30.12.17

ROAD TO JAPAN: Akito Fukumori (福森 晃斗)

Buongiorno a tutti e benvenuti all'ultimo numero di "Road To Japan" per il 2017, nonché all'ultimo pezzo di #ggtb per quest'anno solare. La rubrica che vuole farvi scoprire i più interessanti giocatori nipponici vi porta oggi a Sapporo, dove il Consadole ha guadagnato una meritata e solida riconferma in J1: merito (anche) di Akito Fukuomori.

SCHEDA
Nome e cognome: Akito Fukumori (福森 晃斗)
Data di nascita: 16 dicembre 1992 (età: 25 anni)
Altezza: 1.81 m
Ruolo: Centrale difensivo, terzino sinistro
Club: Consadole Sapporo (2015-?)



STORIA
Nato a Fujisawa (una delle città della prefettura di Kanagawa che costeggiano l'oceano), Akito Fukumori è cresciuto in quella municipalità, frequentando la Tokogakuen High School. Nel 2010 s mette in luce delle performance eccellenti a livello scolastico, di fatto trovando un sacco di offerte da club della J. League. Niente università, si va direttamente al professionismo.
La scelta ricade sul Kawasaki Frontale, club non troppo lontano da casa e ben inserito nella prima divisione giapponese. Il problema è che Fukumori - essendo un ragazzo ancora minorenne e da inserire nel professionismo - non trova troppo spazio, né sotto Naoki Soma, né con Yahiro Kazama: è una riserva a tutti gli effetti.
In quattro anni al Kawasaki, mette insieme appena 22 presenze, segnando una rete in J1 League contro lo Shimizu S-Pulse. Tuttavia, una serie di giocatori nella difesa a quattro - Komiyama, Noborizato, Tanaka, Taniguchi - sono davanti nelle gerarchie al Kawasaki. Così Fukumori decide di provare un'altra esperienza, anche in seconda divisione.
La scelta ricade su Sapporo, dove il Consadole non riesce a risalire in J1 e ha bisogno di rinforzi difensivi. Il tecnico croato Ivica Barbarić non esita a schierarlo, ma viene esonerato a luglio 2015: il suo sostituto è Shuhei Yomoda, all'epoca uno degli assistenti nello staff tecnico. In realtà, Yomoda rappresenterà un trampolino di lancio per il difensore.
Sempre titolare con il nuovo allenatore, Fukumori cresce a vista d'occhio nel 2016. Sviluppa un fondamentale all'epoca nascosto, quello del calcio piazzato: pur giocando da centrale sinistro nel 3-4-2-1/3-5-2/3-4-1-2 del Consadole, il numero 24 rossonero passa dai quattro gol e quattro assist dell'anno precedente ai tre gol e 11 assist nel 2016.
Non solo, perché Fukumori è uno dei pezzi fondamentali per la vittoria della J2 e il conseguente ritorno in prima divisione dopo cinque anni. Il difensore si conferma anche in J1 - quattro reti e cinque assist -, ma soprattutto supera il test del gap tra J2 e J1. Il Consadole si salva e lui ha deciso di rimanere, nonostante gli Urawa Reds si fossero fatti sotto per il suo cartellino.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Ciò che stupisce di più è la duttilità di Fukumori, seppur questa dote vada circoscritta. Ai tempi del Kawasaki Frontale, il ragazzo non trovava il giusto posto in campo, schiacciato tra la pletora di giocatori che lo precedevano nelle gerarchie, la giovane età e un modulo - il 4-4-2 - che non lo faceva rendere al meglio.
Passato al Consadole Sapporo, ha trovato un nuovo modo di giocare - la difesa a tre - e si è inserito perfettamente. Yomoda si è divertito a provarlo ovunque: seppur il suo ruolo principale sia sempre stato quello di centrale di sinistra nella difesa a tre, Fukumori ha giocato da mediano, da libero di difesa e da esterno su entrambe le fasce (soprattutto a sinistra).
A quest'evoluzione, va abbinata la dote incredibile sui calci piazzati (il suo idolo da piccolo era Roberto Carlos), con un piede mancino capace sia di segnare che di fornire assist. La manifestazione è arrivata quest'anno in una gara sul campo dell'Omiya Ardija, dove Fukumori ha trascinato la squadra dallo 0-2 al 2-2 con due punizioni magistrali.
Cosa c'è da migliorare? Due cose di sicuro. La prima riguarda il lato fisico, dato che Fukumori sembra piuttosto leggero. La seconda è una sfumatura tattica: il ragazzo è un giocatore di sistema? Riuscirebbe a ripetere questo rendimento fuori dalla difesa a tre o avrebbe le stesse difficoltà viste al Kawasaki?

