30.12.16

ROAD TO JAPAN: Masashi Kamekawa

Buongiorno a tutti e benvenuti all'ultimo appuntamento del 2016 con "Road to Japan", la rubrica che ci consente di scoprire qualcosa in più sui talenti che popolano la J. League. Oggi ci spostiamo a Fukuoka: il ritorno in J1 non è andato bene, ma qualcuno si è fatto notare. Tra i volti noti dell'Avispa, c'è Masashi Kamekawa, professione motorino sulla fascia mancina.

SCHEDA
Nome e cognome: Masashi Kamekawa (亀川 諒史)
Data di nascita: 28 maggio 1993 (età: 23 anni)
Altezza: 1.76 m
Ruolo: Terzino sinistro
Club: Avispa Fukuoka (2015-?)



STORIA
Nato nel maggio '93 a Minoh (città poco più a nord di Osaka), Kamekawa si sposta gradualmente verso la prefettura di Yamanashi, dove frequenta la Teikyo Daisan High School dal 2009 al 2011. Inizialmente la squadra del suo liceo lo schierava più avanti, ma al terzo anno l'allenatore dell'epoca decide di arretrarne il raggio d'azione, trasformandolo in un terzino.
Nonostante mille dubbi, Kamekawa accetta il cambio di ruolo e soprattutto l'offerta che gli arriva nell'inverno 2011-12 dallo Shonan Bellmare, che tessera il ragazzo per la propria squadra. È lo Shonan che salirà nuovamente in J1, lo Shonan di Cho Kwi-Jea, il condottiero sud-coreano che guida il Bellmare dalla panchina.
Se il primo anno è d'apprendimento (Kamekawa gioca solo in Coppa dell'Imperatore), in J1 il terzino ha uno spazio inaspettato: 27 presenze e persino la prima rete da professionista contro il Kashiwa Reysol. Kamekawa viene provato un po' ovunque nel 3-4-3 di Cho - esterno sinistro, esterno destro, persino centrale mancino - ma non convince.
Lo si nota l'anno dopo, quando Cho scegli di dargli solo 20 gettoni in campo con lo Shonan - nuovamente retrocesso - che domina la J2 League. Mentre la squadra fa 101 (!) punti, Kamekawa viene sostituito nel ruolo di esterno sinistro nel centrocampo a quattro da Daisuke Kikuchi, che proprio qualche giorno fa ha firmato per gli Urawa Reds.
Inutile dire che il confronto è improbo - Kikuchi è un classe '91, che però a 16 anni già esordivo con i verdi di Hiratsuka - e così Kamekawa deve trovarsi un'altra collocazione. L'occasione giunge a gennaio 2015, quando viene tesserato in prestito dall'Avispa Fukuoka, che ha in panchina la leggenda giapponese Masami Ihara.
Alla prima esperienza in solitario come capo allenatore, Ihara si fida ciecamente di Kamekawa: il modulo è simile a quello dello Shonan, ma la concorrenza è meno nutrita e il tecnico delle Wasps cuce un ruolo più difensivo e di corsa sulla figura di Kamekawa. I risultati si sono visti: 72 presenze in due anni e la promozione in J1, seguita dall'immediato ritorno in J2.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Dal punto di vista tattico, l'incontro avvenuto a Fukuoka con Ihara è stato la salvezza di Kamekawa. Da terzino in una difesa a quattro fa ancora un po' di fatica, ma Ihara ha avuto il merito di trovare una collocazione al ragazzo: esterno a piede invertito, Kamekawa ama sfruttare l'out di sinistra per correre in libertà e sfruttare le proprie doti atletiche.
Quelle stesse caratteristiche di corsa e propulsione gli hanno permesso di ritagliarsi uno spazio importante all'Avispa, nonché in nazionale U-23. Nel 3-4-3 di Ihara, lui e Jogo sono gli uomini fondamentali per trasformare lo schieramento dell'Avispa in un 4-4-2 capace di ripartenze letali in transizione. 
Oltre alle sue doti, Kamekawa deve ringraziare Ihara: sarebbe potuto essere un giocatore da media J2 per il resto della sua vita (dove comunque ha giocato finora il 60% della sua carriera), ma ora ha una sua identità. E può valorizzarla in J1, a patto di valorizzare una tecnica un filo grezza.

