André Villas-Boas nasce a Oporto il 17 Ottobre 1977 ed il suo amore per il calcio è dimostrato da un semplice aneddoto, che rappresenterà anche una sorta di battesimo per la sua futura carriera professionale. Il giovane André, a 16 anni, ha la fortuna di vivere nello stesso palazzo di Sir Bobby Robson, famoso allenatore inglese, allora tecnico della squadra cittadina. Villas-Boas incrocia Robson e fa alcune osservazioni al tecnico sul ruolo di Rui Barros in campo; Robson ne rimane colpito e decide che André farà parte del suo staff di osservatori al Porto. Non solo: il giovane portoghese parla molto bene l'inglese fin da bambino e ciò gli permette di frequentare i corsi dell'UEFA per prendere il patentino da allenatore, mentre Robson lo manda anche a studiare i metodi di allenamento di una sua ex-squadra, l'Ipswich Town.
A 21 anni, Villas-Boas ha la sua prima panchina: il portoghese viene chiamato ad allenare la nazionale delle Isole Vergini Britanniche, squadra centro-americana. Il "bambino prodigio della panchina" rimane due anni nelle isole caraibiche, senza produrre grandi risultati. Si dimette nel 1999 e, in ogni caso, già questo rappresenta una qualche sorta di record per il calcio mondiale. Finita l'esperienza ai Caraibi, Villas-Boas entra a far parte dello staff di José Mourinho, nuovamente nella sua città natale. Quando poi lo Special One va prima a Londra (sponda Chelsea), poi a Milano (sponda Inter), André lo segue senza esitazione.
Un giovane André Villas-Boas con lo Special One ai tempi di Milano.
Le imprese di Villas-Boas non passano inosservate ed il Porto riaccoglie il "figliol prodigo", stavolta come tecnico della prima squadra. Il Porto viene da una stagione semi-deludente: ha vinto la Taca de Portugal, ma è giunto solo terzo in campionato, perdendo il diritto a qualificarsi per la Champions. In più, il Benfica ha vinto il campionato e la sconfitta anche in Taca de Liga - sempre per merito della squadra di Lisbona - è stata dura da digerire.
Villas-Boas diventa il tecnico del Porto nel Giugno del 2010 ed il mercato non è di quelli esaltanti: partono Bruno Alves e Raul Meireles, due colonne della squadra. Arrivano, invece, James Rodriguez, giovane talento colombiano; Joao Moutinho, grande playmaker del centrocampo; Nicolas Otamendi, centrale difensivo argentino, reduce da un buon Mondiale con la sua nazionale. Le condizioni non sembrano delle migliori, ma Villas-Boas è straordinario e tira fuori il meglio da ognuno dei componenti della squadra.
Il suo 4-3-3 offensivo è una macchina da guerra: già ad Agosto si nota che il Porto sembra notevolmente rafforzato, perlomeno nello spirito. Il club di Oporto vince la Supercoppa di Portogallo per 2-0 contro il Benfica ed in campionato parte a tutta. Un altro segnale arriva a Novembre, quando il Porto disintegra per 5-0 il Benfica nel match del Dragao: una superiorità così netta da mostrare che non c'è speranza per gli altri. E, intanto, in Europa League la squadra procede benissimo, superando il girone in maniera brillante.
La stagione sarà un trionfo continuo: il club vince la Taca de Portugal per 6-2 sul Vitoria Guimaraes; in Europa League fa fuori il Siviglia, lo Spartak Mosca ed il Villareal con caterve di gol. Il sigillo sulla vittoria del campionato portoghese arriva già ad Aprile, portando così Villas-Boas ad essere il terzo tecnico più giovane di sempre a vincere la liga lusitana. Il Porto conclude la stagione imbattuto (27 vittorie e 3 pareggi, è la seconda volta nella storia del calcio portoghese), vincendo di 20 punti sul Benfica e con soli 13 gol subiti. Infine, il ragazzo adocchiato da Sir Bobby Robson diventa il più giovane a vincere una competizione europea (a 33 anni e 213 giorni), dopo l'1-0 che consegna l'Europa League al Porto, nella finale di Dublino contro il Braga.
