29.4.18

ROAD TO JAPAN: Riki Harakawa (原川 力)

Buongiorno a tutti e benvenuti al quarto numero del 2018 di "Road to Japan", la rubrica che vi guida tra i maggiori talenti del calcio giapponese. Oggi ci spostiamo in un'insolita e felice isola della J1, ovvero il Sagan Tosu. Guidato da Massimo Ficcadenti, il club sopravvive in prima divisione e sviluppa diversi talenti. Il prossimo nella lista per un salto in Europa è Riki Harakawa.

SCHEDA
Nome e cognome: Riki Harakawa (原川 力)
Data di nascita: 18 agosto 1993 (età: 24 anni)
Altezza: 1.75 m
Ruolo: Regista, centrocampista centrale
Club: Sagan Tosu (2017-?)




STORIA
Nato a Yamaguchi (capitale dell'omonima prefettura) nel luglio del '93, il giovane Riki entra nel vivaio dell'oggi Renofa Yamaguchi. All'epoca il club non era neanche lontanamente vicino al professionismo, ma era certamente il punto più vicino per sviluppare le proprie capacità.
Iscrittosi alla Yamaguchi Shiritsu Konan Junior High School, Harakawa incrocia sulla sua strada un altro grande talento della sua generazione, coetaneo e conterraneo: Yuya Kubo. Negli spazi del Ishinhyakunen Memorial Park, i due maturano e crescono assieme. E non solo, perché finiranno per condividere anche la prima parte di carriera.
Infatti entrambi vengono tesserati dal Kyoto Sanga, in cerca di talento fresco per tentare una risalita in prima divisione. Da qui, però, le traiettorie dei due divergono: Kubo esordisce presto, fa un figurone nella corsa del Kyoto Sanga nella Coppa dell'Imperatore 2011 (il club perde in finale contro il FC Tokyo) e di fatto crea i presupposti per un trasferimento in Europa.
Diverso il discorso per Harakawa, che deve aspettare il luglio 2012 per esordire in seconda divisione e non trova molto spazio nel primo biennio da pro sotto Takeshi Oki: appena 11 presenze tra il 2012 e il 2013. Così il giovane centrocampista opta per il prestito in una piazza sicura: a Ehime, Hirakawa risplende e torna a Kyoto forte delle sue nuove consapevolezze.
Il periodo passato sotto Kiyotaka Ishimaru gli ha fatto bene e, inoltre, il suo nuovo allenatore a Kyoto è proprio lo stesso del prestito a Ehime. Sotto Ishimaru, il centrocampista diventa un perno centrale del nuovo Kyoto Sanga, che però non riesce a risalire la china. Anzi, la stagione è tragicomica (17°!) e Harakawa opta per un trasferimento.
Il Kawasaki Frontale di Yahiro Kazama ha deciso di assicurarsi le sue prestazioni, ma Harakawa non sembra ancora pronto per quel tipo di salto e non c'è troppo spazio in squadra. Appena otto presenze in tre competizioni e così il giovane Riki decide per un altro prestito. Stavolta si va nel Kyushu, al Sagan Tosu, bisognoso di un centrocampista talentuoso.
L'apprendistato sotto Massimo Ficcadenti dura poco: Harakawa si rivela un perno centrale del progetto calcistico dell'ex tecnico di Cagliari e Cesena, trovando anche continuità sotto porta (sette reti in campionato). A fine anno, il Sagan Tosu ha deciso di riscattare il classe '93 e oggi Harakawa spera di confermarsi in prima divisione.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Molti hanno fatto fatica nel capire quali fossero le vere potenzialità del ragazzo. Ai tempi del Kawasaki Frontale, Yahiro Kazama non voleva sacrificare la forza e l'equilibrio di Eduardo Neto, così comincio a testare Harakawa come terzino destro: una mossa folle, che forse ci ha quasi fatto perdere un ottimo talento.
Per recuperarlo, Ficcadenti ha sostanzialmente deciso quanto Ishimaru aveva stabilito anni prima, tra Ehime e Kyoto: Harakawa è un regista, tuttalpiù una mezzala, e così va schierato. I risultati si sono visti: buone doti tecniche, corsa, visione di gioco ben applicata sul campo.
Le doti balistiche del ragazzo - unite a una rinnovata convinzione nelle sue doti - gli hanno anche permesso di aumentare il contributo sotto porta. Solo così si può passare dal segnare una rete in cinque anni di carriera alle sette del 2017.

