Lo sconosciuto Zeman guida il Foggia a tre stagioni consecutive in Serie A.
Difficile restare indifferenti a quel fare da uomo che ne ha viste troppe dalla vita, che ha detto cose forti anche quando nessuno ne parlava; un tecnico che predilige la bellezza al risultato, il divertimento alla concretezza, lo sfarzo alla praticità. Zdenek Zeman, 65enne di Praga, si è fatto conoscere con il "Foggia dei miracoli", quando la squadra pugliese fece grandi cose in Serie A all'inizio degli anni '90. Il suo 4-3-3, fatto di verticalizzazioni ed inserimenti, fece impazzire molte difese della massima lega italiana ed i pugliesi sforarono la qualificazione in Europa per ben due stagioni. Dopo la Puglia, Zeman arrivò a Roma, dove rimase per cinque anni: bene alla Lazio, benissimo alla Roma, rimanendo nel cuore sopratutto dei tifosi giallorossi, sebbene avesse ottenuto un secondo posto con la Lazio. Poi la girandola di luoghi (Turchia, Napoli, Salerno ed Avellino), fino ad arrivare alla resurrezione con il Lecce: i salentini, nel 2004/2005, stabilirono un primato più che unico, diventando la prima squadra con la peggior difesa della Serie A a non retrocedere. Da lì, le esperienze con il Brescia ed in Serbia non hanno portato bene, ma Zeman ha avuto modo di rilanciarsi a Foggia, in Lega Pro. Il resto è storia più recente: il Pescara lo sceglie come allenatore ed il boemo ripaga gli abruzzesi con una stagione indimenticabile, chisusasi con la vittoria della Serie B. Io stesso mi sono ritrovato ad elogiare l'annata di Zeman, pur sapendo come quel giocattolo potesse funzionare con tutti gli interpreti allo stesso posto. Sappiamo poi come è andata: il Pescara perde rapidamente Immobile ed Insigne, vende Verratti al Paris Saint-Germain e Zeman di guidare la Roma nella stagione successiva, che lui stesso definì all'epoca "l'ultima occasione della mia vita a grandi livelli". A posteriori, è facile dire che sia il Pescara che Zeman ci hanno rimesso: tuttavia, l'entusiasmo è stato giustificato, visto l'amore dei tifosi romanisti per il boemo. La Roma ha disputato sinora una stagione discontinua più che brutta. Ci sono state giornate straordinarie (le vittorie contro Inter, Milan e Fiorentina), altre invece sono state disastrose (sconfitte con Juventus, Bologna o nel derby), ma tutto sommato la zona europea è a sei punti, mentre i giallorossi hanno anche la possibilità di arrivare in finale di Coppa Italia. Insomma, la stagione non è ancora da buttare; tuttavia, la dirigenza ha ritenuto che ci volesse una scossa ed è sicuramente più facile cambiare l'allenatore in corsa che calciatori o dirigenti. E' una legge del calcio: i cocci si rompono insieme, ma a pagare è il tecnico; a Roma, non c'è stata l'eccezione a tale massima, compromettendo così un'altra stagione, dopo le confusioni sulla gestione tecnica già evidenziate con Luis Enrique.
Pescara e Zeman: è stato un amore profondo, finito con la promozione in A.
Già, perché anche con l'asturiano si sono commessi diversi errori, dovuti sostanzialmente alla fretta, che regna sovrana in piazze come quelle di Roma. Ci sono casi in cui la pazienza è anche troppa (Ferrara e la Samp sono un esempio d'obbligo), ma ci sono anche esperienze problematiche come quelle di Zeman con la Roma. Anzitutto, dopo la poca pazienza dimostrata l'anno scorso con il "progetto" di Luis Enrique, si è fatta la stessa cosa quest'anno: l'ex Barca andava probabilmente tenuto un altro anno, invece ci si è lasciati trascinare dall'ipotesi di un Zeman di ritorno. Tuttavia, questa non ha fruttato come sperato per tanti motivi, di cui uno viene subito alla mente: il boemo non è mai arrivato a certi livelli del calcio. E questo non (solo) perché è stato osteggiato spesso da coloro che comandavano questo mondo, ma anche perché "Sdengo" ha portato avanti un modello di calcio che non può far vincere la Serie A o la Champions League. Non è un caso se Zeman ha lasciato i migliori ricordi in provincia, dove aveva società che lo seguivano in tutto e per tutto e giocatori che pendevano dalle sue labbra. Si può parlare del Foggia degli anni '90, ma anche del Lecce di Vucinic e Ledesma, dove la squadra si salvò per un nulla, ma fornì un livello di piacere assoluto. Infine, l'esperienza di Pescara dell'anno passato: perché gli abruzzesi hanno raggiunto un risultato così straordinario? Proprio per i motivi che citavo sopra: giocatori giovani, ma volenterosi e disponibili ad assorbire il volere del tecnico; società che lo ha cercato e poi gli ha dato carta bianca; pubblico innamorato. Se ci aggiungiamo un livello di gioco (la Serie B) in cui Zeman sguazza serenamente, ecco che il risultato è ottenibile; ben più difficile è replicare questo modello ai piani alti, dove ci vuole anche altro, come la cattiveria agonistica di Conte o la pragmaticità di Mazzarri. Doti che il boemo non ha mai avuto e che non avrà mai: ma in fondo lo si è amato proprio per questo. Come diceva Venditti in una sua canzone: "Perché non cambi mai.."; il problema è che i dirigenti della Roma non hanno mai messo in conto questo problema e adesso scaricano sul tecnico tutte le colpe di una gestione globale altamente sbagliata. Paga Zeman, ma chissà che non paghi qualcun altro a fine anno; intanto, per il boemo è "game over". Le occasioni ad alto livello sono finite, ma spero di rivederlo altrove. Del resto, come ha detto anche lui dopo l'esonero, gli dovranno sparare per farlo smettere di allenare.
E' finita l'avventura di Zdenek Zeman, 65 anni, alla guida della Roma.
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