27.8.16

Rispettare le aspettative.

Non è andata male. Dopo i sorteggi di Champions League ed Europa League, le sei italiane che parteciperanno al calcio europeo possono guardare al futuro con un po' di fiducia. Juventus, Napoli, Roma, Inter, Fiorentina e Sassuolo sono pronti a una stagione nella quale speriamo di accorciare un po' il gap sulle prime tre nazioni nel ranking UEFA.

Paulo Dybala, 22 anni, nuovo numero 10 della Juventus.

Il sesto fallimento su otto delle italiane ai preliminari - siamo la lega che ha fallito maggiormente nell'ultimo accesso alla Champions League - ci consegna solo due squadre di Serie A nella massima competizione europea. Dopo il sorteggio di Montecarlo, possiamo comunque sorridere per come sia andata e sperare in un futuro luminoso.
Dopo una campagna acquisti gloriosa, la Juventus dà alla caccia del triplete. Non è un'utopia, bensì una possibilità: dopo i rinforzi, il dominio in Serie A non sembra in pericolo. E la Champions appare avvicinabile: tre-quattro squadre sono al livello della Juve, non sopra. E il girone con Siviglia, Lione e Dinamo Zagabria si può chiudere con il primo posto.
Diverso lo scenario del Napoli, che può comunque sorridere dopo Montecarlo. Ha preso una delle tre teste di serie affordabili (il Benfica, ma la trasferta di Lisbona sarà dura) e due avversari su cui i partenopei potrebbero trionfare (Dinamo Kiev e Besiktas). Anche qui la qualificazione è un obbligo, mentre il primo posto è una seria chance.
Mi prendo un attimo anche per commentare la nuova formula della Champions League, che sarà ufficializzata a breve ed entrerà in circolo dal 2018-19: l'ECA (l'associazione dei maggiori club europei) ha vinto la sua prova di forza e avrà un buon compromesso. Invece di creare una propria superlega, la Champions cambierà. Purtroppo.
Via la rappresentatività (l'unico pregio portato dalla presidenza Platini), mentre Spagna, Inghilterra, Germania e Italia - quest'ultima è la grande vincitrice di questa riforma - avranno quattro club ai gruppi senza passare dai playoff. Gli altri 16 posti verranno stabiliti tramite il ranking UEFA, con i paesi più piccoli in una sorta di guerra dei poveri.
Due le grandi sconfitte. Primo: il marketing (e i soldi) hanno vinto ancora. Nessuno assicura che la presenza di squadre più conosciute sarà la garanzia di maggiori introiti (altrimenti l'incessante copertura sul Leicester non sarebbe mai esistita), ma solo uno scudo per club in disgrazia con i risultati (Milan e Inter sono casualmente in questa casistica?).
Secondo: alcuni movimenti calcistici hanno avuto la chance di crescere proprio grazie alla riforma Platini. La UEFA sostanzialmente ammette che non ha nessun interesse nell'essere internazionale, bensì nell'incassare. Un concetto che mi rende triste, perché l'obiettivo del calcio dovrebbe esser quello di esser seguito ovunque, non diventare elitario.
Ah, dimenticavo un terzo. Abbiamo sostanzialmente ammesso in quanto movimento calcistico di esser incapaci di riprenderci ciò che avevamo. Visto che diversi club italiani hanno partecipato a questa riforma, stiamo ammettendo la nostra incapacità. A quanto pare, non vogliamo recuperare il gap nel ranking tramite il campo.

Marek Hamsik, 29 anni, punta a superare i gironi di Champions con il Napoli.