STATISTICHE
2011 - Kawasaki Frontale: 3 presenze, 0 reti
2012 - Kawasaki Frontale: 3 presenze, 0 reti
2013 - Kawasaki Frontale: 10 presenze, 0 reti
2014 - Kawasaki Frontale: 6 presenze, 1 rete
2015 -  Consadole Sapporo*: 41 presenze, 4 reti
2016 - → Consadole Sapporo*: 40 presenze, 3 reti
2017 - Consadole Sapporo: 37 presenze, 4 reti
* = in J2 League

NAZIONALE
Un peccato che l'EAFF E-1 Championship sia volato via senza la sua convocazione. A sinistra Kurumaya era una scelta sicura, ma si sperava ci potesse esser spazio anche per lui. La nazionale credo rimanga un sogno per Fukumori, che speriamo di vedere ricompensato almeno con una presenza nella sua carriera.

LA SQUADRA PER LUI
La prossima stagione sarà cruciale per Fukumori: ha giocato alla grande in J1 e con l'arrivo di Mihailo Petrović al Consadole le cose (probabilmente) non cambieranno. Si dovrebbe rimanere sulla difesa a tre e Fukumori avrà la possibilità di confermarsi: se ciò avvenisse, le porte per l'Europa potrebbero aprirsi per lui.

20.12.17

CHASING HISTORY: 5 momenti che hanno segnato il 2017

La conclusione del 2017 si sta avvicinando e allora è giusto riguardare alcuni momenti di quest'annata così ricca di eventi, sorprese e fermi immagini da ricordare. Dopo aver sperimentato questo format già nel 2016, #ChasingHistory is here!

Golden moment: ciao, Confederations Cup
Come detto anche in un articolo di giugno scorso, la Confederations Cup del 2017 potrebbe esser stata l'ultima. La Fifa e le mire egocentriche dell'Uefa - forse insoddisfatta dall'importanza massima che già riveste nello scenario mondiale - potrebbe optare per la cancellazione della competizione per far spazio a torneo-marchettone da 24 club che sarebbe il nuovo Mondiale per club. Auguri.

L'ultima finale? Se così fosse, l'ha vinta la Germania 1-0 contro il Cile.

A man to remember: Raymond Kopa
Quest'anno se n'è andato Raymond Kopa, uno degli ultimi protagonisti ancora in vita di quel Real Madrid che dominò la Coppa Campioni degli anni '50. Francese di origini polacche, Kopa ha giocato solo tre anni in Spagna, ma ha lasciato un discreto segno nella capitale iberica: sarebbe stato destinato alle miniere di carbone (dove ha anche perso un dito), ma il calcio l'ha riscattato.
Paradossalmente, nonostante abbia vinto due titoli in Liga e tre Coppe dei Campioni a Madrid, le squadre della sua vita sono state altre. Da una parte l'Angers, nel quale ha iniziato a giocare e che gli ha dedicato lo stadio; dall'altra il Reims, per cui ha giocato ben 13 anni e dove ha vinto quattro campionati francesi. Pallone d'Oro del 1958, sarà ricordato a dovere.



