31.1.17

ROAD TO JAPAN: Yosuke Ideguchi

Buongiorno a tutti e benvenuti a un anno nuovo, che ci porta in dote il primo numero del 2017 di "Road to Japan", la rubrica che ci consente di scoprire i talenti che popolano l'universo nipponico. Oggi ci spostiamo in casa Gamba Osaka, dove il 2016 ha lasciato una consapevolezza: la stagione che verrà sarà quella delle conferme per Yosuke Ideguchi, dinamo e motore del club.

SCHEDA
Nome e cognome: Yosuke Ideguchi (井手口 陽介)
Data di nascita: 23 agosto 1996 (età: 20 anni)
Altezza: 1.71 m
Ruolo: Mediano, centrocampista difensivo
Club: Gamba Osaka (2014-?)



STORIA
Nato a Fukuoka (non la prefettura, proprio la città) nell'agosto 1996, Yosuke Ideguchi cresce in una famiglia calcistica: il fratello maggiore e classe '88 Masaaki, infatti, è stato legato allo Yokohama FC prima di spostarsi in Vietnam. Il piccolo Yosuke potrebbe giocare con l'Avispa Fukuoka, squadra della regione, ma decise di sposare la causa del Gamba Osaka.
Da sempre, i nerazzurri hanno un grandissima tradizione in fatto di giovane e vivai (sebbene il Cerezo abbia fatto meglio, ALMENO in questo campo). Fin dal 2009, Ideguchi avanza nelle varie rappresentative, vincendo un paio di premi individuali e arrivando alla tanto agognata registrazione in prima squadra nel 2013. Ha solo 17 anni all'epoca, ma già se ne parla un gran bene e il Gamba lo coltiva con pazienza.
Non a caso, Kenta Hasegawa lo schiera per la prima da professionista e da titolare in J. League Cup contro il Sagan Tosu: un esperimento ripetuto per mezz'ora sul campo dei Kashima Antlers. Intanto, il Gamba concede Ideguchi alla selezione U-22 della J. League, una squadra mista che partecipa alla J3 League e dove il giovane centrocampista colleziona appena tre presenze.
Una soluzione ripetuta per la prima parte della stagione 2015, quando Hasegawa lo fa esordire in campionato sul campo del Matsumoto Yamaga, ma per lo più lo presta alla J. League U-22, dove realizza anche il primo gol da pro contro il SC Sagamihara. Nella seconda parte di campionato, però, il tecnico del Gamba gli concede più spazio: sette partite in J. League (di cui due da titolare), comparsate nelle coppe.
Soprattutto Hasegawa schiera Ideguchi tra i titolari in due fondamentali match contro gli Urawa Reds: il primo è la semifinale del J. League Championship, con il Gamba che viola il Saitama Stadium per 3-1; il secondo è la finale di Coppa dell'Imperatore, dove il giovane mediano parte titolare ed esce solo dopo 78'. Inutile dire che il 2016 è continuato su questa tendenza, con Ideguchi è cresciuto proporzionalmente al minutaggio concessogli.
Lo score dell'ultima stagione parla da sé: ben 34 presenze in cinque diverse competizioni, soprattutto sono arrivati i primi gol da professionista, che evidenziano una dote finora rimasta nascosta. Quel tiro, per altro con entrambi i piedi (anche se Ideguchi è un destro), che potrebbe diventare un'ulteriore freccia nell'arsenale offensivo del giovane centrocampista. A questo, si aggiungono i premi di miglior giovane sia in coppa di lega che in J. League.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Ripartiamo allora proprio da qui: tecnicamente parlando, Ideguchi potrebbe essere un nuovo Kazuyuki Toda, ma in realtà è molto più tecnico. L'avanzamento del calcio nipponico e la scuola del Gamba gli hanno conferito un livello di fondamentali di gran lunga migliore. C'è curiosità, perché se la crescita dovesse continuare su questo livello, Ideguchi potrebbe rappresentare un'opzione a basso costo per tanti.
Ne ha parlato persino FourFourTwo, descrivendolo così: «Con la sua abilità di controllo della palla e le ottime capacità di passaggio nel breve e nel medio, Ideguchi ha l'abilità di creare chance per i suoi compagni da varie posizioni». In realtà, questa parte andrà perfezionata: per ora il tabellino alla voce "assist" recita un misero due, ma non sarebbe un classe '96 se fosse già fatto e finito come giocatore.
Intanto, la vera curiosità è dal punto di vista tattico: parliamo di un mediano, una forza motrice in grado di estirpare palloni, ma che ha anche una tecnica di base. Ogni tanto Hasegawa l'ha persino utilizzato da esterno, ma accanto a Yasuhito Endo - capitano e simbolo del Gamba - Ideguchi ha preso il posto di Konno (riciclato in quel ruolo) e ora sembra non volerlo lasciare più. 