L'Europa League riparte da due certezze incrollabili: quest'anno le avversarie sono meno temibili, ma al tempo stesso le italiane presentano una batteria di squadre meno forti. L'unica grande favorita della vigilia è il Manchester United, che può tornare a vincere un trofeo europeo a nove anni dalla Champions alzata a Mosca.
In questo quadro, la Roma ha due pregi e altrettanti difetti. I primi risalgono alla forza della squadra e a un girone che si può chiudere con 18 punti (Viktoria Plzen, Austria Vienna e Astra Giurgiu). I difetti sono dovuti allo scarso rapporto della Roma con l'Europa League negli ultimi 15 anni e a un ambiente che forse deve riprendersi dopo l'eliminazione dalla Champions.
La Fiorentina vive un momento strano, come in un passaggio tecnico di consegne. Il girone sembra fattibile e i Viola possono concludere primi. Nuovi incroci con PAOK (già nel 2014-15), mentre Slovan Liberec e Qarabag saranno le altre due avversarie, con il lungo viaggio in Azerbaigian a complicare i piani gigliati.
L'Inter dovrà metabolizzare la cura de Boer dopo l'addio di Mancini, ma l'Europa League può esser un buon laboratorio per gli esperimenti Oranje. Il girone non sarà però altrettanto facile, con il Southampton che è un osso duro. A completare il quadro ci sono lo Sparta Praga e l'Hapoel Be'er Sheva, avversari affrontabili.
Il Sassuolo è l'ultima italiana da analizzare, dopo un buon percorso nei preliminari, chiuso con le vittorie su Lucerna e Stella Rossa. Il girone non è dei più facili - Athletic Bilbao, Genk e Rapid Vienna - ma è anche vero che il Torino di Ventura due anni fa ci stupì. Con il mercato che stanno facendo, i ragazzi di Di Francesco possono fare altrettanto.
Come ho detto ieri, quattro di queste sei squadre possono chiudere il proprio girone al primo posto. Cinque su sei devono passare, mentre il Sassuolo potrà acclimatarsi all'Europa (ma può comunque avere una chance di andare avanti). Il ranking ci restituirà a fine anno qualche altro punto recuperato, se sapremo far bene in Europa.

Domenico Berardi, 22 anni, guiderà il Sassuolo alla sua prima in Europa.

25.8.16

ROAD TO JAPAN: Junya Ito

Buongiorno a tutti e benvenuti all'ottavo numero di "Road to Japan" in questo 2016, la rubrica che ci consente di scoprire i migliori talenti nella terra del Sol Levante. Oggi ci spostiamo nella prefettura di Chiba, non lontano da Tokyo, e precisamente a Kashiwa, dove i Reysol stanno disputando un'ottima stagione. Merito anche di Junya Ito, tuttofare esterno del club.

SCHEDA
Nome e cognome: Junya Ito (伊東純也)
Data di nascita: 9 marzo 1993 (età: 23 anni)
Altezza: 1.76 m
Ruolo: Terzino destro, esterno destro
Club: Kashiwa Reysol (2016-?)




STORIA
Classe '93 in Yokosuka (vicino Yokohama), Junya Ito tenta un provino per i Marinos, ma viene scartato. Così il ragazzo a 18 anni si iscrive alla Kanagawa University, scelta nonostante diverse offerte. La crescita di Ito prosegue in casa e la Kanto Division lo nomina MVP e nel best 11 della stagione 2013 (17 gol in 20 partite).
Dopo un'altra buona annata alla Kanagawa University, un paio di club in J. League lo notano e arrivano due offerte: Montedio Yamagata e Ventforet Kofu. Ito sceglie il club della prefettura di Yamanashi, dove il Ventforet va alla caccia dell'ennesima salvezza. Scelto come Designated Special Player nel 2014, viene ufficialmente acquistato nel 2015.
La sua prima stagione da pro comincia in una vittoria casalinga sui Nagoya Grampus: Yasuhiro Higuchi lo fa subentrare nel 3-4-2-1. Nonostante il Ventforet avesse a disposizione Adriano e Takuma Abe, Ito è stato usato da centravanti e da seconda punta. Poi il licenziamento di Higuchi a causa di una serie di risultati negativi cambia la collocazione tattica di Ito.
Per sua fortuna, Satoru Sakuma ha intenzione di sfruttare il passo di Ito e schierandolo come ala destra. Il 2015 si conclude con l'ennesima salvezza del Ventforet e il giocatore comincia a esser osservato. Nel gennaio 2016, il Kashiwa Reysol decide di prelevarlo da Kofu e renderlo un elemento a disposizione della formazione di Chiba.
Nonostante venisse registrato come attaccante anche a Kashiwa, il nuovo tecnico del Reysol ha un'idea diversa. Milton Mendes pensa che Ito possa giocare da terzino: è un azzardo, ma Fujita è andato al Sagan Tosu e c'è bisogno di linfa in quel ruolo.
Milton Mendes ha lasciato Chiba dopo tre gare, ma il nuovo tecnico Tomohiro Shimotaira ha deciso di continuare quest'esperimento. Ad agosto, il periodo di prova è ormai concluso: il tecnico ha alternato Ito tra il ruolo di terzino e quello di esterno di centrocampo. La sua crescita non si chiude qui, ma è sicuramente a buon punto.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Se analizziamo il ragazzo dal punto di vista tattico, abbiamo di fronte a noi una macchina perfetta. Ito ha una grande conoscenza di diversi ruoli in campo: ha iniziato da seconda punta, usato in emergenza come riferimento avanzato. Poi ha cominciato ad arretrare il suo raggio d'azione: ala, esterno di centrocampo e infine terzino.
Dal punto di vista atletico, è infaticabile. Ovviamente deve migliorare tecnicamente, perché è ancora un po' grezzo al riguardo (ma a 23 anni tutto è migliorabile), e fisicamente, perché Ito sembra un po' esile per imporsi al di fuori della divertente J. League.

