2004: un Mou imbronciato bacia la Coppa dopo la vittoria del suo Porto.
Infine, nei capitoli pre-Madrid, l'ultimo è stato quello interista. Arrivato a Milano nel Giugno 2008, si presentò brillantemente, affermando che non era un "pirla". L'obiettivo era riconfermare quanto di buono aveva fatto Roberto Mancini da allenatore dell'Inter, che aveva vinto due campionati di seguito più uno sub-judice. Ma quello che in cui era mancato il tecnico di Jesi era l'impatto europeo: in Champions, l'Inter faticava ed era reduce da due eliminazioni agli ottavi con Valencia e Liverpool. Quindi, la missione dello Special One era quella di rendere l'Inter brillante come lo era in campionato. Al portoghese ci sono voluti due anni, ma nessuno fa miracoli al primo tentativo: dopo un'eliminazione contro il Manchester United di Sir Alex Ferguson al suo primo anno nerazzurro, la stagione successiva è quella buona per José Mourinho. L'Inter, inserita in un girone di ferro, rischia di capitolare nel freddo di Kiev, salvo rimontare e poi vincere tre partite che gli consentono di proseguire nel cammino. La squadra neroazzurra dimostra di aver compreso i dettami di gioco del suo allenatore: compagine corta, arcigna, precisa e tosta dal punto difensivo. Poi si riparte in contropiede con i fenomeni che ci sono in campo.
La svolta arriva con il Chelsea: tutti vedono l'Inter già a casa, come sempre è accaduto in Europa quando arrivava l'ostacolo "di peso" per i milanesi. Ma l'Inter vince andata e ritorno, dimostrandosi sempre più cosciente della propria forza. Superato anche il CSKA ai quarti con un'altra doppia vittoria, c'è di nuovo il Barcellona sulla strada di Mou, che l'aveva incrociato già da allenatore nel Chelsea, quando i Blues furono eliminati agli ottavi dalla squadra che poi si sarebbe laureata campione d'Europa nel 2005/2006. L'Inter mette in gioco i tre pezzi fondamentali dell'identità calcistica dello Special One: cattiveria agonistica, organizzazione perfetta in campo ed un po' di fortuna che non guasta mai (vedi gol mancato di Bojan del 2-0 al Camp Nou). Così, l'Inter arriva in finale. Il resto è storia: il principe Milito annienta i tedeschi con una doppietta e si torna a festeggiare una Champions League dopo più di quarant'anni, quando il presidente era Angelo Moratti, padre di Massimo e della "grande Inter" che impressionò l'Europa e l'Italia negli anni '60, sotto la guida di Helenio Herrera, "il Mago".
2010: un Mou felice alza la Coppa insieme ai giocatori dell'Inter a Madrid.
Del resto, Mou è l'uomo delle imprese impossibili. Anzi, ne ha bisogno. Ha bisogno di stimoli grandi per realizzare le migliori imprese. E sa che, all'Inter, non potrà regalare più di quanto ha già dato. Così, il portoghese accetta un'altra sfida impossibile: quella del Real Madrid. Difatti, i blancos sono ormai fermi a nove Champions League dal 2002, quando in campo c'erano Figo, Zidane, Raul e Roberto Carlos e in panchina c'era quel vecchio volpone di Vicente Del Bosque, ora asso pigliatutto della nazionale spagnola. Dopo quel trionfo, il Real si è fermato: semifinali nel 2003, quarti di finale nel 2004, eliminazione agli ottavi dal 2005 al 2010, senza esclusione di colpi. L'obiettivo diventa migliorare decisamente questo ruolino di marcia europeo e tornare a vincere quella che sarebbe "la decima".
Intanto, la squadra della capitale spagnola è tornata in mano a Florentino Perez (tanto per intenderci, quello dell'epoca dei Galacticos), che non ha intenzione di badare a spese. Nell'estate 2009 ha fatto arrivare a Madrid sia Cristiano Ronaldo che Kakà, oltre a Raul Albiol, Benzema e Xabi Alonso. Ma al Real non basta e ha bisogno di una sorta di armata per rispondere al Barca, che l'anno precedente ha portato a termine la conquista di sei titoli, tra competizioni nazionali ed internazionali. Così Perez non si trattiene neanche nell'estate successiva, quando regala a Mourinho Ozil, Khedira, Di Maria, Ricardo Carvalho e Canales. L'armata, adesso, c'è e pure il condottiero. Purtroppo per Mou, le batoste arrivano sempre al primo anno.