La partita dell'anno: Olanda-Danimarca 4-2
L'Europeo femminile è passato sotto silenzio, nonostante l'Italia ci fosse e il torneo abbia segnato qualche novità importante. C'è stato l'esordio alla fase finale di ben cinque nazionali, ma soprattutto è caduta la Germania, che ha trionfato nel torneo continentale dal 1995 al 2013, vincendo sei edizioni e anche i Mondiali del 2003 e del 2007.
E mentre l'Italia usciva in un girone con Germania, Svezia e Russia, le quattro semifinaliste vedevano in corsa per il titolo tutte nazionali mai vincitrici del torneo. Alla fine la sorpresa Danimarca si è dovuta inchinare in finale all'Olanda padrone di casa: 4-2 in favore delle Oranje, con Lieke Mertens sugli scudi (MVP, miglior giocatrice per l'Uefa e per la Fifa).



5. La favola europea dell'Östersunds FK
Nato il 31 ottobre 1996 (qualche giorno dopo che Arsene Wenger - prossimo avversario in Europa League con l'Arsenal - si era insediato alla guida dei Gunners), la storia dell'Östersunds è una follia. Il club è stato pensato dopo la fusione di diverse realtà locali (ben cinque dal '96 al 2000), in una città che viene denominata "Winter City" per quanto fa freddo.
L'Östersunds avrebbe voluto stare stabilmente nelle prime due divisioni svedesi, ma fino al 2013 militava ancora in terza categoria. Tutto questo fino all'arrivo di Graham Potter, ex giocatore nelle serie minori inglesi e al suo primo incarico da head coach: l'inglese prende il club e lo porta dalla quarta divisione nel 2011 alla promozione in Allsvenskan nel 2015.
L'Östersunds, però, non si è fermato lì: dopo il debutto (ottavi alla prima stagione), il club è comunque riuscito a portarsi a casa la Svenska Cupen, sconfiggendo in finale per 4-1 un gigante storico come l'IFK Norrköping. In Europa League, la sorpresa è andata avanti: il club svedese ha passato il turno, sconfiggendo persino l'Hertha Berlino.

Dalla terza divisione svedese all'Europa League.

4. Camerun campione (ma niente Mondiale)
Dopo due presenze di fila (per altro ingloriose, con due brutte uscite ai giorni), il Camerun non ci sarà a Russia 2018. Tuttavia, i Leoni Indomabili si sono potuti consolare con il quinto titolo continentale, festeggiato a sorpresa su un Egitto solido, ma evidentemente battibile nell'appendice finale di Libreville, chiusa in rimonta per 2-1.
Dopo il capolavoro di Hugo Broos, il Camerun dovrà ripartire da altro. La nuova generazione è sembrata promettente, ma non abbastanza quanto la precedente. Toccherà ai vari Onana, Ondoa, Tolo, Anguissa e Bassogog tirare fuori una squadra finita parecchio lontana dalla Nigeria nel gruppo di qualificazione a Russia 2018.

Con Eto'o non si è vinto per tanto tempo, ma è bastata una zampata artistica di Aboubakar per rimontare e chiudere la finale contro l'Egitto.

3. L'epopea dell'Olympique Lyonnais Féminin
C'era una volta l'Olympique Lione che dominava la Ligue 1 e la Francia intera, arrivando persino in semifinale di Champions League nel 2010. Quell'epopea è finita, ma non vuol dire che la dinastia vincente si sia conclusa. Ha solo cambiato abiti, visto che la squadra femminile dell'OL ha un ruolino di marcia che fa spavento solo a vederlo.
L'Olympique Lyonnais Féminin è campione di Francia da 11 stagioni consecutive, così come vince la coppa nazionale da sei annate di fila. Il PSG femminile non riesce nemmeno lontanamente ad avvicinarsi, sebbene abbia sfiorato la vendetta nell'ultima finale di Champions League femminile: ha rivinto l'OL, con il quarto trofeo nella competizione europea.

Con gol del portiere nella lotteria dei rigori. Beffa su beffa.

2. Ma non si annoiano al Real Madrid?
La risposta è no. Zinedine Zidane e i suoi ragazzi hanno vinto un'altra Champions League, un'altra Supercoppa Europea e un altro Mondiale per club. Abbiamo di fronte una macchina forse noiosa, ma perfettamente solida e che il tecnico francese guida con una sagacia vista raramente negli ultimi anni. Il Real Madrid sembra anni luce lontano dal resto del mondo e il merito è meno di Cristiano Ronaldo e più degli altri.

