Lothar Matthäus con la testa bassa dopo l'Europeo del 2000.
Al di là del risultato di Roma-Bayern, colpisce quanto l'Italia sia indietro nei confronti del movimento calcistico tedesco. Al di là del ranking, dove siamo stati sorpassati proprio dai tedeschi. E dove - vedendo Borussia Dortmund e Bayer Leverkusen - non riavremo il terzo posto tanto presto. E al di là delle parole, come quelle della conferenza stampa del lunedì. Ho sempre apprezzato Rudi Garcia per la sua capacità di mantenere la calma: una cosa che serve come il pane per allenare in un ambiente come Roma, umorale come pochi. Nel suo secondo anno italiano, invece, l'ex tecnico del Lille si è italianizzato. Polemiche strumentali, che non fanno il bene della sua squadra. Certo, i giornalisti potrebbero porre domande più ficcanti dal punto di vista tecnico, ma a che serve la provocazione con la macchina fotografica se poi la sua squadra è molle di fronte a una delle migliori compagini d'Europa?
Pep Guardiola, dal canto suo, non è mai stato un aizzatore di folle. Non lo è diventato nemmeno al Bayern, tanto che lui e Robben hanno ribadito quanto la Roma sia forte. Salvo poi spezzare la difesa giallorossa come un coltello nel burro. Il 7-1 di ieri sera dimostra quanto l'Italia sia indietro. E quanto sia il terreno da recuperare dalla Germania, terra dell'eccellenza massima del calcio. Anche più di Spagna (sicuro) e Inghilterra (forse. In campo sicuro). Perché le squadre teutoniche fanno bene in Europa e non solo il Bayern: ieri, pur faticando, anche lo Schalke ha portato a casa una vittoria fondamentale per il passaggio del turno. Su Juve e Roma, non ci sentiamo di mettere la stessa mano sul fuoco.
Il cambiamento tedesco è partito da lontano: dopo il fallimento di Euro 2000, dove la Germania collezionò tre sconfitte e zero punti, la DFB ha deciso di prendere un'altra. Meglio cominciare a costruire in casa i propri campioncini. La federazione tedesca non ha esitato nello spendere milioni di euro in un programma di sviluppo dei giovani (qui c'è un report dettagliato). Anzi, più stai attento ai giovani, più la DFB ti finanzia. Alla fine, sono ben 520 i milioni di euro spesi dai club nella crescita e nel progresso del calcio tedesco: nel 2011, il 52% dei giocatori che giocavano in Bundesliga erano stati cresciuti da un academy di prima o seconda divisione tedesca. Sfido a trovare gli stessi numeri in Serie A. I frutti sono arrivati nel momento in cui una certa generazione di giocatori - Hummels, Özil, Schürrle, Müller, Götze, Kroos - era al massimo della maturità. E altri forse possono avere ancora leggeri margini di miglioramento.
La Germania campione del Mondo nell'ultimo Mondiale.
E noi invece cosa facciamo? Basta guardare quanto successo in questi anni, con il sistematico menefreghismo dei confronti dei giovani e la poca fiducia riservata nei prodotti cresciuti in casa. O anche in questi giorni, dove Daniele Rugani - promessa, vero, ma giovane interessante dell'Empoli e di proprietà Juventus - è stato subito ceduto a Di Biagio e all'Under 21, dopo che Conte lo aveva chiamato per la prima squadra. Però l'Italia avrebbe bisogno di un serio rinnovamento. Già quest'estate vi avevo parlato di come la nazionale guidata da Conte aveva bisogno di cambiare un po' gli interpreti (leggi qui).
La risposta? Zaza e Immobile davanti, ma dietro non è cambiato nulla. Pirlo è sempre il metronomo della nazionale., Buffon è sempre il capitano e il terzetto difensivo di base è sempre quello della Juventus, fondato su Bonucci, Barzagli (quando si riprenderà dall'infortunio) e Chiellini. Tutto questo nonostante l'Under 21 proponga diversi giocatori interessanti e farà sicuramente bene all'Europeo di categoria del prossimo giugno. E comunque a rimetterci sono i ragazzi che sono già pronti per provare a eguagliare i loro predecessori: Verratti e Sirigu sono due nomi validi come esempio.
E invece la Germania cosa fa? Vinto il Mondiale, c'è la consapevolezza per alcuni di essere arrivati al top. Philipp Lahm, consapevole di aver conquistato il miglior trofeo della sua straordinaria carriera, dice basta alla Nationalmannschaft, nonostante abbia l'età per giocare un altro Mondiale. E mi sto riferendo al fisico, perché con la sua intelligenza calcistica potrebbe giocarne altri cinque. La stessa cosa l'ha fatta Per Mertesacker, che di anni ne ha 29 anni e che spesso è vituperato. Tuttavia, il ct Joachim Löw non ha mai rinunciato a lui, neanche nel Mondiale vittorioso in Brasile.
Così la Germania potrà lanciare nuovi talenti e permettere al calcio tedesco di continuare a fiorire. Già, perché se oggi ci sono i Müller, un domani ci saranno i Draxler, i Meyer, i Goretzka. Gente classe '94 o '95, che potrà essere importante fino ai Mondiali del 2026, se non oltre. Certo, poi non sempre nasce un Manuel Neuer o un Philipp Lahm. Ma se l'Italia può rispondere - con tutto rispetto - tramite Darmian e Abate, forse qualche domanda ce la dobbiamo porre. Qui si dice di amare il calcio, ma nei fatti non si vede quest'amore. In Germania, invece, Fußball über Alles. E dopo ieri sera, sfido a non vedere la realtà dei fatti.
La gioia dei giocatori del Bayern: 7-1 alla Roma all'Olimpico.
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