STATISTICHE 
2015 - Ventforet Kofu: 38 presenze, 4 reti
2016 - Kashiwa Reysol (in corso): 31 presenze, 5 reti

NAZIONALE
A tutt'oggi, la sua assenza nella squadra per Rio è inspiegabile. Teguramori ha deciso di fare altre scelte: nel 2016, Ito è rimasto fuori dalla lista di convocati per l'U-23 AFC Championship, il torneo di qualificazione in vista delle Olimpiadi di Rio.
Quell'esclusione è stata comprensibile: Ito non era materiale da selezione da seconda punta o esterno. Ben diverso il discorso per i recenti Giochi Olimpici: da terzino, il Giappone aveva bisogno di un esterno difensivo del genere, polivalente e veloce. Eppure Teguramori ha ignorato lui (e Sekine), nonostante il Kashiwa Reysol potesse lasciarlo andare.

LA SQUADRA PER LUI
Il ragazzo cresce e impara velocemente. La mossa migliore sarebbe quella di acquistarlo e lasciarlo almeno altri sei mesi a Chiba, magari portandolo in Europa nel giugno 2017. Sarebbe bello vederlo anche in Sud America, ma soprattutto in Olanda: l'Eredivisie sarebbe il passo più giusto per crescere ancora, specie per un esterno.

13.8.16

UNDER THE SPOLIGHT: Wu Lei

Buongiorno a tutti e benvenuti all'ottavo numero per il 2016 di "Under The Spotlight", la rubrica che ci consente di scoprire i talenti sparsi per il mondo. Oggi ci spostiamo in Cina, dove la Chinese Super League sta assumendo sempre maggior potere e importanza. Grandi acquisti stranieri, ma forse abbiamo anche il primo asso cinese, l'attaccante Wu Lei dello Shanghai SIPG.

SCHEDA
Nome e cognome: Wu Lei (武磊)
Data di nascita: 19 novembre 1991 (età: 24 anni)
Altezza: 1.74 m
Ruolo: Ala, seconda punta
Club: Shanghai SIPG (2006-?)