STATISTICHE
2012 - Shonan Bellmare*: 1 presenze, 0 reti
2013 - Shonan Bellmare: 27 presenze, 1 rete
2014 - Shonan Bellmare*: 20 presenze, 1 rete
2015 - Avispa Fukuoka*: 41 presenze, 0 reti
2016 - Avispa Fukuoka: 31 presenze, 0 reti
* = in J2 League

NAZIONALE
Kamekawa ha fatto tutta la trafila nei settori giovanili della nazionale giapponese: U-20, U-22 e U-23, con tanto di vittoria nel campionato continentale e la qualificazione per l'Olimpiade di Rio 2016, chiusa con più di una delusione. Per la nazionale è presto, se non altro perché nonostante i talenti presenti a Fukuoka, nessuno di loro è stato considerato da Halilhodzic.

LA SQUADRA PER LUI
Si è visto che è ancora acerbo. Tuttavia, è un classe '93 da 450mila euro di cartellino: ha 23 anni, non è certo vecchio per il calcio e in 18 mesi può migliorare molto. Rimanere in Giappone - magari rimanendo in J1 - sarebbe l'ideale: si parla di Sagan Tosu e lavorare con Ficcadenti gli farebbe bene, soprattutto dal punto difensivo. Ne riparleremo a fine 2017.

22.12.16

CHASING HISTORY: 5 momenti che hanno segnato il 2016

La conclusione del 2016 si sta avvicinando e allora è giusto riguardare alcuni momenti di quest'annata così ricca di eventi, sorprese e fermi immagini da ricordare! #ChasingHistory is here!

Golden moment: Isole Salomone
Contrariamente a quanto avviene per il Mondiale, l'Oceania ha diritto a un posto diretto a qualunque altra competizione (maschile e femminile) FIFA. Tra questi, c'è il futsal: al Mondiale di categoria in Colombia, il discorso del capitano delle Isole Salomone Elliot Ragomo descrive in un discorso di quattro minuti cosa può fare il calcio. Lacrime e feels.

«Nel mio paese le scuole sono chiuse per vederci giocare. In Argentina chi vedrà la nazionale di futsal? Probabilmente solo i loro amici... ma per noi è diverso. Gracias Colombia».


A man to remember: Johan Cruyff
Quest'anno ci ha lasciato uno dei più grandi geni che il calcio abbia mai avuto. Un rivoluzionario, in campo e in panchina. Ha segnato la storia di due dei più grandi club che il football ricordi - Ajax e Barcellona - nonché segnato l'inizio dell'epopea Oranje. Basta vedere anche la prestigiosa lista di omaggi quando a marzo si è spento, divorato da un cancro ai polmoni.

Grazie, Johan.


La partita dell'anno: Boca Juniors-Independiente del Valle 2-3
Prima che la tragedia (e i facili discorsi retorici) della Chapecoense ci travolgessero come una valanga, non avrei avuto dubbio su quale fosse stata la squadra dell'anno. Non avranno vinto la Copa Libertadores, ma il fatto che l'Independiente del Valle - piccola squadra ecuadoregna - abbia raggiunto l'atto finale è notevole. E la vittoria alla "Bombonera" di Buenos Aires, contro il Boca, è il sigillo migliore a quest'avventura.


E ora passiamo alla seria top five di questo 2016.

5. L'OFC Nations Cup in Papua Nuova Guinea e la quasi sorpresa
Quando Tahiti ha alzato il trofeo continentale quattro anni fa, molti hanno pensato a una sorpresa, un episodio. In realtà, come dimostrato dall'edizione di quest'anno, l'Oceania è in tumulto. Ed è giusto che sia così, perché la FIFA non sta dando una mano per far crescere il movimento.
Normale a quel punto che il dominio neozelandese si affievolisca e basti poco per farlo crollare. La Nuova Zelanda ha ottenuto punteggio pieno nel girone, passando la semifinale solo per 1-0 contro la Nuova Caledonia. In finale, la Papua Nuova Guinea - padrone di casa - avrebbe meritato la vittoria, ma i rigori hanno fatto tornare il titolo ad Auckland.