Difatti, nella stagione 2010/2011, l'unica consolazione arriva dalla vittoria in finale di Copa del Rey, proprio contro i rivali del Barca, grazie ad un gol di Cristiano Ronaldo ai supplementari. Per il resto, i blaugrana "matano" Mou come nessuno aveva mai fatto. Che sia il 5-0 nel Clasico del Novembre 2010 al Camp Nou o la semifinale d'andata di Champions dell'Aprile 2011, poco importa. Mourinho le prende da Guardiola e dal Barca come nessuno mai gliel'aveva date. Insomma, una sorta di umiliazione per un grande come lui, che quell'anno perde anche il record di imbattibilità casalinga che gli durava da quando allenava il Porto.
E allora Mou riparte. Senza fermarsi e con più cattiveria di prima. Del resto, nel secondo anno, le sue squadre dimostrano di aver capito maggiormente gli automatismi di gioco. E gli acquisti sono meno costosi e più mirati: al Real arrivano Sahin dal Dortmund (anche se giocherà pochissimo), i giovani Varane e Callejon, l'esperto Altintop e sopratutto Fabio Coentrao, comprato a peso d'oro dal Benfica. La struttura base della squadra c'è già, non può essere migliorata di molto e Mou lo sa. Il lavoro del tecnico portoghese porta i suoi frutti ed il Barca non è più imbattibile: persa la Supercoppa di Spagna proprio contro i blaugrana, il Real comincia a macinare. In Champions non si ferma, mentre in campionato perde il Clasico in casa, ma perlomeno sfrutta i momenti bui del Barcellona.
Il passo decisivo per la conquista della Liga arriva ad Aprile, nel Clasico di ritorno, quando Mou sbanca di nuovo Barcellona con un gol di Cristiano Ronaldo: 2-1 ed il campionato è in mano al Real. Ma l'attenzione del portoghese è tutta sulla Champions, dove il Real sembra più che mai vicino alla conquista della decima. Dopo aver triturato sia il CSKA che la sorpresa Apoel, i blancos sono attesi dalla semifinale contro un Bayern convincente. Ma la prospettiva di sfidare Messi e compagni in un'eventuale finale a Monaco di Baviera è troppo invitante, Mou sogna di scrivere il suo nome nella storia. Battere il Barcellona in finale di Champions e - contemporaneamente - vincere la terza Champions con una terza squadra, come nessuno c'era mai riuscito. Scappa anche un sorriso quando il Chelsea fa fuori, a sorpresa, il Barca.
Ma Mou non sa cosa l'aspetta. Dopo la sconfitta per 2-1 dell'andata, il Real ha il match-point per la finale al Bernabeu. Una doppietta di Cristiano Ronaldo mette i giochi in discesa, eppure qualcosa va storto, come accade spesso al Real negli ultimi anni: Gomez cade in area ed è calcio di rigore, che Robben trasforma. 2-1 e pari nel conteggio dei gol. Da lì, è una battaglia più di nervi che di tecnica, in cui il Real del portoghese dovrebbe sguazzare che è una meraviglia. E, invece, i madrileni sono bloccati, non riescono a fare il gol che chiuderebbe la contesa. Anzi, è il Bayern a rendersi più pericoloso e a portare la gara ai calci di rigore. La pressione di un intero stadio a favore fa più male al Real che ai tedeschi. Neuer è un gatto ed ipnotizza sia CR7 che Kakà. E gli errori di Kroos e Lahm non bastano, se Sergio Ramos spedisce il pallone al Vicente Calderon. Il gol di Schweinsteiger chiude la contesta e Mou rimane con il cerino il mano per un altro anno, nonostante il Barcellona fuori dai giochi.
2012: un Mou sconsolato dopo i rigori che eliminano il Real dalla Champions.
José Mourinho, 49 anni, pochi giorni fa durante la prima di campionato contro il Valencia.
Nessun commento:
Posta un commento