STORIA
Nato a Nanchino nel '91, Wu Lei è figlio di quello che oggi chiamiamo Shanghai SIPG, ma che in realtà per lungo tempo abbiamo conosciuto come Shanghai East Asia FC. La Cina solo negli ultimi anni si è interessata al calcio, ma a differenza del suo dirimpettaio Giappone, i club cambiano ancora oggi denominazione e proprietari (se non colori di maglia).
Lo Shanghai East Asia FC nasce per volere di Xu Genbao, che è stato importante per l'evoluzione tecnica del calcio cinese. Già giocatore della nazionale, ne è diventato ct per due anni, prima di allenare alcune squadre di prima divisione. Nel 2000, Xu Genbao fonda la Genbao Football Base, una struttura abnorme capace di ospitare alcune giovanili.
Di quella nidiata sono ancora in attività nello Shanghai SIPG diversi giocatori: tra di essi, c'è il protagonista di questa rubrica odierna. L'obiettivo di Xu Genbao è quello di creare una base giovanile per il calcio cinese, ma poi l'ambizione muta: il fine ultimo è la creazione di un club professionistico, che sarà appunto lo Shanghai East Asia FC.
Il club si lancia nella stagione 2006 della China League Two (terza divisione cinese) con ragazzi compresi tra i 14 e i 17 anni. Pare una follia, tanto che Wu Lei esordisce da professionista a 14 anni e 287 giorni. Invece, l'anno successivo arriva la promozione in League One. Tuttavia, il timore di un fallimento economico persisteva.
Tuttavia, il governo di Shanghai aiuta Xu e permette la sopravvivenza e lo sviluppo di questo progetto. Anzi, il proprietario scende in campo, diventando l'allenatore del club. Senza stranieri e ragazzi al massimo ventenni, lo Shanghai fa esperienza: nel 2012 la promozione in massima divisione, proprio quando altre difficoltà finanziarie stavano arrivando.
Quando il Guangzhou comincia a farsi conoscere grazie anche ai suoi acquisti milionari, a Shanghai si sceglie una strada diversa: Xu Ganbao rinomina il suo club "il Manchester United della Cina" per i suoi investimenti nei giovani. L'accordo del 2012 con lo Shanghai International Port Group (SIPG) trasforma il nome del club per sempre.
Non solo denominazione, perché il club ha cambiato anche politica: accanto a quel blocco di giovani sviluppati da Xu Ganbao, ci sono stranieri arrivati a peso d'oro - il trio Elkeson-Hulk-Conca dice qualcosa? - e allenatori con CV più lusinghieri, come l'ex nazionale Gao Hongbo (oggi ct della Cina) e Sven-Göran Eriksson, ricostruitosi una credibilità in Cina.
Voi direte: sì, ma in questa storia si parla tanto di calcio cinese e poco del giocatore. E invece serve, perché la vicenda sportiva di Wu Lei è perfetta per inquadrare la Cina del pallone nel bene e nel male. Se la strategia dello Shanghai SIPG è quello di scalzare il Guangzhou dal trono di Cina, a oggi Wu Lei è già il giocatore più forte del calcio cinese.
Il primato appartenuto a Zhang Linpeng - accostato qualche tempo fa al Chelsea e cresciuto proprio nel vivaio delle Red Eagles - sembra lontano. Alla prima apparizione in campo continentale, il club sta facendo benissimo e può giocarsi l'AFC Champions League. Il merito va proprio alla crescita costante di quest'ala con doti molto offensive.
Non è mai sceso sotto la doppia cifra di gol sin da quando aveva 19 anni e giocava in seconda divisione, ma quest'anno Wu Lei sta tracimando. Senza tornei internazionali e con la Cina ancora in corsa per il Mondiale grazie ai suoi gol (20 in 31 partite con lo Shanghai SIPG), non escluderei il premio di miglior giocatore asiatico. Specie se arrivasse la Champions League...

CARATTERISTICHE TECNICHE
Da sempre un buon attaccante, per Wu Lei è stato fondamentale l'incontro con un coach europeo di grande livello come Sven-Göran Eriksson, che l'ha migliorato anche nella fase di non-possesso. Un buon tiro dalla distanza, i giusti inserimenti e una corsa inesauribile lo rendono una risorsa per qualsiasi squadra che se ne volesse fregiare.

STATISTICHE
2006 - Shanghai SIPG**: sconosciute
2007 - Shanghai SIPG**: sconosciute
2008 - Shanghai SIPG*: 24 presenze, 4 reti
2009 - Shanghai SIPG*: 22 presenze, 6 reti
2010 - Shanghai SIPG*: 23 presenze, 10 reti
2011 - Shanghai SIPG*: 27 presenze, 12 reti
2012 - Shanghai SIPG*: 30 presenze, 17 reti
2013 - Shanghai SIPG: 27 presenze, 15 reti
2014 - Shanghai SIPG: 28 presenze, 12 reti
2015 - Shanghai SIPG: 30 presenze, 14 reti
2016 - Shanghai SIPG (in corso): 31 presenze, 20 reti
* = in China League One (seconda divisione cinese)
** = in China League Two (terza divisione cinese)

NAZIONALE
Impressionanti le sue cifre con le rappresentative giovanili: sette gol in otto partite con l'U-20, undici in nove gare con l'U-23. Con la Cina senior, sette marcature in 35 presenze. L'ultima - il 2-0 contro il Qatar a Xi'an - è stata la più importante, perché ha permesso alla Cina di qualificarsi per il rotto della cuffia sia per la Coppa d'Asia 2019 che per il prossimo round di qualificazioni a Russia 2018.

