Aurelio De Laurentiis, 63 anni, vuole un'altra rivoluzione per il calcio italiano.
Se la Germania ha solo recentemente aperto le porte alle squadre riserve nei campionati professionistici, ben diversa è la situazione in Spagna. Nella terra dei campioni del mondo, le seconde squadre sono anche storiche e frequentano sopratutto il terzo livello del calcio spagnolo. Solo due squadre disputano la Segunda Division (l'equivalente della nostra Serie B): sono il Barcellona B ed il Real Madrid Castilla. A differenza della 3. Liga tedesca, le squadre di riserva spagnole possono raggiungere anche il secondo livello della piramide calcistica, che corrisponde proprio alla Segunda Division. Non possono però convivere nella stessa categoria disputata dalla prima squadra. Due stagioni fa, il Barcellona B era riuscito nell'impresa di arrivare terzo, sotto la guida di Luis Enrique. Un risultato di grande prestigio, il migliore nella storia della seconda squadra blaugrana. Purtroppo per l'ex tecnico della Roma, il Barcellona B non poté disputare i play-off, che avrebbero assegnato l'ultimo posto disponibile per la promozione in Liga.
Come in Germania, anche qui è alta la percentuale di seconde squadre presenti nel calcio professionistico. Se consideriamo anche la terza categoria del calcio spagnolo - la Segunda Division B - 14 su 20 della Liga hanno una loro seconda rappresentativa in queste categorie. Lo stesso si può dire per tre squadre di Serie B spagnola ed il Real Madrid si può forgiare di un particolare record: ha una terza squadra in Segunda Division B, il Real Madrid C. Riuscite ad immaginare tre Juventus o tre Milan in giro per le categorie del calcio italiano?
Il modello inglese è, invece, molto più semplice. Dal 1999 al 2012, la Premier Reserve League è stato il punto di riferimento dei "reserve-teams". Divisa in due gironi (Nord e Sud), vedeva ogni anno la partecipazione delle venti squadre che contemporaneamente disputavano la Premier League. Da quest'anno, questa categoria è stata sostituita dalla Professional Development League, una nuova lega che vede la partecipazione di squadre composte da giocatori tra i 17 ed i 21 anni. L'unica eccezione può essere rappresentata da un giocatore fuori-quota. La divisione delle squadre in tre sotto-livelli dipende dall'Elite Player Performance Plan, uno schema riguardante le giovanili che punterebbe a sistemare i contenziosi economici tra le varie "academies" dei club inglesi ed a stabilire una gerarchia tra queste, per decretare le migliori dell'intero paese.
I ragazzi del Barcelona B di quest'anno, da sempre serbatoio della prima squadra.
Ma la situazione in Italia è sempre stata molto diversa. Nel nostro paese, il campionato riserve ha avuto luogo dal 1912 al 1922; sospeso per la guerra, è poi ripreso dal 1947 al 1954. Da quel momento in poi, le seconde squadre sono state cancellate e si è andato avanti con i campionati per i Primavera.
Oggi il presidente del Napoli vorrebbe rilanciare quest'idea, per evitare che i giovani perdano spazio e che i fuori-rosa rimangano inattivi. Ma un campionato riserve sul modello spagnolo o tedesco appare impossibile e, forse, anche offensivo per molte piazze storiche che si trovano attualmente in Lega Pro. Il problema è che squadre come il Barcellona B o il Real Madrid Castilla esistono da anni: anzi, la seconda squadra dei "blancos" ha disputato più di trenta stagioni di Segunda Division. Insomma, c'è un passato.
Allo stesso modo, molte compagini italiane hanno una storia da difendere e da conservare. Già i fallimenti di diversi società cancellano molte città dalla mappa del calcio italiano ogni estate. Torino, Fiorentina, Napoli e Perugia hanno dovuto ricominciare tutto da capo, nonostante trofei e campionati conquistati in passato. Non si possono cancellare certi ricordi. Vi immaginate se, all'epoca del fallimento delle società di Cecchi Gori o di Ferlaino, Fiorentina e Napoli fossero diventate squadre satelliti di quelle militanti in Serie A? E la loro storia dove sarebbe finita?
Questa novità mi pare impossibile da realizzare, oltre che dannosa. Ho fatto i nomi di top-club del calcio italiano, ma lo stesso esempio vale per le società fallite in quest'ultima estate: il Piacenza e la Triestina rappresentavano delle realtà con molti spettatori alle spalle. I biancorossi, anzi, erano in Serie A fino ad una decina di anni fa, mentre entrambe le squadre giocavano in Serie B un paio di stagioni addietro.
Del resto, il modello di "gemellaggio" tra le varie società è comunque attuabile: basti vedere come la Sampdoria sia riuscita a piazzare nove giocatori nel Portogruaro-Summaga. Così i giocatori faranno esperienza ed i veneti avranno una buona compagine a loro disposizione. Insomma, tutto questo stratagemma servirebbe solo ad una cosa: il risparmio economico. Le società si rifiutano di pagare i premi di valorizzazione alle società di B o Lega Pro, nonostante il divario che separi la massima categoria del calcio italiano dalle altre sia già abnorme. Ed allora l'unico modello attuabile, tra quelli proposti, sarebbe quello inglese. Ma tutto sommato già ne esiste una versione corrispondente, grazie al Campionato Primavera. E la la reazione del presidente della Lega Pro Macalli non è stata proprio entusiasta, di fronte ad una proposta che trasformerebbe questa categoria in un albergo.
Non ci rimane che la speranza. Sarebbe un peccato che questa rivoluzione accadesse: sappiate che, in questa maniera, uccidete questo gioco chiamato "calcio".
Lo Spezia campione della Lega Pro 2011/2012. Cosa succederà a questa categoria?
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