Due storie diverse quelle dei due nuovi giocatori dell'Italia. Franco Vázquez, trequartista classe '88, è spuntato all'improvviso, nonostante l'argentino sia arrivato in Italia nel gennaio 2012. El Mudo - chiamato così perché parla poco - viene acquistato per cinque milioni di euro dal Palermo, che in lui vedeva qualcosa. Tuttavia, Vázquez viene subito girato al Rayo Vallecano, dove trascorre una stagione in prestito. Al ritorno, il Palermo è in B, ma Iachini punta su di lui per risalire nella massima serie: da regista, mezzala o seconda punta, poco importa. Improvvisamente Vázquez esplode e in Serie A si sta confermando: sette gol, ben dieci assist.
Éder Citadin Martins, invece, gioca nella Sampdoria. Il brasiliano arriva in Italia nel 2005, scoperto dell'Empoli. Gioca alcuni spezzoni in A, poi passa al Frosinone per due anni, dove esplode. L'Empoli se lo riprende ed è lui il capocannoniere della Serie B 2009-10 (27 reti: negli ultimi 15 anni, meglio di lui solo Toni col Palermo, Immobile col Pescara e Bucchi col Modena). A quel punto, la carriera gli propone le tappe di Brescia e Cesena in A, dove però non esplode. Discorso diverso con la Samp: Éder la riporta in A e poi a ogni campionato migliora il bottino personale. Nove gol nel 2012-13, dodici l'anno scorso, quest'anno siamo già a nove. E mancano ancora dieci partite alla fine del torneo. Nell'attacco della Samp di Mihajlovic, è sempre stato l'uomo fondamentale.
Questa la storia dei due giocatori. Però attenzione: lungi da me fare un discorso nazionalista. In realtà, a questa nazionale, mancano questi due tipi di giocatori. Manca un vero trequartista e manca una seconda punta in grado di giocare praticamente ovunque in attacco. In questo momento, l'Italia sembra faticare nell'avere due uomini del genere e Conte l'ha capito. Inoltre, il livello è quello che è e i due non possono sfigurare accanto a questi compagni.
Il passato degli oriundi è contrastante e va contestualizzato. Fino agli anni '80 avevano un senso, con le frontiere chiuse. Può esser capitato che Raimundo Orsi - originario di Avellaneda - decida la finale del Mondiale 1934 in favore dell'Italia. Difficile che capiti ora. Anche il perché passato recente degli oriundi con l'Italia non è stato effervescente. Il migliore è stato Mauro Germán Camoranesi, una buona carriera con la Juventus e un Mondiale vinto da gregario. L'esperimento Thiago Motta è andato discretamente per Prandelli, ma il giocatore ora non è più riproponibile per il ciclo di Conte. E sugli altri casi recente - dalla sceneggiata targata Amauri a Paletta, passando per Osvaldo, Schelotto e Ledesma - stendiamo un velo pietoso.
Mauro Germán Camoranesi, 38 anni, 55 presenze con l'Italia.
Intanto, però, la polemica infiamma. Il primo a esporsi è stato Roberto Mancini, attuale tecnico dell'Inter: «Io so che la Nazionale dev'essere degli italiani. Se uno è nato in Italia merita di giocarci, chi non lo è, anche se ha dei parenti, credo che non lo meriti». A ruota ha seguito l'intervento di Andrea Mandorlini, allenatore dell'Hellas Verona: «Io sono più per gli italiani veri. Vedo gli oriundi ancora come una situazione un po’ da sperimentare, anche se in realtà lo abbiamo già fatto tanto tempo fa. Facciamo tanto per far crescere i giovani e poi pensiamo agli oriundi. Sarebbe meglio dedicarci di più ai ragazzi».
Se parliamo da un punto di vista puramente geo-politico, la Germania campione del Mondo non pullula proprio di tedeschi "puri". E all'ultimo Mondiale brasiliano gli oriundi erano 83 su 736 giocatori convocati (il 11,3%). Tuttavia, la teoria della "italianità pura" è un po' campata in aria. Con il passare degli anni, questo mondo è destinato a diventare sempre più interculturale e quindi i confini nazionali diventeranno sempre meno importante. Conta quanto sei cresciuto qui. E comunque, anche fosse, non è quello il problema, perché il vero dilemma è tecnico.
Infatti l'Italia conta su un Under 21 di livello: Di Biagio si porterà all'Europeo di giugno diversi prospetti interessanti. Tutta gente che forse potrebbe giocare già ora, fare esperienza, prender le misure con la realtà della nazionale. Si è chiamato Rugani, ma si ignora Romagnoli nonostante Barzagli sia reduce da uno stop di sei mesi e non ci siano altri fenomeni all'orizzonte. Senza dimenticare Sportiello tra i pali. E che dire davanti? Bernardeschi è infortunato, ma chiamare Berardi aiuterebbe a responsabilizzarlo, nell'attesa di recuperare l'unica star rimasta all'Italia, quel Giuseppe Rossi ormai infortunato perenne.
A tal proposito, chiudo con un paragone. Ve lo ricordate il Mondiale 2002? Vi snocciolo qui solo rosa d'attacco: Del Piero, Inzaghi, Totti, Del Vecchio, Montella, Vieri. E quella nazionale non vinse incredibilmente quel Mondiale. Tredici anni dopo, siamo in attesa del ritorno di Giuseppe Rossi (che in quella squadra avrebbe scalzato forse Delvecchio), della maturazione di Balotelli e ci esaltiamo per Zaza e Gabbiadini. E non ho analizzato gli altri reparti appositamente, perché il confronto sarebbe più impietoso. Quindi vi chiedo: è una questione di passaporti? Éder e Vázquez sono in nazionale perché questo è quello che passa in convento. Chiediamoci piuttosto perché non si veda all'orizzonte un altro come Vieri neanche con il binocolo.
Éder Citadin Martins, 28 anni, scelto da Conte per l'Italia.
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