Roberto Firmino, 23 anni, stella indiscussa dell'Hoffenheim.
La storia dell'Hoffenheim in Bundesliga non è di lunga data. Basti pensare che il club militava in ottava divisione (!) all'inizio degli anni '90 e poi è risalito fino alla quinta categoria nel 2000. Insomma, la strada è stata lunga, ma l'ascesa dell'Hoffenheim non si è fermata lì: due promozioni in due anni e raggiungimento della 3. Liga. Lì il club ha maturato ulteriore esperienza e sopratutto ha cominciato a metter giù numerosi investimenti per migliorare ulteriormente. Nell'estate 2006 sono arrivati numerosi personaggi per alzare il livello dello staff e della squadra.
Tra questi, l'uomo fondamentale è stato Ralf Ragnick. Per l'ex manager dell'Ulm dei miracoli contratto quinquennale e progetto a lungo termine. Subito è arrivata la promozione in 2. Bundesliga e nel 2007-08 il club ha giocato la prima stagione nel calcio professionistico. Ma la permanenza in cadetteria è durata poco, visto il secondo posto e la conseguente scalata alla Bundesliga. Una serie di miracoli che non si è fermata lì. Dopo il girone d'andata, l'Hoffenheim se la giocava con il Bayern Monaco per il titolo. Il tutto grazie a una squadra equilibrata, un ottimo allenatore e a un bomber - Vedad Ibišević - che ha avuto la miglior forma in quei giorni.
Il miracolo è stato costruito grazie ai soldi di Dietmar Hopp. Magnate dei software, ha fondato la SAP SE nel 1972 con alcuni ex dipendenti dell'IBM. Un'azienda che fattura miliardi di euro e che ne ha fruttati ben quattro a Hopp. Il quale, con i suoi soldi, ha aiutato l'Hoffenheim a risalire. Non solo: Hopp ha finanziato con 100 milioni di euro la costruzione della Rhein-Neckar-Arena: 30mila posti a sedere, un bell'impianto per chi fino a un decennio fa non esisteva sulla mappa del calcio tedesco. Prima il club giocava al Dietmar-Hopp-Stadium, appena 6000 posti. La strategia di Hopp (soldi a palate) è stata criticata spesso perché fondata unicamente sul forte supporto finanziario. Ricorda molto quella che sta portando avanti il Red Bull di Lipsia (di cui ho parlato qui).
Intanto, però, l'Hoffenheim è sopravvissuto bene: un settimo posto all'esordio e poi tre undicesimi posti. Poi la crisi del 2012-13 e il momento spartiacque della stagione. Tra novembre e marzo di quell'annata, l'Hoffenheim ha perso undici delle tredici partite giocate in Bundesliga, facendo appena quattro punti. La retrocessione sembrava scritta, nonostante il triplo cambio di tecnico. La ruota poi ha girato: dodici punti in otto gare e la partita decisiva al Westfalen Stadion contro il Borussia Dortmund di Klopp, che attendeva la finale di Champions League. All'Hoffenheim serve una vittoria per sperare di salvarsi.
Quel giorno arriva però lo svantaggio nel primo tempo, grazie alla rete immediata di Lewandowski. Poi nel secondo tempo tutto si capovolge: prima follia di Hummels su Volland, poi fallo di Weidenfeller su Schipplock. In entrambi i casi, è rigore: l'eroe di giornata è Sejad Salihović, che trasforma entrambi i penalty e regala un insperato play-out all'Hoffenheim. Nella doppia sfida contro il Kaiserslautern, finisce con un 5-2 complessivo per i Blau-weiß e il club mantiene il suo posto in Bundesliga. Il 2013-14 è stato molto più tranquillo, ma l'Hoffenheim ha ricordato una squadra di Zeman: 72 gol fatti (dietro solo a Bayern e BVB), 70 subiti (peggio solo l'Amburgo) e nono posto finale. Quest'anno, invece, le cose vanno alla grande: il club biancoblu è secondo insieme a Wolfsburg e Borussia Mönchengladbach. E alla prossima l'Hoffenheim sfiderà proprio gli uomini di Lucien Favre, per un match d'alta classifica.