Un peccato che Luka Modric non sia stato seriamente considerato per il Pallone d'Oro di quest'anno.

1. Vacanze italiane (e americane)
Sembra strano a dirlo, ma non ci saranno né l'Italia né gli Stati Uniti al prossimo Mondiale. Tuttavia, bisogna fare due discorsi diversi.

Nonostante la carica di ottimismo e di convinzione storica di cui ci siamo riempiti (l'Italia che non va al Mondiale? Ma ti pare?), gli azzurri non ci saranno in Russia. E nonostante i tentativi di convincerci che non è corretto, è giusto così. I posti per l'Uefa sono pure troppi in una competizione a 32 squadre e noi eravamo destinati al secondo posto nel girone dalla pesante sconfitta di Madrid.
L'Italia ha fatto alcune scelte sbagliate: ha posticipato il rinnovamento (affidandosi ancora a certi giocatori che già a Euro 2016 avrebbero voluto salutare), ha scelto un ct integralista, ha una federazione che non è l'esempio che vorremmo vedere. Questi fattori - uniti alla tensione di una situazione insolita, il giocarsi l'accesso alla fase finale di un Mondiale - hanno prodotto il patatrack atteso.

Ma agli Stati Uniti è andata peggio. Cazzo, se è andata peggio. Pardon il linguaggio - non sono solito usare queste terminologie -, ma l'eliminazione degli States è una catastrofe rispetto a quella italiana. Se ho sempre pensato che ci fosse un 5-10% di non vedere l'Italia a Russia 2018, quella percentuale si riduceva allo 0,1% per gli USA.
Perché la zona Concacaf è un oligopolio, in cui il tandem USA-Messico se la canta e se la suona dagli anni '90 (guardate l'albo d'oro della Gold Cup). Perché la Concacaf aveva tre posti e mezzo: a vederla nera, avrei visto gli Stati Uniti ai play-off. Invece l'ultima giornata - piena di risultati imprevedibili (ancor più della sconfitta Usa a Trinidad, quella del Messico in Honduras!) - ha regalato una tragedia nazionale.

Ci sarebbe anche Alexi Lalas, ma Taylor Twellman la riassume bene: «Non pareggi in casa di Trinidad & Tobago? Allora non meriti di andare al Mondiale».

16.12.17

UNDER THE SPOTLIGHT: Christian Cueva

Buongiorno a tutti e benvenuti all'ultimo numero del 2017 per "Under The Spotlight", la rubrica che cerca di scovare i talenti più interessanti in giro per il mondo. Oggi ci spostiamo in Brasile, dove il São Paulo FC può contare su un ex discontinuo, oggi decisivo per il suo Perù: Christian Cueva vuole prendersi tutto nel 2018.

SCHEDA
Nome e cognome: Christian Alberto Cueva Bravo
Data di nascita: 23 novembre 1991 (età: 26 anni)
Altezza: 1.69 m
Ruolo: Trequartista, ala
Club: São Paulo FC (2016-?)



