Come aveva fatto già notare "Il Sole 24 Ore", Milano si trova senza squadre in Europa per la prima volta dal 1956-57. L'Italia era diventata una Repubblica da un decennio, Helenio Herrera doveva ancora arrivare e Silvio Berlusconi era solo uno studente universitario nella metropoli meneghina. Un tempo così lontano da ingigantire ancor di più questo risultato negativo per la Milano calcistica: un fallimento logorante, ma sopratutto meritato. Perché la stagione delle due squadre è stata pessima, seppur per diversi motivi.
Il Milan ha sbagliato all'inizio. Invece che risolvere i suoi problemi, non ha fatto che aggravarli. Ha mandato via Seedorf, pagando l'ennesimo ingaggio a vuoto, per un altro neofita della panchina come Inzaghi. Super Pippo aveva dalla sua almeno la trafila negli Allievi e in Primavera (con cui ha vinto il torneo di Viareggio), ma la Serie A è un'altra cosa. Dopo i 14 punti fatti nelle prime sette gare, tutti i media l'hanno paragonato a Guardiola. Il caso Stramaccioni - solo di due anni fa! - non ha insegnato nulla a nessuno.
I rossoneri hanno poi racimolato appena nove vittorie nelle restanti 31 partite e sono finiti per cinque giornate nella parte destra della classifica. Il finale di campionato (tre vittorie nelle ultime quattro) è stato positivo, ma è arrivato quando Inzaghi sembra alla porta. Al di là dei movimenti societari (alla fine nulla di fatto), gli errori sono a monte. Seppur senza soldi, il mercato poteva esser diverso. Diego López, Bonaventura e Ménéz sono stati gli unici innesti convincenti, mentre gli affari Torres, Cerci e Bocchetti gridano vendetta per modalità ed esito finale.
Diversa la situazione in casa Inter. La base era il quinto posto dell'anno scorso, i gol di Icardi e le giocate di Kovačić. Mazzarri avrebbe dovuto fare il salto di qualità almeno in classifica, invece il gioco è peggiorato e il suo integralismo ha finito per condannarlo. In estate sono arrivati Dodô, Vidić, M'Vila, Medel e Osvaldo. Avrebbero dovuto rendere la squadra più forte, ma in realtà è probabile che nessuno di questi possa esser decisivo nell'Inter 2015-16. Quando poi Thohir ha deciso per l'esonero di Mazzarri, è arrivato Mancini. Che forse sperava (e spera) in ben altro.
In realtà, accusare il Mancio serve a poco: la squadra non è costruita sulle sue esigenze. Il mercato di gennaio ha anche rivoltato il progetto tecnico, ma nessuno dei nuovi arrivati pare certo di restare a Milano. Inoltre, alcune figure sono inaccettabili anche con le attenuanti: vengono in mente le gare del girone di ritorno contro Cesena, Hellas, Empoli e Genoa. Tre di queste hanno avuto luogo a San Siro, dove l'Inter ha fatto registrare un rendimento pessimo. Alla fine non è arrivata l'Europa League. E forse è meglio così, vista lo score europeo di Mancini.
In termini di carisma, la squadra ha sofferto gli addii di tre figure storiche dello spogliatoio: capitan Zanetti, Cambiasso e Milito. Ranocchia si è dimostrato inadatto non solo in campo (quanti errori...), ma anche come capitano della squadra. Più in generale, la maledizione del post-Mourinho continua. Gli unici ad aver vinto qualcosa sono Rafa Benitez e Leonardo. Nel 2010-11. Sono passati quattro anni e le cose non sembrano poter cambiare neanche per la prossima stagione. Non almeno a queste condizioni.
Filippo Inzaghi, 42 anni, e Roberto Mancini, 50: delusione meneghina.
In ogni caso, l'annata di Milan e Inter non è altro che il simbolo di questa Serie A: realtà che si sono sopravvalutate, che hanno ignorato i problemi. Come quella donna preoccupata che le piastrelle del pavimento siano di colore diverso quando il tetto le sta per crollare sulla testa. Del resto, credo che il manifesto del calcio milanese 2014-15 sia il calcio giocato nei due derby: due spettacoli inguardabili, specie lo 0-0 del ritorno. Al 19 aprile, la tua squadra ha la tua identità. Perciò nessuna scusante per i due tecnici.
Il futuro è diverso. Quello dell'Inter mi sembra onestamente più complicato. Al di là dei titoli entusiasmanti dei giornali, l'Europa non c'è e Thohir in due anni non ha dato una grossa svolta. Si parla di Yaya Touré e Benatia, ma si dimentica che l'Inter ha sul suo capo una procedura di infrazione economica da parte dell'Uefa. Il fair-play finanziario costringerà la società nerazzurra a pagare 20 milioni di euro di multa (sei subito, 14 in seguito): con quali soldi si faranno acquisti? Con quelli delle cessioni. Il futuro di Handanovic sembra lontano dall'Inter, quello del capocannoniere Icardi e di Kovačić è in dubbio.
Mi sento più ottimista per il Milan. Qui i soldi non ci sono, ma il patrimonio tecnico per ripartire non manca. Ci vorrà sicuramente un allenatore in grado di dare un gioco al Milan: si è parlato di Sarri e quello è il prototipo ideale che serve alla società rossonera. In campo, ci sono alcune certezze. E ci sono alcuni potenziali: Suso, Honda (da trequartista, però), Rami (solo 21 presenze), il ritorno di Niang. Senza dimenticare van Ginkel, Mastour e un Saponara rinato a Empoli. Il 4-3-2-1 sarebbe l'ideale per sfruttare i trequartisti. Solo che bisogna avere pazienza, quella che l'ambiente del Milan non sembra possedere in questo momento.
Inoltre, bisogna accettare un semplice fatto: la geografia calcistica in Italia sta cambiando. Si sposta dal nord verso sud, dalla metropoli alla provincia. Guardiamo gli ultimi quattro campionati. Li ha vinti la Juve, ma il Milan è andato in Champions solo per due stagioni, mentre l'Inter manca dal rigore segnato da Pazzini contro l'OM a San Siro nel marzo 2011. La Roma e il Napoli ci sono andate due volte, la Lazio si è qualificata ai preliminari, mentre due volte ci ha provato l'Udinese. La Fiorentina è sempre lì, mentre ogni tanto esce qualche favola per l'Europa League (Torino e Sampdoria). Milano non è più il centro del mondo, almeno nel calcio: non basta un Expo per sentirsi importanti.
Andrea Ranocchia, 27 anni, e Ignazio Abate, 28, i capitani dell'ultimo derby.
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