LA SQUADRA PER LUI
Sicuramente non si muoverà fino al termine del 2016, con lo Shanghai ancora impegnato a confermare il proprio posto in Champions League asiatica e magari a vincere questo torneo. Ma il dopo? Il mondo si è accorto di lui e le testimonianze non sono solo nelle statistiche (alla FIFA ha detto «Voglio essere nelle migliori condizioni per club e nazionale»).
Nel prossimo inverno, Wu Lei potrebbe essere il primo giocatore cinese ad avere una grande chance in Europa o in Sudamerica dopo tanto tempo. Vederlo confrontarsi a quei livelli - specie visto che è un prodotto del vivaio programmatico di Xu Ganbao - sarebbe un modo per saggiare se il sistema cinese ha qualche di produrre, oltre che comprare.

8.8.16

World-class?

«I manager migliori al momento? Ci sono i più giovani, come Pochettino, Tuchel e Klopp. Poi Guardiola e Ancelotti... ma io credo di essere su quel livello lì». Un'apertura forte, una frase che ti aspetteresti dal Mourinho di turno o da Luis Enrique. A pronunciarla, invece, è stato Bob Bradley, ex ct degli Stati Uniti e oggi allenatore del Le Havre.

Bradley è stato ct degli Stati Uniti per cinque anni, dal 2006 al 2011.

Sulle prime, chiunque gli darebbe del matto: Bob Bradley come Carlo Ancelotti o Pep Guardiola, gente che ha messo insieme cinque Champions League? Ma stiamo scherzando? Tuttavia, non si può certo dire che la carriera di Bradley sia da buttare. Oggi relegato in Francia, il giramondo statunitense ne ha fatta di strada dagli anni '70.
La sua carriera è stata unicamente a livello collegiale, perché a quei tempi il calcio negli USA era rappresentato dalla NASL e da una serie di stelle andate a svernare negli States. Invece Bob è stato un giocatore per quattro anni dei Princeton Tigers, la squadra affiliata alla famosa università, nonché la squadra calcistica più antica degli Stati Uniti (nata nel 1869!).
Una volta smesso, il suo destino sembrava dirigersi verso la Procter & Gamble, ma Bob voleva rimanere nel calcio e così è entrato nel coaching program della Ohio University. A 22 anni, già allena i Bobcats dell'università, passando per diverse esperienze (tra cui il ritorno a Princeton). Tutto questo finché Bradley non incontra l'uomo che gli cambia la carriera.
Quella persona è Bruce Arena, leggenda del calcio USA: è stato per otto anni l'allenatore degli Stati Uniti (dal '98 al 2006), ma soprattutto ha portato con sé Bradley nello staff tecnico dell'U-23 nel '96. Quando si separa momentaneamente da Arena, vince due trofei con Chicago e viene nominato manager dell'anno in MLS.
Talmente intelligente e talentuoso da sembrare quasi furbo (nel 2003 sfrutta una regola confusa della MLS per sostanzialmente fregare gli avversari), Bradley incassa il licenziamento dai New York Red Bulls (allora MetroStars) e poi fa crescere il Chivas USA, finché non lo chiamano alla guida dell'U-23 degli Stati Uniti.
Arena lascerà la guida della nazionale dopo il fallimentare Mondiale del 2006 e il sostituto è proprio Bradley. In realtà quest'ultimo sarebbe dovuto essere un allenatore ad interim in attesa della firma di Jürgen Klinsmann, appena liberatosi dalla Germania e atteso negli USA. Il tedesco arriverà cinque anni dopo e Bradley diventa ct a tutti gli effetti.
I cinque anni di Bradley alla guida degli Stati Uniti sono un successo più grande di quanto si potesse immaginare. Vittoriosi alla Gold Cup 2007, gli Stati Uniti toccano il loro piccolo giocando una straordinaria Confederations Cup nel 2009, quando eliminano la Spagna in semifinale (chiudendo il loro periodo di invincibilità da 35 partite) e per poco non battono il Brasile in finale.
L'esperienza si è chiusa nel 2011, con la seconda sconfitta consecutiva in finale di Gold Cup contro il Messico a pesare sul suo destino, nonostante una buona Coppa del Mondo in Sudafrica.
Bradley non si è lasciato andare e in tre mesi ha trovato un nuovo lavoro come ct dell'Egitto. Nel Nord Africa ha fatto bene, tanto da ottenere apprezzamenti per la sua decisione di vivere in Egitto nonostante la Primavera Araba fosse in atto. Il 6-1 subito dal Ghana nel play-off per qualificarsi a Brasile 2014 ha chiuso un'altra esperienza.