4. Siviglia regna
Vincere non è mai facile, ripetersi è ancor più complicato. Una lezione che vale soprattutto nel caso del Siviglia, che ha vinto la quarta Europa League della sua storia, la seconda di fila. Battuto il Liverpool per 3-1 in una finale incerta almeno per 45' a Basilea. Poi Coke e compagni han spazzato la concorrenza. Curiosità? Quest'anno non potranno difenderla: Emery è stato sostituito da Sampaoli e soprattutto gli andalusi han finalmente passato il girone di Champions.


3. Il finto ritiro e la vera sconfitta
Quanto ci hanno bombardato con la storia del "L'Argentina è invicibile"? Sono almeno due anni. Prima il Mondiale, poi la Copa América, perse entrambe in finale. La Copa América Centenario - oltre che un marchettone di proporzioni epiche, andato per altro male - doveva essere la consolazione albiceleste. Invece l'Argentina è inciampata ancora, sempre ai rigori, sempre contro il Cile. Messi ha dimostrato ancora le sue fragilità, ritirandosi e poi ripensandoci (figura barbina, direi).


2. Magia europea
Come si può esser fuori nella terza partita del girone, prendendo tre gol dall'Ungheria, e poi ritrovarsi campioni d'Europa 20 giorni dopo? Ce lo spiega il Portogallo, che si prende l'Europeo nell'edizione in cui non aveva nulla da mostrare - se non il solito CR7, perso però in finale dopo 25' - e festeggia un titolo che il karma gli ha riconsegnato a 12 anni dalla finale persa in casa contro la Grecia.

P.S.: La gestione, il post e il ruolo di CR7 nel Portogallo spiega perché ha vinto il Pallone d'Oro quest'anno, al contrario di chi perde, si ritira e poi ci ripensa.


1. Leicester sul tetto d'Inghilterra
Da che mondo è mondo, vincere un campionato è enormemente più difficile rispetto al trionfare in una competizione a eliminazione diretta. Lo sa bene il Portogallo e l'ha imparato in maniera contraria il Leicester City di Claudio Ranieri, partito per salvarsi e poi diventato un miracolo vivente, fino alla conquista del titolo (su cui non vi tedio oltre perché dovete aver vissuto su Marte per non saperlo).


Il 2016 ha regalato tante sorprese, giusto godersele.

16.12.16

UNDER THE SPOTLIGHT: Kara Mbodji

Buongiorno a tutti. Ci avviciniamo alla fine del 2016 e quindi inevitabilmente questo sarà l'ultimo appuntamento per "Under the Spotlight", la rubrica che ci consente di scoprire gemme nascoste nel panorama europeo. Oggi ci spostiamo in Belgio, dove l'Anderlecht sta facendo una buona impressione anche in Europa. Merito anche di Kara Mbodji, centrale senegalese.

SCHEDA
Nome e cognome: Serigne Modou Kara Mbodji
Data di nascita: 11 novembre 1989 (età: 27 anni)
Altezza: 1.92 m
Ruolo: Mediano, difensore centrale
Club: Anderlecht (2015-?)