STATISTICHE
2014 - Gamba Osaka: 2 presenze, 0 reti
2014 -  J.League U-22 Selection: 3 presenze, 0 reti
2015 - Gamba Osaka: 20 presenze, 0 reti
2015 -  J.League U-22 Selection: 8 presenze, 1 rete
2016 - Gamba Osaka: 34 presenze, 4 reti

NAZIONALE
E qui viene il bello: attualmente Ideguchi è nel giro della nazionale maggiore, ma ha soltanto ricevuto una chiamata per gli stage e una convocazione (senza scendere in campo). Eppure la nazionale avrebbe bisogno di un profilo come lui, visto che capitan Hasebe sta giocando il miglior football della sua carriera, ma in un'altra posizione, e i suoi eredi non sembrano all'altezza.
Solitamente restio a volti nuovi, Vahid Halilhodzic ne ha parlato bene: «Voglio dare spazio a giocatori che finora non ne hanno avuto, ma che mi hanno impressionato in campionato». Ideguchi ha già fatto tutta la trafila delle rappresentative nipponiche: protagonista della vittoria del campionato asiatico U-23 nel gennaio 2016, ha poi fatto parte della squadra olimpica a Rio.

LA SQUADRA PER LUI
La tentazione di lasciarlo esplodere definitivamente a Osaka un altro anno c'è, ma qui dico sempre che c'è una maniera per ottenere la botte piena e la moglie ubriaca: lo si compra - attualmente transfermarkt ne dà una valutazione di 350mila euro (aggiornata però al febbraio 2016...) - e si lascia Ideguchi un altro anno al Gamba, dove certamente sarà protagonista. Ligue 1 o Belgio sarebbero dei buoni punti di partenza.

20.1.17

J. LEAGUE REVIEW: Ibaraki reign (Parte II)

Lo so, lo so: sono un po' in ritardo: normalmente la J. League Review è materiale da inizio gennaio, se non proprio primo dell'anno. Tuttavia, le collaborazioni di quest'anno - tra cui la preziosa connessione con J. League Regista - e la gestione di Seeking Kazu mi hanno portato via tempo. Avevo bisogno di staccare per vedere meglio il 2016 del calcio giapponese: per cui ecco la prima parte, in cui tratteremo le prime tematiche.


Rivelazione

Kim Seung-gyu
Arrivato al Vissel Kobe dopo un periodo di costante crescita con l'Ulsan Hyundai e la nazionale sud-coreana, non è il primo estremo difensore estero che la J. League ha. Anzi, proprio la Corea del Sud ne fornisce diversi. Tuttavia, la stagione del portiere del Vissel è stata magnifica, quasi a convalidare l'ottimo second stage della squadra di Nelsinho Baptista.
Perché sì, bene i gol di Leandro e Pedro Junior, la crescita dei giovani e l'arrivo di Nilton a metà campionato, ma senza le parate di Kim il settimo posto finale (secondo nel 2° stage) sarebbe stato pura utopia. Visto che c'è dietro la Rakuten (da poco sponsor del Barcellona) e tanti soldi, a Kobe sperano di fare l'atteso salto di qualità.

Yusuke Segawa
Non so voi, ma credo che l'Omiya abbia un contatto diretto con il Thespakusatsu Gunma e i suoi rookie d'oro: prima Ataru Esaka, ora Yusuke Segawa. Proveniente dalla Meiji University, al suo primo anno da pro, Segawa ha realizzato 13 gol in 42 partite. Un bello score, che gli è valso l'acquisto da parte dell'Omiya, che spera di aver fatto un altro buon affare.

L'Omiya ha perso Ienaga e Izumisawa, ma ha Esaka, ha preso Omae e ha acquistato questo classe '94 davvero niente male.

Ryuta Koike
Ero indeciso con Yuichiro Edamoto (autore di una gran stagione con il Fujieda MYFC in J3), ma volevo premiare in qualche maniera il Renofa Yamaguchi, che ha una storia incredibile e ha giocato - a tratti molto discontinui - il calcio più bello non solo in J2, ma persino nell'intero panorama giapponese, sebbene abbia portato "solo" un 11° posto alla prima annata in J2.
Tra loro, Koike ha avuto un'importanza fondamentale, anche più dell'anno della promozione: prodotto dall'accademia della JFA, al Renofa ha avuto tanto spazio e una crescita notevole. Quest'inverno il Kashiwa Reysol ci si è fiondato, visto che un buon terzino mancava all'appello: sono curioso di vederlo alla prova in J1.

Manager dell'anno

Masatada Ishii
Sebbene Nelsinho Baptista (Vissel) e Hiroki Shibuya (Omiya) meriterebbero grandi lodi, non si può ignorare quanto Ishii ha costruito a Kashima. E pensare che ad agosto aveva presentato le dimissioni per problemi di ansia. Dimissioni arrivate dopo la sostituzione in panchina per una partita (al suo posto l'assistente Go Oiwa) e la lite pubblica con Mu Kanazaki.
Poi il ritorno, le vittorie, la consacrazione e il riconoscimento ufficiale della J. League. Per uno che ha cresciuto molti dei giovani che oggi lui stesso allena in prima squadra, c'è solo il mio plauso.