STATISTICHE
2012* - Kyoto Sanga: 3 presenze, 0 reti
2013* - Kyoto Sanga: 8 presenze, 0 reti
2014* - → Ehime FC: 32 presenze, 1 rete
2015* - Kyoto Sanga: 32 presenze, 0 reti
2016 - Kawasaki Frontale: 8 presenze, 0 reti
2017 - → Sagan Tosu: 36 presenze, 7 reti
2018 - Sagan Tosu (in corso): 12 presenze, 0 reti
* = in J2 League

NAZIONALE
Forse ha pagato la reputazione da late bloomer in nazionale: questo talento manifesto, ma che fatica a emergere, ha limitato anche la sua presenza con le rappresentative giovanili. Presente nel trionfo dell'U-23 in Qatar nel gennaio 2016 al campionato di categoria, Harakawa era anche a Rio, ma di fatto ha giocato solo la prima gara contro la Nigeria.
Da lì, è stato ignorato. La sua crescita non è stata premiata nemmeno nell'EAFF Asian Cup del dicembre scorso, dove tutti i giocatori della J. League hanno avuto una chance. A breve ci sarà la Coppa del Mondo, che sarà il canto del cigno per capitan Hasebe: la speranza è che ci sia spazio per testarlo nel nuovo corso che verrà.

LA SQUADRA PER LUI
Harakawa sta crescendo a ritmi vertiginosi e non mi stupirei se si ritrovasse in nazionale nel gruppo post-Mondiale 2018. Ciò nonostante, è importante che prosegua la sua crescita a Saga, dove Ficcadenti gli ha cucito addosso un vestito adatto: il prossimo passo è riuscire a emergere per più stagioni, magari contribuendo a un'altra salvezza miracolosa del Tosu.

18.4.18

UNDER THE SPOTLIGHT: Samuel Tetteh

Buongiorno a tutti e benvenuti al quarto capitolo di "Under the Spotlight", la rubrica che vuole presentarvi alcuni dei possibili nuovi protagonisti del calcio futuro. Oggi ci spostiamo in Austria, dove il Red Bull Salisburgo si gode le semifinali di Europa League, ma ha mandato in prestito un ragazzo di cui (credo) risentiremo parlare: Samuel Tetteh.

SCHEDA
Nome e cognome: Samuel Tetteh
Data di nascita: 28 luglio 1996 (età: 21 anni)
Altezza: 1.80 m
Ruolo: Seconda punta, prima punta
Club: LASK Linz (2018-?)