Tra questi, l'uomo fondamentale è stato Ralf Ragnick. Per l'ex manager dell'Ulm dei miracoli contratto quinquennale e progetto a lungo termine. Subito è arrivata la promozione in 2. Bundesliga e nel 2007-08 il club ha giocato la prima stagione nel calcio professionistico. Ma la permanenza in cadetteria è durata poco, visto il secondo posto e la conseguente scalata alla Bundesliga. Una serie di miracoli che non si è fermata lì. Dopo il girone d'andata, l'Hoffenheim se la giocava con il Bayern Monaco per il titolo. Il tutto grazie a una squadra equilibrata, un ottimo allenatore e a un bomber - Vedad Ibišević - che ha avuto la miglior forma in quei giorni.
Il miracolo è stato costruito grazie ai soldi di Dietmar Hopp. Magnate dei software, ha fondato la SAP SE nel 1972 con alcuni ex dipendenti dell'IBM. Un'azienda che fattura miliardi di euro e che ne ha fruttati ben quattro a Hopp. Il quale, con i suoi soldi, ha aiutato l'Hoffenheim a risalire. Non solo: Hopp ha finanziato con 100 milioni di euro la costruzione della Rhein-Neckar-Arena: 30mila posti a sedere, un bell'impianto per chi fino a un decennio fa non esisteva sulla mappa del calcio tedesco. Prima il club giocava al Dietmar-Hopp-Stadium, appena 6000 posti. La strategia di Hopp (soldi a palate) è stata criticata spesso perché fondata unicamente sul forte supporto finanziario. Ricorda molto quella che sta portando avanti il Red Bull di Lipsia (di cui ho parlato qui).
Intanto, però, l'Hoffenheim è sopravvissuto bene: un settimo posto all'esordio e poi tre undicesimi posti. Poi la crisi del 2012-13 e il momento spartiacque della stagione. Tra novembre e marzo di quell'annata, l'Hoffenheim ha perso undici delle tredici partite giocate in Bundesliga, facendo appena quattro punti. La retrocessione sembrava scritta, nonostante il triplo cambio di tecnico. La ruota poi ha girato: dodici punti in otto gare e la partita decisiva al Westfalen Stadion contro il Borussia Dortmund di Klopp, che attendeva la finale di Champions League. All'Hoffenheim serve una vittoria per sperare di salvarsi.
Quel giorno arriva però lo svantaggio nel primo tempo, grazie alla rete immediata di Lewandowski. Poi nel secondo tempo tutto si capovolge: prima follia di Hummels su Volland, poi fallo di Weidenfeller su Schipplock. In entrambi i casi, è rigore: l'eroe di giornata è Sejad Salihović, che trasforma entrambi i penalty e regala un insperato play-out all'Hoffenheim. Nella doppia sfida contro il Kaiserslautern, finisce con un 5-2 complessivo per i Blau-weiß e il club mantiene il suo posto in Bundesliga. Il 2013-14 è stato molto più tranquillo, ma l'Hoffenheim ha ricordato una squadra di Zeman: 72 gol fatti (dietro solo a Bayern e BVB), 70 subiti (peggio solo l'Amburgo) e nono posto finale. Quest'anno, invece, le cose vanno alla grande: il club biancoblu è secondo insieme a Wolfsburg e Borussia Mönchengladbach. E alla prossima l'Hoffenheim sfiderà proprio gli uomini di Lucien Favre, per un match d'alta classifica.
Molto del merito di questi risultati va a Markus Gisdol. Il tecnico - una versione tedesca e più anziana di Jason Segel - ha preso in mano una squadra che era sull'orlo di un precipizio, reduce da una stagione disastrosa. Ex calciatore nelle categorie inferiori, Gisdol ha finito la propria carriera a 27 anni a causa di un grave infortunio. Allora si è buttato come allenatore: prima coach dell'U-17 dello Stoccarda e assistente allo Schalke 04, poi allenatore della squadra riserve dell'Hoffenheim, con cui ha conquistato la promozione dalla quinta alla quarta divisione. Infine, la guida della prima squadra nell'aprile 2013. La salvezza guadagnata in quel pomeriggio di maggio a Dortmund ha cambiato il corso delle cose. Non solo: il tecnico ha fornito una nuova visione di calcio. All'Hoffenheim è sempre piaciuto il calcio offensivo, ma a certe vette zemaniane non erano mai arrivati.