Naoki Soma
Una contesa fino all'ultimo con Shuhei Yomoda (Consadole) e Takeshi Kiyama (Ehime, ma ora al Montedio: sarà nella review 2017, me la sento), alla fine ho premiato chi ha fatto la miglior stagione con le risorse che aveva. Il Machida - alla seconda esperienza in J2, dopo il toccata e fuga del 2012 - era una neo-promossa, come il Renofa.
Ma se a Yamaguchi han fatto fatica a esser continui, il Machida ha fatto un miracolo. Ha iniziato il campionato stazionando nelle posizioni di testa, ma Koji Suzuki - centravanti del club (12 gol in 25 gare) - si è fatto male, chiudendo anzitempo la stagione.
Si pensava che il Machida avrebbe mollato e invece no: 19 punti nelle ultime nove gare, chiudendo a pari punti con il Fagiano Okayama (65), andato ai play-off per la differenza reti. Ciò nonostante, Soma si è guadagnato il rispetto di tutti in questa stagione, spazzando via i dubbi che l'hanno accompagnato dopo l'avventura al Kawasaki Frontale.

In una striscia di cinque vittorie consecutive a inizio campionato, il Machida sconfigge 2-0 i futuri campioni del Consadole: è la prima volta in zona promozione diretta.


Shuichi Mase
A proposito di lavoro a lungo termine, Shuichi Mase merita il massimo riconoscimento per quanto fatto al Blaublitz Akita: quarto posto nel 2016 (la miglior stagione della storia del club), dopo l'ottavo dell'anno precedente. Nessuna stella a disposizione, rosa al 99% giapponese (un solo straniero) e soprattutto un mister in grado di fare questo. Ad Akita ha salutato tutti con una capriola, ma ora Mase è il nuovo allenatore dell'Ehime FC.

I momenti da ricordare

Yahiro Revolution
Yahiro Kazama è arrivato a Kawasaki nell'aprile 2012, dopo l'esonero di Naoki Soma. Forse nessuno avrebbe puntato su di lui, perché in fondo era uno uscito dall'università di Tsukuba (la stessa frequentata negli anni '80 da studente), uno che nel calcio professionistico non era mai stato (solo coach di università), accusato di favorire i propri figli in squadra. Eppure Kazama è una sorta di Maurizio Sarri giapponese.
Intendiamoci, niente conferenze polemiche nel post-gara sul terreno di gioco e sugli arbitri. E no, niente 4-3-1-2 o 4-3-3: lui è un fanatico del 4-4-2, che può trasformarsi in 3-5-2. Eppure il suo gioco non ha portato trofei, come si può esser innamorati di lui? Si può, si può: è lo stesso motivo per cui i Nagoya Grampus e la nazionale giapponese U-23 l'hanno assunto.

14-16 aprile 2016
La prefettura di Kumamoto è stata sconvolta da un tremendo terremoto nell'aprile 2016: io ero in Giappone, tornato a Tokyo da pochi giorni dopo un breve passaggio a Osaka e Kyoto. Se fossi rimasto lì, avrei sentito meglio quelle due scosse - 7.0 e 6.2 - che hanno sconvolto la zona. In Giappone ci sono abituati, ma è sempre difficile avere a che fare con una natura ribelle. Possiamo accompagnarla, non domarla.
Lo stesso ha provato a fare Kumamoto, che ha perso 50 vite, ma ha tentato di ripartire da capo. Il terremoto ha colpito anche il Roasso, squadra cittadina che milita in J2: partita a razzo (13 punti nelle prime cinque partite, prima dopo la vittoria a Nagasaki), Kumamoto non ha visto calcio dal 3 aprile al 3 luglio.
Il Roasso ha dovuto giocare tra Kobe, Saga e le trasferte, rimanendo comunque un mese fermo a causa dello shock, con alcuni giocatori costretti a dormire in macchina. La storia più struggente è stata quella di Seiichiro Maki, ex nazionale giapponese nato nella prefettura e tornato a casa nel 2014: è stato visto come una sorta di rappresentante non ufficiale del club, vedendolo persino lavorare come vigile nel tempo lontano dal campo.
Come ha raccontato un ottimo pezzo di J. League Regista, non è stato facile tornare a giocare. L'obiettivo di salvarsi è stato raggiunto e il Roasso ha regalato un filo di speranza ai suoi abitanti, che sperano di tornare alla normalità il prima possibile (più di 150mila sfollati).

Il Roasso tornerà a giocare solo il 15 maggio, in trasferta sul campo del JEF United. Nel frattempo, Maki e i suoi compagni han cercato di aiutare come potevano.