STORIA
Nato in Ghana nel 1996, Tetteh è cresciuto nella West African Football Academy: fondata nel '98 e parte della Ghana Football Premier League, la WAFA ha tesserato il giovane nel 2014, lanciandolo quasi subito nella massima divisione ghanese. Situata a Sogakope, la WAFA è stata un'accademia legata al Feyenoord (che ha lanciato Adiyiah, Afful, Atsu).
Tetteh fa in tempo a giocare qualche gara, segnando cinque reti in 13 presenze a soli vent'anni. La Red Bull - che avrà tanti difetti, ma che ha capito come il calcio del futuro è fatto di plusvalenze e giovani da rivendere - lo adocchia e lo prende per portarlo a Salisburgo. Non subito però, perché il ghanese passerà prima dal Liefering.
Con la squadra-B del Red Bull Salisburgo, Tetteh fa quel che vuole: gioca in seconda divisione e segna 10 reti in 20 gare, con di fianco un altro prodotto dei Tori, quel Mërgim Berisha che adesso è con lui in prestito a Linz. Convinta dalle sue prestazioni, la Red Bull offre un contratto al ghanese fino al giugno 2020.
Ora viene il difficile, però, perché imporsi in prima squadra è molto più difficile. Il RB Salisburgo ha voglia di lanciare i suoi giovani, reduci dalla vittoria in UEFA Youth League nel 2016-17: purtroppo, per Tetteh c'è poco spazio. Fa in tempo a giocare una gara in coppa austriaca e quattro minuti da subentrante in una partita dei gironi di Europa League.
L'ultima gara in panchina con il Red Bull Salisburgo è contro il neo-promosso LASK Linz, che sarà anche il club a cui verrà prestato qualche settimana più tardi. La pausa invernale ha restituito un Tetteh pienamente coinvolto nella prima divisione austriaca: cinque reti in 10 presenze, cinque vittorie nelle ultime cinque gare per il LASK (otto nelle ultime dieci).

CARATTERISTICHE TECNICHE
Come per molti talenti africani, ciò che colpisce è lo spunto atletico di cui il ragazzo è dotato: Tetteh ha una velocità notevole e uno scatto secco che non perdona. Tuttavia, mi piace il lavoro che il RB Salisburgo sta facendo sul ragazzo. Mi spiego.
Teoricamente Tetteh nasce come ala: funambolico, quasi entropia allo stato puro, con finte e dribbling che fanno sognare accostamenti con il primo Cristiano Ronaldo e Bale. Invece, pare che gli austriaci stiano lavorando per trasformare il ragazzo da esterno a seconda punta, facendolo giocare molto più vicino all'area di rigore.
Mi auguro e spero che questo lavoro porti risultati: le cifre tra Liefering e Linz sembrano esser incoraggianti, ma ci vorrà tempo per valutare il tutto. Anche fisicamente gli va dato un rinforzo, perché Tetteh sembra ancora leggerino per potersi imporre in un tipo di calcio più impegnativo.

STATISTICHE
2016 - West African Football Academy: 13 presenze, 5 reti
2016/17 - → Liefering: 20 presenze, 10 reti
2017/18 - Red Bull Salisburgo: 2 presenze, 0 reti
2017/18 - → Liefering: 6 presenze, 2 reti
2017/18 - → LASK Linz (in corso): 10 presenze, 5 reti

NAZIONALE
Qui la sorpresa forse più grande: nonostante non giochi ancora con la prima squadra dei campioni d'Austria, Tetteh ha già giocato in nazionale maggiore. Dopo un buon torneo giocato con il Ghana U-20 al Mondiale di categoria del 2015 (un assist e un rigore guadagnato nel 3-2 sull'Argentina), l'attaccante è stato chiamato in prima squadra dal ct Avram Grant.
Nel settembre 2016 ha persino segnato la prima rete in nazionale, in una gara di qualificazione alla Coppa d'Africa 2017 contro il Ruanda. Rete che gli è valsa ancora più attenzione, dato che lo stesso Grant ha poi deciso di portarlo in Gabon tra i 23 del torneo. Due presenze in due gare senza particolare significato, ma comunque sono lì.

LA SQUADRA PER LUI
In questo momento, Tetteh gioca in una squadra di bassa classifica della massima divisione austriaca. Dobbiamo quindi esser realisti e dirci che attualmente l'attaccante può emergere in questo contesto, ma ha bisogno di maturare nella calma più assoluta. Magari tornando alla base, dove la Red Bull beneficerà certamente del suo talento.
Tuttavia, sarei curioso di capire se a Lipsia stiano già osservando i progressi del ragazzo, visto che proprio la casa madre si sta dotando di attaccanti come Werner e Augustin, agili e veloci: un profilo che ricalca parecchio quello che Tetteh potrebbe avere tra qualche tempo. O arriverà prima qualcun altro?