STORIA
Nato a Trujillo, a due anni Cueva lascia la città trasferendosi per volere della famiglia a Huamachuco, un centro leggermente più interno. Da quelle parti il giovane impressiona i dirigenti dell'Universidad San Martín, club al quale si unisce sotto la guida di Víctor Rivera: con Los Albos, vince due campionati nazionali e gioca anche in Libertadores.
A metà del 2012, nonostante un buon rendimento, la società decide di cederlo per la sua indisciplina e Cueva passa per sei mesi all'Universidad César Vallejo. Un breve intermezzo prima dell'Unión Española, club cileno con il quale vince un titolo. Qualcuno in Europa comincia a interessarsi a lui e l'offerta giusta arriva dalla Liga.
Il Rayo Vallecano decide di prelevarlo in prestito, ma di fatto Cueva non trova posto nella gestione di Paco Jémez: anzi, le uniche soddisfazioni iberiche sono giocando per la squadra riserve, dov'è devastante (cinque reti in otto gare, seppur la B del Rayo militasse in Tercera División). Non c'è spazio per lui ed è meglio tornare in patria.
Ad accoglierlo è l'Alianza Lima, club all'epoca allenato da Guillermo Sanguinetti. Ed è incredibile come Cueva continui a mostrare un mix di talento e poca disciplina: è decisivo in alcune gare, ma viene sospeso per sei gare per rimostranze eccessive all'arbitro nella gara contro il Real Garcilaso. Ciò nonostante, la classe rimane.
Non è un caso che dopo la Copa América del 2015, i messicani del Toluca vogliano fortemente il giocatore: è solo l'anticamera del passaggio ai brasiliani del San Paolo, con i quali veste la prestigiosa "10", voluto da Edgardo Bauza. Cueva sta dimostrando tutto il suo valore, nonostante il rendimento del club negli ultimi due anni di Série A sia stato deficitario.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Se si osservano i principali higlights del ragazzo, parliamo di un trequartista rapido e sgusciante, proprio per questo capace di giocare da ala su entrambe le fasce (meglio se sull'out sinistro, in modo da rientrare e colpire con il suo destro). Un'esperienza già fatta in Messico, dove José Cardozo - tecnico del Toluca - preferiva schierarlo come esterno. 
Il suo dribbling e la sua capacità di scattare sul breve è utile per creare spazi, soprattutto nei punti più intasati del campo. Viene però da chiedersi se quest'entropia assoluta - utile in campionati come quelli sudamericani e come la Liga MX - possa esser limitante se spostata in un altro scenario calcistico, come quello europeo.

STATISTICHE
2008 - Universidad San Martín: 18 presenze, 2 reti
2009 - Universidad San Martín: 16 presenze, 3 reti
2010 - Universidad San Martín: 40 presenze, 6 reti
2011 - Universidad San Martín: 31 presenze, 4 reti
2012 - Universidad San Martín: 25 presenze, 5 reti / Universidad César Vallejo: 5 presenze, 0 reti
2013 - Unión Española: 16 presenze, 0 reti
2013/14 -  Rayo Vallecano: 2 presenze, 0 reti /  Rayo Vallecano B: 8 presenze, 5 reti
2014 - Alianza Lima: 15 presenze, 3 reti
2015 - Alianza Lima: 16 presenze, 6 reti
2015/16 - Toluca: 49 presenze, 6 reti
2016 - São Paulo FC: 26 presenze, 7 reti
2017 - São Paulo FC: 43 presenze, 9 reti

NAZIONALE
Strano a dirsi, ma Cueva non ha avuto questo gran passato nelle giovanili del Perù, visto che è emerso avendo già sulle spalle 19-20 anni. Appena quattro gare con l'U-20 nel Sub-20 del 2011 e poi l'esordio con la nazionale maggiore nello stesso anno, giocando poco più di un'ora nell'amichevole del giugno 2011 contro il Giappone.
Se due uruguayani l'hanno fatto esordire in U-20 e poi in nazionale maggiore - ovvero Gustavo Ferrín (non solo: ha allenato l'Uruguay U-20 al Sub-20 del 2005, lo stesso in cui c'erano Muslera, Godín e il Cebolla Rodriguez) e Sergio Markarián -, è stato poi Ricardo Gareca a render Cueva un pezzo fondamentale della sua nazionale. 
Il Perù ha collezionato alcune delusioni, ma da quando El Flaco è il titolare della panchina della nazionale maggiore, la Blanquirroja ha cominciato a volare: terza alla Copa América del 2015, qualificata al Mondiale di Russia 2018 e soprattutto capace di approfittare dei momenti giusti per prendersi risultati prestigiosi.
Proprio nella Copa América 2015, Cueva ha segnato il primo gol in nazionale contro il Brasile. Da lì, è stato poi inserito nella Top 11 del torneo e ha soprattutto cementato il suo status in nazionale: Gareca non ci ha più rinunciato: ben quattro gol e tre assist nelle eliminatorie al Mondiale 2018, raggiunto anche grazie al suo contributo.