Goodbyes
Non c'è dubbio che sia stato l'anno degli addii strappalacrime: Daiki Takamatsu si è ritirato e ha salutato l'Oita Trinita, Kim Min-woo ha dovuto lasciare Saga per servire il proprio paese tramite la leva militare. A questi si aggiungono tanti addii sul mercato: il caso eccellente è Shunsuke Nakamura, che ha lasciato Yokohama per unirsi al Jubilo Iwata.
Ma forse il caso più romantico è stato quello di un duo che ha fatto la storia a Hiroshima: se di Hisato Sato sappiamo molto (ha firmato per i Nagoya Grampus), Koji Morisaki l'aveva promesso. Suo fratello Kazu continuerà a indossare la numero 8 con il Sanfrecce, ma lui no. Lui, il gemello meno utilizzato e che ha chiuso la carriera con tre soddisfazioni: il gol all'ultima gara, l'abbraccio con il compagno di sempre e il saluto commosso del pubblico al Big Arch.



Il caso

Addio two-stage / Soldi, soldi, soldi
Il 2016 è stato l'anno dell'addio al formato dei due stage: rientrato nel 2015 contro i tifosi e gli appassionati, la JFA ci ha ripensato. Tuttavia, il grande accordo con il Perform Group - di durata decennale e che fornirà alla J. League 180 milioni di euro all'anno - ha riportato al centro dell'attenzione la stagione a formato unico. A quest'accordo, si aggiungono quelli con EA Sports e TAG Heuer: booya, world.

Piramide in espansione & Azul Claro Numazu
Buone notizie: il calcio giapponese continua a espandersi. Un'altra squadra ha ottenuto lo status professionistico, prima certificato dalla J. League e poi corrisposto a una promozione sul campo tramite il terzo posto nella Japan Football League di quest'anno: l'Azul Claro Numazu giocherà in J3 l'anno prossimo, dove darà vita a un bel derby con il Fujieda MYFC.

Il 3-1 contro il Fagiano Okayama Next vale la promozione per l'Azul Claro.

Anche la JFL può comunque essere soddisfatta: gli spettatori sono calati (-8,6%, ma con la perdita del Kagoshima United - promosso in J3 - era normale), ma ci sono alcuni club che hanno fatto passi avanti. Il ReinMeer Aomori ha fatto registrare un +207.4%, il Vanraure Hachinohe non è rientrato in zona promozione, ma ha fatto registrare un +80% anche grazie all'apertura del nuovo stadio, il Hachinohe East Sports Park Athletic Stadium (10mila posti).
Infine ci saranno due nuove aggiunte alla JFL per il 2017: retrocesso il Fagiano Okayama Next (una cantera del Fagiano, che ha optato per questa decisione già durante l'anno), saliranno il Veertien Mie (prima squadra di Mie che si avvicina al professionismo) e il Football Club Imabari (gestito dall'ex ct del Giappone Takeshi Okada).

J. LEAGUE REVIEW: Ibaraki reign (Parte I)

Lo so, lo so: sono un po' in ritardo: normalmente la J. League Review è materiale da inizio gennaio, se non proprio primo dell'anno. Tuttavia, le collaborazioni di quest'anno - tra cui la preziosa connessione con J. League Regista - e la gestione di Seeking Kazu mi hanno portato via tempo. Avevo bisogno di staccare per vedere meglio il 2016 del calcio giapponese: per cui ecco la prima parte, in cui tratteremo le prime tematiche.


Team dell'anno

Omiya Ardija
Lo so: dovrei presentare i Kashima Antlers in pompa magna, campioni nazionali, vincitori della Coppa dell'Imperatore e secondi al Mondiale per club. Tuttavia, non dimentico i 10 mesi prima di dicembre 2016: in campionato erano arrivati terzi, la squadra sembrava in disfacimento emozionale e tutto sembrava compromesso.
Ho deciso perciò di premiare un'altra realtà: già nel 2015 non avevo dato uno yen all'Omiya Ardija, dicendo che al massimo si sarebbero potuti giocare un posto ai play-off. Non solo hanno vinto la J2, ma nel 2016 hanno giocato un calcio divertente, sono arrivati quinti e hanno fatto crescere molti giocatori. Non credo di esser fuori dal mondo se dico che l'Omiya avrebbe meritato un posto in ACL. Il problema, ora, è ripetersi. E sarà durissima.

Il punto più alto? Il 3-2 al Kawasaki Frontale: questa vittoria in rimonta è parte di una serie da 24 punti in 10 gare, con l'Omiya che era in corsa per un posto in Champions.

Consadole Sapporo
Ero indeciso tra loro e il Fagiano Okayama, ma obiettivamente - se devo usare lo stesso metro della J1 - non posso dimenticare quanto il Consadole ha dominato il campionato. A ottobre era già promosso (ha tenuto la testa della classifica dalla 13° giornata alla fine), ma tre sconfitte (contro avversari di poco conto: Verdy, Roasso e Tokushima) hanno messo in pericolo la promozione fino alla fine.

