci dentro anche le espulsioni ed i "fallacci", come quelli su Ruffier del Saint-Etienne e Lovren del Lione, costatogli in totale due giornate di squalifica e tante reprimende. Insomma, "classic Ibra".
Anche i nuovi compagni ci hanno pensato a confermare il profilo da Dr. Jekyll e Mr. Hyde: Lucas Moura, arrivato dal San Paolo a gennaio, ha commentato nei scorsi giorni come lo svedese sia un grandissimo giocatore, ma si arrabbi facilmente e si inalberi se non gli si passa la palla. Manie di grandezze, queste conosciute.

Ibra e lo scontro con Ruffier, portiere del St. Etienne: squalificato per 2 giornate.

Si arriva così all'ultima sparata: i sostenitori del PSG lo hanno fischiato ogni tanto, a causa delle difficoltà della super-compagine di casa nello sbloccare le partite. Ibra ha risposto sul campo, a suon di gol, ma non si è trattenuto: «Non c'era nulla prima di me». Parole che hanno letteralmente fatto "sbroccare" non solo i tifosi del PSG, ma anche alcuni esponenti del movimento calcistico transalpino come Roche e Guerin. Certo, i parigini sono tornati a livelli importanti in Europa, raggiungendo i quarti di Champions League dopo 18 anni; tuttavia, un giudizio del genere è ingeneroso da parte dello svedese: il PSG ha vinto solo due campionati, ma anche 13 coppe nazionali ed una Coppa delle Coppe. Non sembra un curriculum vuoto, piuttosto spoglio in tempi in cui Ibra non era neanche nato. Oltretutto, se il PSG è competitivo quest'anno, non è solo per l'acquisto del centravanti, ma anche perché il gruppo ha un anno di esperienza in più e non sta commettendo gli stessi errori dell'anno passato, quando finì con zero titoli ed Ancelotti riuscì nell'impresa - difficile, onestamente - di consegnare il titolo al miracolo Montpellier.
Ibrahimovic è un grandissimo giocatore, ma nessuno - neanche Pelé in persona - dovrebbe avere la facoltà di sparare a zero su tutto e tutti. Chiaro, i tifosi del PSG dovrebbero imparare l'arte della pazienza, ma lo svedese non ha rispettato certi equilibri. E chissà che a fine anno non riparta: non si sa dove possa andare, ma Parigi sembra stargli stretta, sopratutto dal punto di vista calcistico. Per lui - parafrasando la sigla del club - c'è una Parigi Senza Gloria; onestamente, anche le sue parole sembrano senza gloria; tuttavia, i quarti con il Barcellona in Champions dimostreranno dove può andare questa squadra. Ricconi poco vincenti fuori dai confini nazionali (stile Man City) o finalmente al centro dell'Europa? Ad Ibra l'ardua sentenza.

Zlatan Ibrahimovic, 31 anni: scontento, ma dominante in quel di Parigi.

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