LA SQUADRA PER LUI
Il Brasile ha visto partire diversi giocatori negli ultimi anni e non c'è dubbio che Cueva sia ora più maturo di quanto tentò l'avventura europea con il Rayo Vallecano. Il periodo trascorso tra San Paolo e la nazionale l'ha cambiato, Gareca ha plasmato un giocatore diverso: la Liga e la Ligue 1 sarebbero due ambienti curiosi di testarlo.

6.12.17

WITNESSING TO CHAMPIONS – 2017 Edition

Sta per finire un'altra annata: il 2017 si avvicina alla sua conclusione e siamo pronti per la consueta rubrica annuale: "Witnessing To Champions" si occupa di celebrare quei campioni che in quest'anno solare hanno chiuso la loro carriera, lasciandoci diverse testimonianze del loro talento e qualche rimpianto.

Ogni anno diciamo che è stato un anno di ritiri eccellenti, però in questo caso è proprio vero che si ha avuto una lista di personalità note nel calcio che hanno detto addio. Forse è stato persino difficile fare una cernita e dover scegliere cinque nomi: anzi, il formato "4+1" (quattro ritiri eccellenti più uno più curioso) è stato messo da parte proprio perché l'eccellenza del calcio si sta fermando o si è fermata in questo 2017.

Mentre attendiamo di capire di più sul destino di Kakà, salutiamo le performance del campo di Oleksandr Shovkovskiy, storico capitano della Dinamo Kiev e portiere dell'Ucraina in più occasioni (saluta a 41 anni: si è ritirato a metà della stagione 2016-17), e Dirk Kuyt, che meriterebbe di esser in questa lista, ma del quale ho parlato ampiamente già quando tornò al Feyenoord, diventando poi decisivo nella conquista del titolo a maggio.

Quindi proseguiamo con la lista dei cinque ritiri eccellenti del 2017.
  • Philipp Lahm (difensore, 11 novembre 1983) ha deciso di lasciare il Bayern Monaco alla fine del 2016-17. Ha vestito anche la maglia dello Stoccarda per un biennio e ha dedicato poco più di due decadi al Bayern. Ha anche vinto il Mondiale 2014, ritirandosi il giorno dopo.

Il Bayern era pronto a dare a un suo pezzo di storia un posto nel club: è successo per Rummenigge, così come per Hoeneß. Figuriamoci se non ci fosse un posto per Philipp Lahm, eppure lui ha detto no al ruolo di d.s. e in generale a un inquadramento nel Bayern: «Voglio staccare la spina e ricaricare le batterie. Dopo mi occuperò sicuramente di temi dell'imprenditoria e voglio farmi coinvolgere maggiormente».
Il ricordo che ci rimarrà di Lahm (ne ho parlato già qui, quando si ritirò dalla nazionale) è quello di un essere umano diverso, di un giocatore iper-lodato da Pep Guardiola, di un terzino che ha imparato a fare il regista davanti alla difesa scavallati i 30. Di un capitano che ha alzato una Champions League e una Coppa del Mondo, di fatto essendo il protagonista, ma in silenzio. Non è da tutti.

  • Francesco Totti (attaccante, 27 settembre 1976) ha giocato per tutta la carriera con la Roma. Ha esordito nel marzo del '93, giocando poi i minuti finali di Roma-Genoa 3-2 nel maggio scorso. Il suo addio ha fermato un'intera città; la sua storia con la nazionale è stata breve ('98-2006), ma ha portato un titolo Mondiale.