Kagoshima United FC
Anche qui: si potrebbe parlare dell'Oita Trinita e della sua promozione, ma era nelle carte che ce la potesse fare (magari non soffrendo così tanto). Però il Kagoshima ha fatto un miracolo, che statisticamente è sempre più probabile quanto ci si abbassa nelle piramidi del calcio nazionale: al primo anno di professionismo, il club è arrivato anche in zona promozione. Ha chiuso quinto, ma era terzo a un turno dalla conclusione...

La prima vittoria non si scorda mai: di rigore, Noriaki Fujimoto - top-scorer del 2016 - segna l'1-0 contro lo YSCC e il primo gol del Kagoshima United FC tra i professionisti.

Flop dell'anno

Nagoya Grampus
Onestamente? In J1 poche squadre han deluso le attese. Ok, l'Avispa è affondato velocemente, lo Shonan non si è riconfermato (ma a Cho han cambiato mezza squadra) e il FC Tokyo ha disputato un first stage da mani nei capelli. Ma nessuno potrà mai eguagliare quanto combinato dal Nagoya Grampus, anche se... ci avevo visto lungo.
A inizio stagione avevo pronosticato come loro o i Kashiwa Reysol sarebbero potuti essere la "nobile decaduta" di questo 2016. Con Ogura in panchina è andata malissimo, tanto da inanellare una striscia di ? partite senza vittorie. La retrocessione - inizialmente quasi evitata con l'arrivo di Gjurovski e il ritorno di Tulio - è diventata realtà all'ultima giornata.

Giravanz Kitakyushu
Ci ho pensato a lungo: un duello con il JEF United, che ha speso un sacco di soldi per tornare almeno ai play-off ed è finito 11°! Tuttavia, il Giravanz veniva da un ottimo biennio (5° e 7° posto), non aveva perso nessuno sul mercato e si è ritrovato fin dalle prime giornate a evitare una retrocessione che avrebbe avuto del clamoroso.
La discesa in J3 - dopo sette anni in seconda divisione - alla fine è arrivata, ma la cosa incredibile è che Kazuki Hara ha comunque segnato 16 gol e la squadra di Hashiritani è sembrata fuori posto nella lotta per evitare la retrocessione. Si ripartirà da un nuovo stadio (un gioiellino) e dalla consapevolezza che per diventare grandi tornare in J2 sarà fondamentale.

Gainare Tottori
A differenza delle prime due divisioni, qui la scelta era ampia: il Tochigi suicida nel finale di stagione dopo aver condotto per quasi tutto l'anno, l'ennesima delusione Nagano Parceiro, la ridicola stagione del SC Sagamihara, le squadre B delle grandi compagini. Tuttavia, una situazione è sembrata più deludente di altre, quella del Gainare Tottori, che fino a tre anni fa giocava in J2.
Inoltre, il Gainare ha ottenuto un quarto e un sesto posto nelle sue prime due annate in J3. Eppure qualcosa si è spezzato: quest'anno a Tottori si è visto poco o niente, con il club che ha chiuso al 15° posto. Come ha spiegato un ottimo pezzo su J. League Regista, ci sono pochi soldi e ancor meno pubblico: la J. League spera di trovare una formula magica per il club.

Il punto più basso della stagione? Il 2-0 a Morioka contro il Grulla: il Gainare scivola all'ultimo posto, dove rimarrà per quattro giornate. Un girone di ritorno dignitoso lo tirerà fuori dal fondo della classifica, ma non basterà a cambiare un'annata disastrosa.

MVP

Kengo Nakamura
La J. League ha già provveduto a premiarlo nonostante i suoi Kawasaki Frontale siano rimasti all'asciutto anche quest'anno, confermando una certa vocazione a non vincere mai (anche quando giocano alla grande). Eppure il capitano ha tirato fuori il meglio del suo repertorio a 35 anni: come ignorarlo?

Akito Fukumori
Va bene che al Kawasaki non avevamo più spazio nel settore di sinistra (han dovuto cedere Nakano per tenere Kurumaya e Noborizato), ma forse la cessione a titolo definitivo di Akito Fukumori al Consadole Sapporo - dopo due anni in prestito - potrebbe essere una di quelle mosse di cui ti penti solo anni più tardi.
Eroe silenzioso della cavalcata della squadra del nord verso la J1, Fukumori è cresciuto tantissimo: piede educato e gran tiratore da fermo, ha messo ben 11 assist quest'anno. Non so quanta produzione offensiva sia passata dai suoi piedi, ma il Consadole gli deve molto.


Noriaki Fujimoto
Non aveva mai giocato a livello professionistico: classe '90, Fujimoto vantava quattro stagioni al Sagawa Printing Kyoto Soccer Club, che ha chiuso i battenti nel novembre 2015. Ritrovatosi disoccupato, è saltato sul treno del Kagoshima United FC: oltre al risultato di squadra, lui si è guadagnato il titolo di top scorer (15 gol in 27 partite), meritatamente. Vedremo se si confermerà nel 2017.