Dopo gli States, Bradley ha allenato l'Egitto.

Dopo le esperienze con le nazionali, Bradley ha deciso di dedicarsi alla carriera di club. Ha iniziato subito dopo la fine dell'esperienza egiziana, accettando il lavoro che non t'aspetti: la panchina del neo-promosso Stabæk, formazione della prima divisione norvegese. Un'offerta che l'ha reso anche il primo allenatore americano a gestire un club europeo.
Il giramondo non si nasconde: «Se non pensi a obiettivi di un certo livello, non riuscirai mai a rendere alla grande». In effetti, il lavoro di Bradley è stato straordinario: in due anni altrettante semifinali di coppa nazionale, un nono posto da neo-promossi e un terzo nella stagione successiva, con tanto di qualificazione all'Europa League.
Lasciata Bærum alla fine del 2015, ci vuole una nuova sfida. Il giro del globo continua, stavolta fermandosi in Francia: bastano cinque giorni per trovare un nuovo impiego. Il Le Havre - club dalle giovanili fenomenali, che hanno prodotto Payet, Mahrez e Pogba - lo chiama per cercare di tornare in Ligue 1 dopo sette anni.
Arrivato al posto dell'esonerato Thierry Goudet, Bradley ha lavorato bene da subentrato. Il Le Havre era 15° quando l'americano si è messo al posto di comando, mentre a fine 2015-16 c'è stato persino da recriminare in Normandia, visto che il club ha mancato la promozione per poco. La differenza reti con il Metz è stata la stessa (+15), ma con due reti segnate in meno.
Dopo due giornate della nuova stagione, il Le Havre è l'unica squadra a punteggio pieno in Ligue 2. Intanto, il sito della rivista FourFourTwo ne ha approfittato per inserire Bob Bradley alla posizione numero 23 della top 50 dei migliori allenatori al mondo, persino davanti a gente come Blanc, Sampaoli, Berdyev, Rueda e Pellegrini.
L'americano ha una grande possibilità in questo 2016-17, confermando i progressi dei giocatori che ha fatto crescere la scorsa annata (come Bonnet, Ayasse, Duhamel e Fountaine) e sfruttando i nuovi arrivi estivi (Thuram-Ulien, Ferhat e Mana Dembélé).
Viene in mente quell'intervista iniziale: «Non dico di essere come loro [Guardiola e Ancelotti, ndr] - non ho avuto quel tipo di opportunità - ma credo che coloro che hanno giocato con me abbiano sentito come l'esperienza sia diversa. L'allenamento è una sfida e hanno imparato molte cose che li hanno resi atleti e uomini migliori». E allora buona fortuna, Bob.

Bob Bradley, 58 anni, prova a riportare il Le Havre in Ligue 1.

3.8.16

Cinque cerchi indesiderati.

Cosa si è capito ormai? Che le Olimpiadi - almeno nel calcio - non sono più quel sogno di cui parlava il barone Pierre de Coubertin, l'uomo che ha inaugurato il rassegna a cinque cerchi nel lontano 1896, quando i Giochi partirono da Atene. Siamo nel 2016 e di fronte al panorama confuso di Rio una sola cosa sembra certa per il calcio: il Brasile DEVE VINCERE questo torneo.

