Tommaso Ghirardi, 38 anni, giovane presidente del club gialloblu.
Non c'è più il colosso Parmalat alle spalle della compagine gialloblu, perciò è normale che le annate del Parma si siano trasformate in corse alla salvezza. L'ultimo trofeo risale al 2002, quando gli emiliani si imposero nella finale di Coppa Italia contro la Juventus con un gol di Júnior, nonostante una stagione rovinosa. Da allori non ci sono più né i Tanzi, né campioni come Di Vaio o Fabio Cannavaro, ma un gruppo forte e coeso. In ogni caso, ce n'è voluto per arrivare fino a oggi: con i Tanzi fuori gioco, il Parma non ha rischiato solo la sparizione, ma anche la retrocessione nel 2005, finendo poi in B nel 2008. Se l'Inter festeggiava lo scudetto al Tardini, i gialloblu sono ripartiti dalla cadetteria, ottenendo la promozione e poi disputando buone stagioni al ritorno in A.
Tutto merito di un gruppo dirigenziale in grado di far rinascere la realtà parmense. A partire dal presidente Tommaso Ghirardi, arrivato nel 2007, quando acquistò il club dall'amministratore straordinario Sandro Bondi. In realtà, il passaggio di proprietà sarebbe arrivato anche prima, se non fosse scoppiata la bolla di Calciopoli, che fu causa di ripensamento per l'attuale numero uno del Parma. Con Ghirardi, la società ha sofferto la B per l'inesperienza dell'allora 32enne presidente, alla prima esperienza nel calcio che conta. Poi, col tempo, Ghirardi ha preso la giusta confidenza con questo mondo e ha saputo fare le scelte giuste. Tra quelle più felici, c'è stata quella di affidarsi a Pietro Leonardi, dirigente scafato che veniva da un ottimo periodo all'Udinese. Leonardi ha saputo smontare e rimontare i gialloblu a suo piacimento, dando a ogni tecnico transitato per Parma la possibilità di contare su un organico da salvezza sicura. Con il bilancio finalmente a posto (merito di cessioni eccellenti e ben ragionate: vedi casi Mariga e Belfodil) e un contratto fino al 2017 come amministratore delegato, il Parma può contare sulle capacità di Leonardi.
Infine, l'ambiente: Collecchio e tutta la città sono un posto tranquillo in cui i giovani possono crescere, gli esperti rilanciarsi e i giocatori promettenti esplodere definitivamente. Un esempio è Marco Parolo, che sta dimostrando tutta la sua bravura con la maglia del club emiliano in questa stagione. Ma se ne possono citare molti altri. Amauri, dopo le stagioni buie tra Torino e Firenze, è tornato a Parma per riaffermarsi; Cassani, rovinato dal biennio speso con Fiorentina e Genoa, ha saputo rifiorire al Tardini da centrale difensivo. Gobbi non invecchia mai, Marchionni si è re-inventato centrocampista centrale dopo gli anni sull'ala; Paletta è un giocatore desiderato da molti grandi club italiani. Infine, non è un caso se Antonio Cassano abbia scelto Parma per tentare di agguantare il Mondiale, la competizione che non ha mai giocato nella sua carriera, nonostante abbia disputato tre Europei con la maglia azzurra.
Antonio Cassano, 31 anni, è il valore aggiunto degli emiliani.
L'artefice del Parma dei dodici risultati utili consecutivi è un signore schivo, tutt'altro che avvezzo alla spettacolarizzazione del pallone: Roberto Donadoni. Eppure, per arrivare a questi traguardi, il tecnico di Cisano Bergamasco ha dovuto patire più del dovuto. Ricordate qual era la sua situazione qualche anno fa? Dopo quanto di buono fatto a Livorno, Donadoni venne chiamato per diventare il C.T. dell'Italia post-Mondiale 2006. Il progetto era quello di consacrare un tecnico giovane e promettente, che sapesse costruire un nuovo gruppo azzurro; in realtà, quel biennio lo bruciò agli occhi di molti. Nonostante una qualificazione all'Europeo ottenuta con un turno d'anticipo (in un girone con la Francia) e l'uscita contro ai quarti di finale contro la Spagna solo per mano dei rigori, Donadoni fu cacciato per riprendere Lippi. Con i risultati che tutti oggi conosciamo.
Anche il tranito napoletano non gli ha giovato: De Laurentiis lo scelse per guidare il Napoli dopo l'esonero di Edy Reja, un'istituzione da quelle parti. La poca pazienza dell'ambiente e i risultati balbettanti costrinsero Donadoni a lasciare anche quell'incarico. Viene da chiedersi chi non si sarebbe bruciato dopo queste due delusioni. Mettiamoci anche Cagliari, che ha rappresentato però una fugace bruciatura, conclusasi per divergenze sul possibile ritorno di David Suazo in Sardegna. In ogni caso, Donadoni è ripartito da Parma nel gennaio 2012, ottenendo un primo risultato: sul finire della stagione 2011-12, i gialloblu hanno conquistato sette vittorie consecutive, giungendo ottavi in classifica. Poco peggio è andata l'anno dopo, quando il Parma si è piazzato decimo.
Si è arrivati a quest'annata, dove il Parma aveva comunque perso alcuni giocatori di riferimento: via capitan Morrone e sopratutto Ishak Belfodil, che aveva fatto così bene nella precedente stagione. In inverno, poi, la compagnia ha salutato anche Jaime Valdes e Nicola Sansone. Poco male per Donadoni, avanti con il 3-5-2 che tanto gli ha portato fortuna in Emilia. Gli innesti di Cassani, Gargano e Cassano, più l'esplosione di Parolo, hanno fatto il resto. Adesso il Parma può sognare: ha fermato Fiorentina e Inter in trasferta e ha sbancato il San Paolo di Napoli. Chi ci dice che i gialloblu non saranno in Europa League il prossimo anno? Nessuno. Signori, qui si fa la storia. E chissà che non si preparino anche i passaporti.
Roberto Donadoni, 50 anni, si è riscattato dopo un periodo buio.
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