(continua domani...)

12.1.17

African Cup of Nations 2017: imprevidibili

Dopo due anni, ci siamo. Ancora, perché la Coppa d'Africa è l'unica competizione continentale - insieme alla Gold Cup - a disputarsi ogni due anni (e non quattro). Tuttavia, gli sconvolgimenti nelle gerarchie del calcio africano sono tali che comunque si arriva a qualche sorpresa: si riparte dalla Costa d'Avorio campione ai rigori contro il Ghana, ma è possibile - se non probabile - che ci ritroveremo con una novità il 5 febbraio prossimo.

Pierre-Emerick Aubameyang, 27 anni, simbolo e capitano del Gabon.

Girone A - Gabon, Burkina Faso, Camerun, Guinea-Bissau

 Cinque anni dopo l'edizione co-ospitata con la Guinea Equatoriale, il Gabon balla da solo. Lo fa con un ragazzo che non è più una speranza, ma una star mondiale come Pierre-Emerick Aubameyang. La squadra è cresciuta come il movimento (vedi N'Dong e Lemina) e si spera di eguagliare i quarti di finale raggiunti nel 2012. L'unico dubbio? Il ct José Antonio Camacho, reduce da tre anni e mezzo d'inattività dopo la pessima esperienza con la Cina.

 Dopo la finale raggiunta nel 2013, il Burkina Faso ha deluso le attese due anni più tardi, eliminata nella fase a gironi, dove spesso ha concluso la competizione nelle sue otto partecipazioni. Molti protagonisti di quella finale contro la Nigeria (tra cui il ct Paul Put) non ci sono più: si riparte da Pitroipa, Bancé (che personaggio) e Charles Kaboré, record-man per presenze e capitano dei Burkinabé.

 Il Camerun è un grosso punto interrogativo. E lo rimarrà, perché il notevole potenziale viene superato dai casini della federazione, come dimostrato dall'esclusione di sette giocatori per quest'edizione (tra cui Eric Choupo-Moting e Joel Matip). Si riparte dal ct Hugo Broos e da quelli che ci saranno: Aboubakar, N'Koulou, Moukandjo, N'Jie. Dovrebbero passare, ma non mi stupirei se fallissero ancora (nelle ultime tre edizioni due mancate partecipazioni e un'uscita nella fase a gironi).

 Un milione e mezzo di persone affacciate sull'Oceano Atlantico, che forse mai avrebbero sognato un traguardo del genere: Guinea-Bissau è alla prima partecipazione in Coppa d'Africa e sarà una vera e propria avventura. Qualcuno ha rifiutato la chiamata, ci sono giocatori soprattutto del campionato portoghese: dei 23 convocati, solo cinque hanno giocato una doppia cifra di partite internazionali, il massimo è 20! Il ct Baciro Candé avrà il suo da fare.


Girone B - Algeria, Tunisia, Senegal, Zimbabwe

 Sono tra i grandi favoriti. In realtà, l'Algeria già due anni fa avrebbe potuto alzare il trofeo, ma la sconfitta nei quarti contro i futuri campioni della Costa d'Avorio ha interrotto qualunque velleità. Andato via Gourcuff, è arrivato Leekens: non il meglio, ma la squadra è il punto di forza. Nessuno ha in rosa Slimani, Mahrez (giocatore africano del 2016), Brahimi e tanti altri, potendosi permettere di lasciare a casa Feghouli. La top 4 sembra obbligatoria.

 Sono lontani i tempi della tripla e consecutiva partecipazione al Mondiale: nel '98, a trascinare la Tunisia ci pensò proprio Henryk Kasperczak, che dal 2015 è tornato sulla panchina delle Aquile di Cartagine. Però la squadra non è la stessa e la Tunisia non ha fornito grossi segni di vita negli ultimi anni: se escludiamo qualche giocatore interessante - Abdennour, Mkasni, Khazri - c'è poco altro da segnalare.

 Se c'è un dark horse che tanto scuro non è, quello è il Senegal. Due anni sono serviti a recuperare alcuni pezzi, sostituirne altri e a prendersi un ct come Aliou Cissé, capitano della generazione d'oro che arrivò a un passo dalle semifinali nel Mondiali 2002. Il resto lo fanno la squadra - Koulibaly, capitan Kouyaté, Keita Baldé, Mané, Kara Mbodji - e la motivazione, visto che il Senegal non supera i gironi dal 2006.

   Squalificato dal percorso di qualificazione a Russia 2018, lo Zimbabwe può togliersi la soddisfazione di giocare la prima Coppa d'Africa in un decennio: sarà la terza partecipazione dopo il biennio 2004-06. Più che in un giocatore, la forza dei Warriors è soprattutto nel suo manager, quel Callisto Pasuwa che è un'istituzione in patria e ora ha riportato la nazionale alla competizione continentale.