10.4.18

Un quartetto da titolo?

Il Mondiale si avvicina e la tensione si alza. Si alza soprattutto perché ci si rende conto di quanto sia un'occasione irripetibile. E se molte delle nazionali - forse almeno la metà - può esser contenta di star lì in Russia, ci sono altre che devono "deliver", quindi far risultato. Tra queste, quattro favorite che non possono fallire: andiamo ad analizzarle.

Il Brasile vittorioso in Germania: la vera favorita per il Mondiale?

Due sono europee, due sono sudamericane. Due hanno avuto recentemente risultati più incoraggianti, ma devono comunque dare un segnale di qualità in Russia; le altre due, invece, devono necessariamente battere un colpo per non dare l'impressione di essere delle eterne incompiute nell'ultimo decennio.
Meglio partire dall'Europa, in un ordine crescente che possiamo ipotizzare in relazione a quanto Russia 2018 rappresenti una chance unica per queste nazionali. Di certo, tra le quattro che menzionerò in questo pezzo, l'Inghilterra è quella che ha meno da perdere, anche se la selezione guidata dal c.t. Southgate deve portare a casa qualcosa.
La nazionale dei Tre Leoni viene da un 2017 sorprendente soprattutto a livello giovanile: l'U-20 ha vinto il Mondiale di categoria, l'U-21 è arrivata a un passo da vincere l'Europeo (ha perso in finale contro la Germania) e l'U-17 ha incantato in India, trionfando al Mondiale organizzato a ottobre.
Questo dice molto sul futuro dell'Inghilterra, che può sorridere e sperare che il meglio debba ancora arrivare. Che i progressi tattici della Premier League - dovuti all'arrivo di alcuni tra i migliori tecnici del globo (Conte, Guardiola, Klopp, Pochettino, etc.) - si facciano sentire nei prossimi anni. Tuttavia, la generazione attuale deve reagire.
Già, perché l'Inghilterra viene da un'eliminazione senza vittorie al Mondiale brasiliano e da un'uscita indegna all'ultimo Europeo contro l'Islanda. Un segnale di reazione è necessario, che deve tradursi (credo) almeno in un'entrata nelle Top 8. Una semifinale sarebbe fantastica, ma non sembra essere un obiettivo realistico (a meno che il tabellone non sia favorevole).
E che dire invece della Francia? Lì la generazione d'oro è già in campo, tanto che i Galletti potrebbero contare su tre nazionali da mandare al Mondiale, tutte capaci almeno di un approdo ai quarti di finale. L'abbondanza, però, non è contata all'ultimo Europeo, giocato in casa e perso in una finale incredibile.
Se l'uscita ai quarti di finale del Mondiale 2014 è stata fisiologica - uscire contro la Germania, poi campione del Mondo, non è un disonore -, ora quella generazione è esplosa, tanto che alcuni di quegli elementi sono maturi. Varane, Umtiti, Pogba, Griezmann erano tutti in procinto di diventare grandissimi giocatori, ma non erano ancora lì.
E che dire di quei giocatori - come Mbappé, Dembélé, Kimpembe, Lemar, Kanté, Rabiot, Martial... e la lista potrebbe continuare - che nel 2014 non erano nemmeno rilevanti nei propri club? La Francia si presenta in Russia con (forse) il patrimonio tecnico più ampio. Più persino di Germania e Spagna, considerando l'età-media.
Questa generazione potrebbe durare fino al Mondiale 2026 e portare a casa nel frattempo un altro Europeo o - si spera in patria - un altro Mondiale. Tuttavia, già a Euro 2016 si è visto qualcosa che non va, ovvero la mentalità: questo gruppo può reggere la pressione? E soprattutto, come sarebbe visto un mancato approdo alla semifinale, che sembra un target possibile per questa selezione?

