Non ci deve aver dormito la notte. L'ultima serata di Champions League ha consegnato l'ennesima dramma europeo a un allenatore che in campo internazionale non ha riscosso grossi risultati: Roberto Mancini. Nonostante i suoi successi nei tornei nazionali (sia in Italia che in Inghilterra), il Mancio non riesce proprio ad avere un buon rapporto con le competizioni europee. Basti pensare che il miglior risultato in campo europeo ottenuto da Mancini risale a 10 anni fa: un'eternità.
Roberto Mancini è stato un grandissimo giocatore; anzi, visti i suoi trascorsi con la maglia azzurra, forse ha raccolto anche poco dalla sua immensa classe. Con le maglie di Bologna, Sampdoria e Lazio, ha illuminato il campionato italiano con le sue magie per vent'anni; una volta appesi gli scarpini al chiodo, era chiaro che potesse fare l'allenatore.
Il primo club è stato la Fiorentina, che ha portato a vincere una Coppa Italia nel 2001, ma ha anche accompagnato verso la retrocessione dell'anno successivo. Ciò nonostante, avere un'esperienza del genere a 36 anni ha dimostrato come Mancini avesse personalità e capacità di gestire il gruppo. Il passo successivo fu la Lazio, della quale fu tecnico dal 2002 al 2004: un 4° e un 6° posto, una semifinale di Coppa UEFA e un'altra vittoria in Coppa Italia.
A quel punto, Massimo Moratti lo chiama all'Inter l'anno successivo. Con Mancini, i nerazzurri tornano a vincere lo scudetto dopo 17 anni, seppur esso sia stato assegnato a tavolino dopo lo scandalo di Calciopoli. Nel successivo biennio, l'Inter vince ancora il campionato: nella prima dominando, nella seconda soffrendo fino all'ultima giornata contro la Roma di Spalletti. A questi trofei vanno aggiunte altre due Coppe Italia.
Nonostante i successi, Mancini si separa dall'Inter a causa delle dichiarazioni dopo Inter-Liverpool, partita che sancì l'ennesima eliminazione europea dei nerazzurri. La società decise di dare spazio a Mourinho e all'era del Triplete, mentre Mancini rimase a piedi per poco più di un anno, finché non si comincia a parlare della possibilità di andare in Premier League. La possibile meta è il Manchester City.
Gli sceicchi vorrebbero la Champions League, ma l'allenatore Mark Hughes non sta ottenendo i risultati previsti. Mancini arriva alla guida dei Citizens nel dicembre 2009, risolvendo il suo contratto con l'Inter; purtroppo, neanche il tecnico di Jesi riuscì a centrare l'obiettivo, perdendo nella sfida decisiva contro il Tottenham e finendo 5° in classifica, posizione comunque utile per prender parte all'Europa League.
Gli sceicchi vorrebbero la Champions League, ma l'allenatore Mark Hughes non sta ottenendo i risultati previsti. Mancini arriva alla guida dei Citizens nel dicembre 2009, risolvendo il suo contratto con l'Inter; purtroppo, neanche il tecnico di Jesi riuscì a centrare l'obiettivo, perdendo nella sfida decisiva contro il Tottenham e finendo 5° in classifica, posizione comunque utile per prender parte all'Europa League.
Nell'estate 2010, Mancini mette in piedi una rivoluzione, acquistando Balotelli, Yaya Touré, David Silva e facendo tornare Joe Hart alla base. Il City fa un buon cammino in campionato, mentre in Europa esce presto dall'Europa League. A maggio, però, i tifosi tornano a festeggiare un successo dopo 35 anni, ovvero la vittoria in F.A. Cup. Inoltre, c'è la qualificazione diretta in Champions League per la prima volta nella storia, grazie al terzo posto in campionato.
Nell'estate successiva, il City acquista anche Sergio Aguero e Samir Nasri, spendendo 75 milioni di euro. Nonostante un altro fallimento europeo, i ragazzi di Mancini si riscattano, conquistando la Premier League dopo 44 anni, in un finale assurdo: sotto 2-1 all'inizio del 90', il City rimonta e vince con il gol decisivo del Kun, finendo davanti ai cugini dello United. Inoltre, va aggiunta la Charity Shield conquistata contro il Chelsea.
Mancini e la Coppa Italia, un legame speciale: 10 vittorie per lui in questa competizione. Qui quella vinta con la Fiorentina nel 2000-01.