Girone C - Costa d'Avorio, RD Congo, Marocco, Togo

 La logica del campione in carica spesso funziona al contrario per la Coppa d'Africa. E non credo che la Costa d'Avorio sia un'eccezione: senza Hervé Renard, gli Elefanti dovranno riconfermarsi ad alto livello. Se sta crescendo una nuova generazione (Seri, Bailly, Kessiè) per sostituire chi ha lasciato (Romaric, Copa Barry, Doumbia, ma soprattutto Gervinho e Yaya Touré), la scelta di Micheal Dussuyer come nuovo ct è incerta (anche se con la Guinea ha fatto bene due anni fa). E il girone è tosto.

 Delle quattro squadre in questo girone, è quella che ha subito meno sconvolgimenti, con il gruppo più solido e le prospettive meno impazzite. La RD Congo - arrivata terza due anni fa - non avrà Yannick Bolasie (infortunato) e Benik Afobe (naturalizzato, ma con i documenti sbagliati...), però il core del gruppo è lo stesso, con due anni d'esperienza in più. Inoltre, c'è Florent Ibengé, probabilmente uno dei migliori tecnici africani, che ha anche vinto l'African Nations Championship nel 2016.

  Ammetto che ero pronto a dare il Marocco nelle top 4, contro tutto e tutti. Purtroppo le ultime notizie - con gli infortuni di Belhanda e Tannane, che salteranno la coppa, a cui si è aggiunta l'assenza devastante di Sofiane Boufal - mettono i magrebini in difficoltà. Non mi sentivo di escludere l'upset sulla Costa d'Avorio - a causa dell'esclusione dall'edizione di due anni fa per il virus ebola (il Marocco che avrebbe dovuto ospitare l'evento) e per Hervé Renard - ma ora è dura. Forse impossibile pure per il ct francese.

 Piccolo tra i leoni, il Togo punta a fare buona figura. Solo un 5-0 al Djibouti ha permesso alla nazionale di arrivare alla fase finale tra le migliori seconde: se le tue colonne sono due free agent - eccellenti, ma due disoccupati come Agassa e Adebayor - qualcosa non va. La panchina, però, è uno spettacolo: Claude Le Roy è alla sua nona Coppa d'Africa con sei nazionali diverse. Come non amarlo?


Girone D - Ghana, Mali, Egitto, Uganda

  Assieme all'Algeria, il Ghana è una di quelle squadre in danger zone per quest'edizione: il talento c'è, ma qualcosa sembra frenare l'alchimia e le possibilità di vincere. Nel caso delle Black Stars, la generazione d'oro sembra passata e il Ghana non cresce alla stessa velocità di prima. La squadra ha i soliti volti noti, tra cui quell'Avram Grant che si sarà stancato di perdere finali. Così come il Ghana: nelle ultime cinque edizioni, altrettanti posizioni nella top 4.

  Ricostruire: questa è la chiave per il Mali. Guidati da Alain Giresse (tornato al ruolo di ct dopo due anni), la squadra ha solo due over-30, ha lasciato alle spalle Seydou Keita e la miglior generazione della sua storia. Difficile passare questo gruppo.

  L'Egitto ha vissuto un decennio difficile: dopo i tre titoli continentali tra 2006 e 2010, la nazionale si è rialzata dopo tempi difficili per la situazione del paese. Ora con Héctor Cúper - rinato dopo una serie di terribili avventure dopo la discesa iniziata con l'Inter - l'Egitto sembra in corsa persino per vincere la Coppa d'Africa (mancava dal 2010!) e tornare ai Mondiali dopo 28 anni.

  Gruppo giovanissimo (solo due over-30 e 12 U-23!), l'Uganda torna in Coppa d'Africa dopo 39 anni e un secondo posto nel 1978. Merito di Milutin Sredojević, tecnico serbo che ha riportato le Cranes alla competizione continentale. Non credo abbiano chance di passare il girone, ma chiunque incontrerà l'Uganda faticherà, perché sono una squadra interessante.


Come al solito, giochino dei pronostici: nel 2013 avevo previsto la finale Costa d'Avorio-Ghana (fu Nigeria-Burkina Faso), due anni fa Camerun-Algeria (fu Costa d'Avorio-Ghana). Sbaglierò di nuovo, già lo so. Però mi diverto troppo, quindi ecco come si formerebbero gli eventuali quarti di finale:

Gabon-Algeria / Egitto-Costa d'Avorio
Senegal-Camerun / RD Congo-Ghana

L'Algeria eliminerebbe i padroni di casa, mentre l'Egitto farebbe fuori i campioni in carica. L'altra semifinale vedrebbe di fronte un Senegal capace di superare il Camerun e la RD Congo, magari capace dell'upset sul Ghana. Le semifinali andrebbero così:

Algeria-Egitto
Senegal-RD Congo

Una finale Egitto-Senegal? Visti i miei precedenti, ne dubito. Ma sarebbe bello: l'Egitto dimostrerebbe di esser rinato dopo gli ultimi e terribili sette anni, mentre il Senegal cercherebbe l'assalto alla prima Coppa d'Africa della sua storia dopo aver vinto una sfida di grosso prestigio. Buona Coppa d'Africa a tutti!