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Per le due sudamericane, invece, il discorso si fa ben più grave. Una sudamericana non vince il Mondiale dal 2002 - sono ben 16 anni: pausa lunghissima fra due vittorie targate Conmebol - e due delle ultime tre finali sono state tutte europee. E sebbene quattro delle otto squadre arrivate ai quarti nel 2010 fossero sudamericane, la crisi è un'onda lunga.
L'avevo menzionato in un articolo di un anno fa su L'Ultimo Uomo (qui), ma se per ora le altre confederazioni sono lontane, il Sud America è comunque a un appuntamento decisivo. Altro dato? Le due superpotenze del calcio latino non vincono la Copa América dal 2007: nel 2011 è toccato all'Uruguay, nelle ultime due - compreso l'orrendo marchettone del 2016 - al Cile.
Tuttavia, una differenza c'è tra Brasile e Argentina. Alcuni appassionati di calcio sudamericano se ne forse dimenticati, ma c'è. E non sta per forza nei risultati - comunque favorevoli ai verdeoro, sia nei club che a livello internazionale -, che sembrano essere più una conseguenza di quanto accade nei rispettivi movimenti (e federazioni: citofonare AFA).
Il Brasile è stata la prima squadra a qualificarsi al Mondiale di Russia, con ben un anno e mezzo d'anticipo. Normale quando domini il tuo girone di qualificazione e le altre si tolgono punti: still, un risultato impressionante per chi ha fallito in lungo e in largo dopo la Confederations Cup del 2013, che sembrava solo l'antipasto del Mondiale dell'anno successivo.
Molti ricordano facilmente il 7-1 subito con la Germania, ma i segni della vera crisi si sono visti anche dopo. Il Brasile che esce male dalla Copa América del 2015, dopo aver già perso quella del 2011 (sconfitta ai rigori dal Paraguay ai quarti, proprio come quattro anni dopo). O la pessima esibizione nella Copa América Centenario 2016, con l'uscita nei gironi.
Il nuovo ct, Tite, sembra però aver trovato la quadra: un gruppo in fiducia, giocatori con maggior prospettiva e una buona striscia di risultati. Rispetto al 2002 - anno dell'ultimo trionfo Mondiale - ci sono meno stelle. Forse Neymar e Marcelo sono (per ora) gli unici giocatori di assoluto richiamo globale, però ci sono molti profili solidi e altrettanti promettenti. E del Maracanazo sono rimasti gli indispensabili.
Discorso ben diverso per l'Argentina: sempre in riferimento alle ultime due Copa América, l'Albiceleste è arrivata fino alla fine, ma ha perso due volte, sempre contro il Cile. Sempre ai rigori, sempre da favorita. E se la sconfitta del 2015 è sembrato il giusto premio per i cileni, nel 2016 la sconfitta da iper-favoriti ha fatto malissimo.
Messi ha annunciato il ritiro, salvo ripensarci (malissimo: non è un bel segnale a livello mentale). E da lì l'Argentina è ripartita con l'uomo che ne aveva causato la prima ferita continentale, quel Jorge Sampaoli che non sta però bastando a metter le cose a posto. Il percorso nelle qualificazioni Mondiali dovrebbe bastare a raccontare il tutto.
Ne avevo già parlato cinque-sei anni fa, ma il confronto tra Cristiano Ronaldo e Messi sta clamorosamente voltando a favore del portoghese. Nessun giocatore supererà più il livello tecnico e mentale di Leo, ma l'asso del Real Madrid - ora persino reduce dalla vittoria nell'Europeo - sta dimostrando che le doti donate dal Signore non bastano.
E forse non basteranno nemmeno in Russia, visto il recente 6-1 incassato dall'Argentina in amichevole contro la Spagna. Ci sono nazionali molto più solide, ma Messi e soprattutto l'Argentina si possono permettere un altro fallimento? Un'altra finale persa? Altre lacrime? Forse no. Anzi, una parte nel quartetto da titolo fa male persino a loro.

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