A quel punto, Villas-Boas potrebbe seguire le orme di Mourinho: rimanere un altro anno in Portogallo e tentare la scalata alla competizione massima, la Champions League. Del resto, il suo modulo di gioco è terribilmente efficace ed i giocatori a sua disposizione hanno avuto un'impennata di rendimento. Falcao e Hulk, in particolare, sembrano inarrestabili. Invece, Villas-Boas decide di lasciare la panchina dei "Dragoes", accettando l'offerta del Chelsea. Così farà anche Falcao, che si trasferirà all'Atletico Madrid. Il giocattolo si rompe e André decide di ricostruirlo all'estero, in un campionato totalmente diverso, che gli causerà più dolori che gioie. Guardando la scelta oggi, viene da dire che si poteva fare diversamente.
Villas-Boas festante a Dublino: il Porto ha appena vinto l'Europa League 2010/2011.
Il pre-campionato è di buon livello, ma non arriva nessun colpo di rilievo ad abbassare l'età media del Chelsea. Gli acquisti di Juan Mata e Raul Meireles, seppur buoni, non bastano certo per il gioco di Villas-Boas, che necessità di corridori e dribblatori in grandi quantità: materiale che, in quel di Londra, non vedono. Se a Porto c'erano Guarin, Hulk, Falcao, a Londra AVB ha a che fare con ottimi giocatori, ma non adatti al suo modulo di gioco. Ed i risultati si vedono subito: il Chelsea perde qualunque partita con le big. Manchester United, Arsenal, persino un derelitto Liverpool ha la meglio sui Blues.
Anche in Champions, la squadra di Londra fatica e si qualifica solo nell'ultimo turno del girone. Intanto, l'eliminazione dalla Carling Cup e le ruggini che si formano nel rapporto con i senatori dello spogliatoio mettono al muro Villas-Boas, che non sente più i suoi giocatori con sé. A Febbraio di quest'anno, l'idillio con Abramovich è già finito: la sconfitta a Napoli in Champions League prepara il terreno per la sua cacciata. Il gol di McAuley in West Bromwich Albion-Chelsea 1-0 mette la parola "fine" al rapporto tra il club di Londra ed il nuovo profeta del calcio europeo: Abramovich lo solleva dall'incarico e la sua avventura con il Chelsea termina qui. Un sodalizio chiaroscuro, in cui è mancata sia la pazienza della proprietà nell'accontentare Villas-Boas, sia la capacità e l'esperienza del tecnico nell'adattarsi ad un calcio molto diverso da quello che lui praticava in Portogallo.
Il tecnico portoghese teso sulla panchina del Chelsea: una scena comune nella sua avventura londinese.
La squadra che il tecnico portoghese ha in mano sembra decisamente più performante al suo modulo di gioco rispetto al Chelsea di un anno fa. Certo, l'allenatore lusitano ha perso Luka Modric, in procinto di prendere un aereo per Madrid e giocare nel Real agli ordini di Mourinho. Ma il resto della squadra sembra di alto livello.
Volendo ipotizzare una formazione stile Porto 2010/2011, AVB potrebbe giocare con Friedel tra i pali; Assou-Ekotto, Vertonghen, Caulker, Vertonghen e Kyle Walker in difesa; Sandro, Parker e Van der Vaart a centrocampo; Bale e Sigurdsson sulle fasce con Defoe al centro dell'attacco. Certo, bisognerebbe comprare un bel centravanti, visto il ritorno di Adebayor al Manchester City, ma non è detto che gli Hotspurs non si muovano in tal senso nei prossimi giorni di mercato. Tra l'altro, il manager portoghese si è detto fiducioso sui progressi della squadra nel pre-campionato.
Il Tottenham è tornato al top del calcio inglese grazie a Harry Redknapp, che ha riportato il club in Champions League dopo tanti anni. Ora tocca a Villas-Boas fare del suo meglio: quest'anno, la squadra londinese giocherà in Europa League, nonostante il quarto posto ottenuto l'anno scorso. Questo perché il Chelsea ha vinto la Champions con Di Matteo in panchina, all'epoca assistente di AVB nell'inizio della stagione passata. E, per questo, il Tottenham non ha potuto guadagnarsi l'accesso alla massima competizione europea. Corsi e ricorsi storici. Incroci di football che fanno anche male. Chissà che Villas-Boas non possa avere un'altra chance di stupirci.
Villas-Boas riparte dal Tottenham. Per stupire o per deludere?
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