La morale della favola qual'è, quindi? C'è un tecnico capace di vincere ben 12 trofei nazionali con quattro diverse squadre in 11 anni di carriera. Buon risultato, se non fosse che ci sono i sogni europei a tenere sveglio il Mancio. Non a caso, egli dichiarò all'inizio di questa stagione che l'obiettivo a lungo termine del City era vincere la Champions; adesso, dalle parti dell'Etihad Stadium, non ne sono più tanto sicuri.
Sconfitta al Bernabeu contro il Real, pareggio fortunoso in casa contro il Borussia e sconfitta all'Amsterdam Arena contro l'Ajax. Un punto in tre partite: questo è il bilancio europeo del City nella Champions di quest'anno. Per carità, non è tutto perduto, ma compromesso sì. Del resto, il problema principale del tecnico italiano è stato sempre l'Europa, nonostante una forte ambizione anche in campo internazionale.
L'esordio di Mancini in Europa avviene con la Fiorentina nel 2001: con la conquista della Coppa Italia, i viola hanno diritto a giocare in Coppa UEFA. Sarà un'avventura breve: al terzo turno, i gigliati vengono eliminati dal Lilla, già giustiziere del Parma nei preliminari di Champions. Va meglio con la Lazio, dove Mancini arriva fino alla semifinale di Coppa UEFA nel 2003, prima di cedere al Porto di Mourinho.
La Champions attende i biancocelesti nella stagione successiva, ma l'esperienza si conclude nella fase a gironi, dove la Lazio termina all'ultimo posto. Poco importa: all'Inter lo aspettano quattro partecipazioni consecutive alla Champions. Purtroppo, due quarti di finale i massimi risultati ottenuti da Mancini in Europa con i nerazzurri. A questi, vanno aggiunti altri due ottavi di finale. Insomma, poco o nulle per le ambizioni nerazzurre.
Ed è proprio l'ultimo fallimento di Champions, targato Liverpool, a incrinare i rapporti tra la dirigenza e Mancini. Giunto a Manchester, si pensa che il tecnico abbia l'occasione d'oro per riscattarsi in Europa; i soldi degli sceicchi e gli investimenti pesanti gli permettono di avere una signora squadra. Ciò nonostante, già nel 2010-11 - in Europa League - le cose non vanno e il City viene eliminato agli ottavi di finale dalla Dinamo Kiev.
Nella stagione successiva, arriva il tanto atteso esordio in Champions in un girone di ferro: Bayern Monaco, Napoli e Villareal. Nonostante i Citizens sembrano poter passare il turno, è il Napoli di Mazzarri a sorprenderli: il City finisce terzo, destinato all'Europa League. Sebbene abbia una squadra in grado di vincere la competizione a mani basse, il City esce ancora, sempre negli ottavi di finale, contro lo Sporting di Lisbona.
Insomma, l'Europa è una maledizione per Mancini. E serve a poco avere la faccia tosta di dire che non hai una Ferrari su cui sederti, perché gli sceicchi hanno speso ancora quest'estate: stavolta sono arrivati Nastasic, Javi Garcia e Rodwell. Cosa c'è da migliorare in una squadra del genere, se si vuole vincere in Europa? Forse una sola cosa: l'allenatore.
Già, perché il calcio difensivo di Mancini può sicuramente andar bene per l'Inghilterra e l'Italia, ma non in Europa. Dove il Real ti prende a pallonate al Bernabeu dal primo all'ultimo minuto; dove il Borussia di Klopp domina a Manchester, ma non vince per pura sfortuna; dove l'Ajax dei giovani non sarà forte come altri anni, ma ha più voglia dei tuoi giocatori. Dove, insomma, ci vuole ben altro approccio.
Un Di Matteo che vince la Champions capita una volta ogni vent'anni. E Mancini non può vincere la coppa così. Anche perché i numeri parlano chiaro: la percentuale media di vittorie, escludendo il periodo a Firenze, è più alta in campo nazionale che internazionale. E il distacco fra queste due cifre è aumentato nelle esperienze con l'Inter e con il City. Continua così la maledizione europea per il tecnico marchigiano; a questo punto, si può rinminarlo "The Un-European Man".
Un Mancini abbattuto all'Amsterdam Arena: l'Europa è una maledizione per lui.
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