Consigli per gli ascolti: Buffa e Parigi '24.

Girone A - Brasile, Sud Africa, Iraq, Danimarca

Dopo il Minerazo, l'eliminazione contro il Paraguay nella CA2015 e quella nel girone di quest'anno, al Brasile cosa rimane? Questo è un punto focale della storia del pallone verde-oro. Se non arrivasse la medaglia d'oro, cosa rimarrebbe in cui sperare? Douglas Costa e Alisson hanno dato forfeit, ma la squadra è forte, con Neymar come stella. Da medaglia: non so se d'oro...

Solo uno il fuoriquota portato dal ct Owen Da Gama, quell'Itumelung Khune che mi ha sempre impressionato tra i pali. La formazione è tutta proveniente dal proprio campionato, tranne due giocatori: Sandows (Gremio) e Mothiba (Lilla). Passare il girone sarebbe già un successo.

Una squadra molto quadrata, che ha fatto bene nelle qualificazioni asiatiche. Come per il Brasile, la rinascita del calcio iracheno passa dai risultati di questi ragazzi: un solo fuori-quota, il capitano Abdul-Amir. Ci saranno soprattutto Ali Adnan e Dhurgham Ismail, di cui ho parlato in due rubriche diverse.

Dalle premesse ai fatti, c'è da piangere. La Danimarca non è la stessa che è arrivata in semifinale all'Europeo U-21 di un anno fa: via il ct Thorup, solo 5/23 di quella rosa sarà a Rio e i grandi nomi saranno tutti assenti. I tre fuori-quota sono dei carneadi, tra cui un naturalizzato della Guinea-Bissau. Ciò nonostante, la qualificazione sembra possibile.


Girone B - Svezia, Colombia, Nigeria, Giappone

Stesso identico discorso già fatto per la Danimarca. Nonostante siano i campioni in carica uscenti, vedremo solo sei dei 23 che hanno vinto l'Europeo U-21 dell'anno scorso. Ibra non ci sarà e l'ultima beffa per il ct Ericson è stata vedere Jordan Larsson costretto a lasciare il ritiro per volere del suo club, l'Helsingborgs.

Qui le cose vanno decisamente meglio. Se Pekerman ha ringiovanito la rosa, Restrepo avrà un arsenale offensivo notevole all'Olimpiade. Cinque giocatori dell'Atlético Nacional appena incoronato campione in Libertadores (tra cui Miguel Borja e il talento Pérez), l'ex Parma Pabon e soprattutto Teofilo Gutiérrez.

Anche qui le premesse sono state disattese: si era parlato di tre fuori-quota d'eccezione, ma in realtà solo Obi Mikel sarà a Rio. Ighalo e Musa sono stati trattenuti dai loro club. L'attacco contiene qualche nome d'interesse (Sadiq della Roma ed Ezekiel dell'Anderlecht), ma ci fermiamo qui.

 Una tendenza diversa quella impostata da Teguramori. Il gruppo sarebbe potuto esser molto più talentuoso, ma alla fine è una nazionale giapponese più concreta e tenace delle precedenti. E l'amichevole persa con il Brasile qualche giorno fa potrebbe esser stata una salutare wake up call: ripetere Londra non è impossibile.

Neymar, 24 anni, capitanerà il Brasile alla caccia dell'oro.


Girone C - Figi, Corea del Sud, Messico, Germania

Sarà un'occasione straordinaria quella di Figi, la prima squadra a qualificarsi a un'Olimpiade nella zona oceanica al di fuori del dominio Australia-Nuova Zelanda. Vero, il tutto è avvenuto per un disguido amministrativo, ma i ragazzi guidati da Frank Farina accumuleranno esperienza e useranno Rio per crescere.

Se alle Olimpiadi basta anche qualche giocatore di classe per vincere, allora la Corea del Sud ha qualche seria chance di passare un girone non facile. Uno dei fuoriclasse sarà in panchina, visto che Shin Tae-yong ha vinto una Champions League asiatica. In campo, Ryu Seung-woo, Suk Hyun-jun e soprattutto Son Heung-min, concesso dal Tottenham senza troppi rimpianti.