STORIA
Nato a Ndiass, città che affaccia sull'Oceano Atlantico, Serigne Modou Kara Mbodji è un ragazzo senegalese partito da lontano per arrivare dov'è oggi. A 17 anni entra nel Diambars FC, un'accademia a Saly, poco lontano dalla sua città-natale, nota anche per esser una delle organizzazione calcistiche certificate dall'Unesco.
Sponsorizzata dall'Adidas e fondata nel 2003 tra gli altri da Patrick Vieira, l'accademia ha lanciato diversi nazionali senegalesi. Tra di loro, c'è anche Kara, che prende il volo nel 2010 per la Norvegia: a Tromsø fa un freddo cane, ma la Tippeligaen (e in generale i campionati nordici) sembrano un buon banco di prova per i giocatori africani.
Nel triennio speso nel profondo Nord della Norvegia, Kara dimostra subito quanto può valere: schierato da mediano davanti alla difesa dal suo mister Per-Mathias Høgmo, il Tromsø ottiene un terzo, un secondo e un quarto posto. I Gutan godono di gran forma e perdono un alloro in finale di coppa nazionale, ma Kara ha sfondato in Europa.
Se ne accorgono in Belgio, da sempre attenti a ciò che accade in Scandinavia. Il salto di livello arriva con il Genk, che spende 1,5 milioni di euro per avere il mediano senegalese: se nel 2013 il Tromsø retrocede in seconda divisione, il Genk alza la coppa nazionale dopo la finale contro il Cercle Brugge e Kara si è già conquistato un posto in squadra.
Mario Been, tecnico del Genk, ha capito come sia meglio sfruttare Kara da centrale difensivo: da quel momento in poi, il senegalese verrà alternato in mediana, ma la sua posizione di partenza sarà in difesa. I successivi tecnici - Emilio Ferrera e Alex McLeish - non cambieranno quest'impostazione, se non per testarlo ogni tanto da terzino destro.
Con la partenza del giovane Chancel Mbemba (direzione Newcastle), all'Anderlecht cercano un sostituto: il Genk incassa tre milioni di euro dalla cessione di Kara nell'estate 2015. Il suo utilizzo non è cambiato neanche sotto René Weiler, che sta costruendo una delle squadre più interessanti dell'intero panorama europeo (vedi la performance in Europa League).

CARATTERISTICHE TECNICHE
Una roccia, in tutti i sensi. Dal punto di vista fisico, è impressionante la velocità che Kara riesce abbinare a una struttura fisica che lo vede alto 192 centimetri. Non è facile e gli va dato atto di come sia riuscito a migliorare in questo particolare ambito.
Dal punto di vista tattico, Høgmo lo sfruttava come centrale di centrocampo per il suo fisico, capace di sovrastare anche i rocciosi colleghi norvegesi. Diverso utilizzo ne hanno fatto i suoi allenatori in Belgio, sfruttandolo come centrale per la sua altezza e il suo fisico. Se gli si può rimproverare qualcosa, è che sembra ancora un pochino grezzo sulle letture difensive.

STATISTICHE
2010 - Tromsø: 23 presenze, 0 reti
2011 - Tromsø: 31 presenze, 5 reti
2012 - Tromsø: 32 presenze, 4 reti
2012/13 - Genk: 14 presenze, 2 reti
2013/14 - Genk: 50 presenze, 2 reti
2014/15 - Genk: 43 presenze, 3 reti
2015/16 - Anderlecht: 49 presenze, 3 reti
2016/17 - Anderlecht (in corso): 19 presenze, 1 rete

NAZIONALE
Il Senegal ha bisogno di lui, ma Kara ha giocato poco finora: convocazione con l'U-23 per l'Olimpiade di Londra nel 2012 e Coppa d'Africa giocata nel 2015. Ora la prossima rassegna continentale sarà un buon test per lui, specie se si pensa che il suo compagno di reparto sarà molto probabilmente Kalidou Koulibaly.


LA SQUADRA PER LUI
Non sono state poche le voci riguardanti un suo eventuale trasferimento in Premier League, visto che quest'estate l'hanno cercato diverse squadre (soprattutto l'Everton). Il suo contratto protegge l'Anderlecht, che avrà a disposizione Kara fino al giugno 2019. Tuttavia, il senegalese sembra il classico target pronto a fare il salto di qualità: meglio approfittarne...


6.12.16

WITNESSING TO CHAMPIONS – 2016 Edition

Sta per finire un'altra annata: il 2016 si avvicina alla sua conclusione e siamo pronti per la consueta rubrica annuale: "Witnessing To Champions" si occupa di celebrare quei campioni che in quest'anno solare hanno chiuso la loro carriera, lasciandoci diverse testimonianze del loro talento e qualche rimpianto.

È stato un anno pieno di ritiri, anche eccellenti, tanto che qualcuno è rimasto fuori dalla nostra lista. Vuoi perché il suo prime è già passato da un pezzo (vedi Mikel Arteta o Robert Pirès, di cui vi linko questo mio ritratto nel marzo scorso su Crampi Sportivi) o perché la parte finale della carriera non ha riservato le gioie avute prima (menziono Nemanja Vidić o Daniel Agger, romantico che ho celebrato in questo pezzo).