Merito anche di una squadra che ha fatto le mosse giuste quest'estate. L'unico a partire è stato Fabian Johnson, terzino statunitense passato al Borussia Mönchengladbach. Tuttavia, sono arrivati Bičakčić dall'Eintracht Braunschweig, Zuber dal CSKA di Mosca, Schwegler dall'Eintracht Francoforte, Kim Jin-Su dall'Albirex Niigata e anche Szalai dallo Schalke 04. Ma il più grande acquisto dell'estate è stato - a sorpresa - Oliver Baumann. Arrivato dal Friburgo nella scorsa estate, il portiere non sembrava proprio il più solido tra gli estremi difensori di nazionalità tedesca. Anzi, all'Europa Park l'anno scorso si è distinto più per gli errori che per le parate (qui un esempio). Eppure, una volta arrivato all'Hoffenheim, tutto è cambiato. Squawka lo segnala come uno dei dieci migliori portieri delle cinque migliori leghe europee per performance score: un bel cambiamento.
Insieme a questi nuovi arrivi, non si è fatto altro che cementificare quanto costruito prima. Gli esperti capitan Beck e Salihović, i giovani terribili Süle, Rudy e Volland, gli attaccanti Modeste ed Elyounoussi. Ma sopratutto c'è Roberto Firmino, fresco di prima chiamata dalla nazionale brasiliana e stella della squadra tedesca. A 23 anni appena compiuti, Firmino rimane uno dei pezzi pregiati della Bundesliga e ha anche rinnovato il contratto con l'Hoffenheim fino al 2017. L'anno scorso il brasiliano ha concluso la stagione con 16 gol e 12 assist, diventati rispettivamente 22 e 16 in stagione. Inevitabile parlare di lui in chiave mercato, così come per Dunga, che l'ha dovuto chiamare per le prossime amichevoli contro Turchia e Austria. Magari con la speranza di esordire con la maglia verde-oro. Ma intanto c'è la Bundesliga, dove l'Hoffenheim spera di continuare a stupire. Da un Borussia all'altro, ne è passato di tempo.
Merito anche di una squadra che ha fatto le mosse giuste quest'estate. L'unico a partire è stato Fabian Johnson, terzino statunitense passato al Borussia Mönchengladbach. Tuttavia, sono arrivati Bičakčić dall'Eintracht Braunschweig, Zuber dal CSKA di Mosca, Schwegler dall'Eintracht Francoforte, Kim Jin-Su dall'Albirex Niigata e anche Szalai dallo Schalke 04. Ma il più grande acquisto dell'estate è stato - a sorpresa - Oliver Baumann. Arrivato dal Friburgo nella scorsa estate, il portiere non sembrava proprio il più solido tra gli estremi difensori di nazionalità tedesca. Anzi, all'Europa Park l'anno scorso si è distinto più per gli errori che per le parate (qui un esempio). Eppure, una volta arrivato all'Hoffenheim, tutto è cambiato. Squawka lo segnala come uno dei dieci migliori portieri delle cinque migliori leghe europee per performance score: un bel cambiamento.
Insieme a questi nuovi arrivi, non si è fatto altro che cementificare quanto costruito prima. Gli esperti capitan Beck e Salihović, i giovani terribili Süle, Rudy e Volland, gli attaccanti Modeste ed Elyounoussi. Ma sopratutto c'è Roberto Firmino, fresco di prima chiamata dalla nazionale brasiliana e stella della squadra tedesca. A 23 anni appena compiuti, Firmino rimane uno dei pezzi pregiati della Bundesliga e ha anche rinnovato il contratto con l'Hoffenheim fino al 2017. L'anno scorso il brasiliano ha concluso la stagione con 16 gol e 12 assist, diventati rispettivamente 22 e 16 in stagione. Inevitabile parlare di lui in chiave mercato, così come per Dunga, che l'ha dovuto chiamare per le prossime amichevoli contro Turchia e Austria. Magari con la speranza di esordire con la maglia verde-oro. Ma intanto c'è la Bundesliga, dove l'Hoffenheim spera di continuare a stupire. Da un Borussia all'altro, ne è passato di tempo.
Markus Gisdol, 45 anni, tecnico dell'Hoffenheim secondo in Bundesliga.
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