Difendere l'oro olimpico è già impresa complicata e non farà eccezione il Messico, presentatosi con il solito serbatoio dalla Liga MX, ma stavolta un filo meno talentuoso. In panchina c'è la garanzia Raúl Gutiérrez, vincitore del Mondiale U-17 nel 2011. Qualcuno di quei ragazzi sarà a Rio, guidati da Oribe Peralta, l'eroe della medaglia d'oro a Londra 2012.

Mentre il mondo si concentra sulle sudamericane per la vittoria finale, forse l'unica squadra reduce dall'Europeo U-21 del 2015 in grado di prendersi l'oro è la Germania, che non ha mai avuto un buon rapporto con le Olimpiadi. Horst Hrubesch, demiurgo delle giovanili teutoniche, ha a disposizione un'ottima squadra, che può tranquillamente arrivare in fondo.


Girone D - Honduras, Algeria, Portogallo, Argentina

Ripetere quanto visto a Londra quattro anni fa sarà difficilissimo. Ok, in panchina c'è quel mostro strategico di Jorge Luis Pinto (la Costa Rica del 2014 nessuno l'ha dimenticata), ma confermare i quarti raggiunti nel 2012 è quasi utopico.

Se escludiamo Figi - almeno a scorrere i nomi della rosa - forse l'Algeria è la formazione più debole che si presenta a Rio. Ben 15 giocatori su 18 provengono dal campionato locale e lo svizzero Schürmann - ct della selezione - farà il possibile.

Viste le due premesse precedenti, per il Portogallo è obbligatorio raggiungere almeno i quarti. Specie nell'estate che ha visto i lusitani trionfare all'Europeo. Nelle mani di Rui Jorge non c'è uno squadrone, anzi... mancheranno molti nomi di spicco (basti pensare che il capitano è il Bruno Fernandes che non ha ancora sfondato a Udine).

Partiti per incenerire gli avversari con una selezione fantastica, l'Argentina arriva scarica come non mai a quest'Olimpiade. Doveva essere l'estate del doblete: Copa América Centenario e medaglia d'oro olimpica. Invece il Cile ha rivinto, molti club hanno negato diversi giocatori per Rio, Olarticoechea ha sostituito il dimissionario Martino e l'altro giorno l'Argentina è stata rapinata in un hotel in Messico. Alè.

Jonathan Calleri, 22 anni, una delle poche stelline dell'Argentina.

Qui ci riproviamo con il giochino dei pronostici, aiutati anche da quanto evidenziato sopra. Qualche sorpresa ci sarà per forza, vista che l'Olimpiade è per molti un terno al lotto. Comunque proviamoci: il Messico potrebbe esser eliminato dalla Corea del Sud, mentre Danimarca e Portogallo - nonostante selezioni depotenziate - ci dovrebbero essere ai quarti. Quindi (in grassetto le qualificate):

Brasile-Giappone
Germania-Portogallo
Colombia-Danimarca
Argentina-Corea del Sud

Avremmo tre sudamericane in semifinale, con l'oro quasi sicuramente nelle vicinanze di Rio. Le semifinali si andrebbero così a comporre:

Brasile-Germania
Colombia-Argentina

Un altro Maracanzo? Già, perché il Brasile giocherebbe l'eventuale semifinale a Rio de Janeiro, rivivendo gli stessi fantasmi del 2014. A quel punto la finale dell'Olimpiade sarebbe la stessa del Mondiale di due anni prima. E visto che storia tende a ripetersi, credo che la Germania possa battere un'altra volta l'Argentina.
La truppa teutonica può vincere l'oro che manca anche ai tedeschi nella loro bacheca personale, perché la Germania riunificata non ha mai vinto l'alloro (lo vinse quella dell'Est a Montréal '76). Nonostante le Olimpiadi sembrino di troppo, qualche sorpresa la regaleranno.

Mathias Ginter, 24 anni, potrebbe essere il primo giocatore dal quartetto italiano del '36-'38 (Foni, Rava, Locatelli, Bertoni) a far l'accoppiata Mondiale-Olimpiade.