Ecco la lista dei cinque prescelti, con la solita formula "4+1", anche se l'uno del 2016 in quanto a classe non deve invidiare niente a nessuno.

  • Walter Adrián Luján Samuel (difensore, 23 marzo 1978) si è ritirato dopo un biennio trascorso al Basilea. Ha vestito le maglie di Newell's Old Boys, Boca Juniors, Roma, Real Madrid e Inter, nonché quella dell'Argentina.

Quando penso all'essenzialità, penso a Samuel. Una carriera di prestigio, piena di trofei e soddisfazioni (sopratutto nei club, meno con l'Argentina); eppure la faccia è quella di chi non ha ancora ottenuto nulla dalla propria vita calcistica. Si è ritirato dopo un finale tranquillo al Basilea, mentre oggi è di nuovo all'Inter, stavolta nello staff, per dare una mano alla sua ex squadra.



  • Luca Toni (centravanti, 26 maggio 1977) si è ritirato dopo tre anni da capitano con l'Hellas Verona. 

La carriera di Toni è stata una girandola continua: il centravanti ha vestito le maglie di 15 squadre, ha giocato in tre paesi diversi, ha vinto un Mondiale e forse l'avrei visto bene per un'esperienza in MLS. Tuttavia, ha detto basta nel momento in cui si è reso conto di non esserci più fisicamente (tanti infortuni e solo sei gol quest'anno). Lo ricorderemo per le reti e l'esultanza con la mano all'orecchio.


  • Steven George Gerrard (universale/centrocampista, 30 maggio 1980) è stato una sorpresa nel ritirarsi al termine di questo 2016. Dopo una carriera dedicata al Liverpool, ha chiuso con un anno e mezzo ai Galaxy di Los Angeles.

Devo dire che la lista era già pronta quando ho dovuto rifarla con l'annuncio di Gerrard. Chiusa l'esperienza in MLS con i Galaxy di Los Angeles, si pensava che il centrocampista sarebbe diventato il giocatore-manager del MK Dons o che sarebbe andato ai Celtic di Glasgow. Invece StevieG ha detto basta. E io, che l'ho già pianto a maggio 2015 e lo ritengo il mio giocatore preferito di tutti i tempi, piango. Ancora. Il miglior centrocampista degli anni 2000 (sorry, Don Andrès e Xavi).

  • Diego Alberto Milito (centravanti, 12 giugno 1979) si è ritirato vestendo la maglia del suo primo club, il Racing Club de Avellaneda. Ovunque è andato, l'amore l'ha raggiunto e seguito: due stint al Genoa, il periodo al Real Saragozza e soprattutto il triplete con l'Inter.

El Principe, del gol e non solo. Diego Milito è stato sempre forte, siamo noi a essercene accorti con largo ritardo. Si può esser considerati campioni a livello Mondiale solo a 31 anni e comunque non trovare posto in nazionale perché sono in troppi? Eppure il Triplete con l'Inter, le imprese in maglia Genoa e i gol segnati con il Real Saragozza (il periodo spagnolo spesso viene dimenticato) sono segni tangibili della sua grandezza. Ha chiuso con il Racing, la squadra del suo cuore, ed è giusto così.

  • Juan Carlos Valerón Santana (trequartista, 17 giugno 1975) ha legato la sua storia al Deportivo La Coruña (13 anni insieme), ma ha avuto altre esperienze al Maiorca e all'Atlético Madrid. Ha aperto e chiuso la sua carriera con il Las Palmas.

Quest'anno il +1 è di classe. Non scherziamo: se considerassimo solo la classe, il modo in cui si calcia la sfera, quel 21 avrebbe meritato altra carriera. Immagino che Valerón sia comunque contento: ha aperto e chiuso con la maglia del suo cuore; ha fatto parte della leggenda del Super Depor, quello che terrorizzava la Spagna e l'Europa negli anni 2000; ha disegnato calcio ovunque sia andato. Un fuoriclasse poco celebrato, ecco.