Francesco Totti è stato tra i talenti più puri avuti dall'Italia nel dopo-guerra. Un fatto incontestabile, comunque vogliate inquadrare un personaggio fedele più alla sua città che al suo talento. Quest'ultimo gli avrebbe permesso di andare ovunque - Chelsea e Real Madrid sono state due possibilità serie, così come la Samp negli anni '90 -, ma lui ha scelto di rimanere a Roma.
Non devo certo lodare io il talento di Totti, né ricordare come la sua bacheca - fatta di uno scudetto, due Supercoppe Italiane e altrettante Coppe Italia, nonché del Mondiale 2006 - sarebbe potuta esser più piena. E se invece fosse stata la paura a trattenere Totti a Roma? 
L'ha detto anche nel suo addio: «Mi levo la maglia per l’ultima volta. La piego per bene, anche se non sono pronto a dire basta e forse non lo sarò mai. Scusatemi se in questo periodo non ho rilasciato interviste e chiarito i miei pensieri, ma spegnere la luce non è facile. Adesso ho paura». E se la paura non gli avesse dato la forza per lasciare l'ambiente tranquillo, quello in cui nessuno l'avrebbe sfidato veramente? Non lo sapremo mai.

  • Xabier "Xabi" Alonso Olano (regista, 25 novembre 1981) ha vestito le maglie di Real Sociedad, Eibar (in prestito), Liverpool, Real Madrid e infine Bayern Monaco. La sua bacheca è enorme e variopinta: ha alzato due Champions League, ha vinto tutto con la Spagna della generazione d'oro e di fatto ha insegnato calcio in tre paesi diversi.

Calciatore più cool del pianeta fino al suo ritiro, Xabi Alonso ha la mentalità di cui potrebbe aver successo anche fuori dal campo e dal calcio in generale. Non mi stupirei di vederlo in panchina o - meglio ancora - in un ruolo stile Bierhoff per la Spagna. Gli iberici avrebbero bisogno di un cervello superiore come quello di Xabi Alonso.
Intanto, le sue priorità sono sembrate chiare, anche se la nostalgia è inevitabilmente parte del processo d'addio: «Mi mancherà giocare, perché è una parte importante della mia vita. Non sarà facile riempire quel gap, ma la vita va avanti. Ci saranno nuove sfide per me e ci voglio provare». Come la sua mente quando giocava e impostava tracciati sul terreno di gioco.

  • Frank James Lampard (centrocampista, 20 giugno 1978) si è ritirato dopo una bella esperienza in Major Soccer League con il New York City FC. Ha vestito le maglie di West Ham United, Swansea City (in prestito), Chelsea e Manchester City. Gli rimane qualche rimpianto con la nazionale inglese, con la quale ha giocato 106 gare e segnato 29 gol.

Se Steven Gerrard è il suo contro-canto, anche Frank Lampard a modo suo ha segnato il modo di fare il centrocampista box-to-box. I suoi inizi al Chelsea non suggerivano tale esplosione, ma Claudio Ranieri - all'epoca allenatore dei Blues - l'ha fatto emergere negli inizi dell'era Abramovich, di fatto regalandogli una carriera stellare.
Il resto (e non è cosa da poco) ce l'ha messo Frankie, capace di segnare ben 312 gol in carriera, di diventare un riferimento per il calcio inglese e persino trovarsi in mano una Champions League, un trofeo che sembrava diventato impossibile da vincere a un certo punto per il Chelsea. Con l'Inghilterra forse sognava altre imprese, ma non è andata altrettanto bene.

  • Maxwell Scherrer Cabelino Andrade (terzino sinistro, 27 agosto 1981) ha giocato per alcuni dei maggiori club europei: un anno di Cruzeiro, poi Ajax, uno strano passaggio all'Empoli, Inter, Barcellona e Paris Saint-Germain. Solo 10 presenze con il Brasile, eppure...

Vi sfido a trovare una bacheca più piena della sua: oltre alla bontà del giocatore, l'inserimento in questa eccellente cinquina sta proprio in questo dato. Ben 33 allori in cinque paesi diversi, il terzino ha vinto molto più di tanti suoi famosi connazionali. Al tempo stesso, ha creato una sorta di bromance con Zlatan Ibrahimovic, visto che ha giocato con lui in quattro squadre diverse. Oggi riparte da un ruolo da assistente d.s. al Paris Saint-Germain, ma al momento del ritiro era il giocatore più titolato in Europa.