6.1.17

UNDER THE SPOTLIGHT: Fabrice Ondoa

Buongiorno a tutti e benvenuti al primo (e anticipato) numero di "Under the Spotlight", la rubrica con la quale scopriamo i talenti che crescono in giro per il mondo. Oggi parliamo di un portiere, di uno che ha avuto come garante Samuel Eto'o e che è cresciuto nell'universo Barcellona. A 21 anni, Fabrice Ondoa è un riferimento per la sua nazionale.

SCHEDA
Nome e cognome: Joseph Fabrice Ondoa Ebogo
Data di nascita: 24 dicembre 1995 (età: 21 anni)
Altezza: 1.85 m
Ruolo: Portiere
Club: Sevilla Atlético (2016-?)


STORIA
Nato nel dicembre '95, Ondoa è uno dei protegè di Samuel Eto'o, che nel 2009 si è appena trasferito dal Barcellona all'Inter. Tuttavia, la sua accademia a Yaoundè produce discreti talenti: tra questi, Ondoa è un portiere che milita nell'academy dell'attaccante dal 2006 al 2009, quando il Barcellona lo prende, battendo la concorrenza dell'Atlético Madrid.
Cinque anni nella Masia sono tanti, ma alla fine il camerunense riesce ad accedere alla squadra riserve del Barcellona dopo aver vinto la Youth League. Arriva persino il rinnovo fino al 2017, come se il Barca pensasse di aver trovato l'ideale successore di Victor Valdes. Poi gli arrivi di Bravo e ter Stegen hanno sostanzialmente tolto spazio ai giovani in quel ruolo.
Non è andata meglio con il Barca B: una sola presenza nel 2014-15, ad agosto, contro il Sabadell. Addirittura la squadra è retrocessa dalla Liga Adelante, scendendo nuovamente in terza divisione. Lì Ondoa ha trovato un filo di spazio in più (cinque presenze), ma non la continuità di cui aveva bisogno. E allora addio Barca, tanto da rescindere il contratto.
Allora Ondoa firma fino al giugno 2019 con il Gimnàstic di Tarragona, che milita in Liga Adelante e forse gli può dare più spazio. In realtà, il Nastic è in corsa per la promozione e lo relega in panchina. Così quest'anno è arrivato il prestito al Siviglia-B (con opzione di riscatto), anch'esso in cadetteria, ma per ora zero presenze sono un dato misero per Ondoa.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Non è la prima volta che il Camerun produce discreti portiere: Thomas N'Kono, Jacques Songo'o e Carlos Kameni sono solo degli esempi di come questo paese incastrato sull'Oceano Atlantico possa regalare grandi talenti o persino campioni. Ondoa segue questa dinastia e ci sono alcune chance che possa continuarla onorevolmente.
Fisicamente sembra maestoso, anche se la tecnica deve ovviamente subire qualche progresso. Se sotto quel punto di vista può sembrare grezzo, Ondoa ha un'esplosività marcatamente africana, che lo porta a compiere miracoli e sciocchezze. Ma è proprio un lavoro attento su un ragazzo - che rimane un classe '95! - che nasconde un potenziale fenomeno.

STATISTICHE
2014/15 - Barcellona B: 1 presenza, 1 rete subita
2015/16 - Barcellona B: 5 presenze, 10 reti subite
2015/16 - Gimnàstic : 0 presenze, 0 reti subite
2016/17 - Sevilla Atlético (in corso): 0 presenze, 0 reti subite

NAZIONALE
Proprio il rendimento in nazionale fa crescere i rimpianti per Ondoa, che sta forse sbagliando qualche scelta di troppo nella sua carriera di club. Già, perché l'estremo difensore ha raccolto appena sei presenze da professionista, ma con il Camerun ha giocato ben 21 partite, di fatto diventando il titolare della sua nazionale.
La cosa è incredibile a tratti: perché mai un semi-pro dovrebbe sopravvanzare gente come Carlos Kameni? Beh, il portiere del Malaga non è più tra i convocati da un bel po' e un classe '95 cresce solo facendolo giocare. Il Camerun ha adottato quest'approccio sin dal 6 settembre 2014, quando Ondoa esordisce con una clean sheet contro la RD Congo.
In questi due anni, il Camerun è rimasto immerso nella confusione vista al Mondiale 2014, tra chiamate mancate e occasioni perse. Ha anche cambiato ct - da Volker Finke a Hugo Broos, passando per l'interim di Alexandre Belinga - ma Ondoa è rimasto un riferimento, giocando persino da titolare contro la Francia e nella Coppa d'Africa 2015. 
Confermato nel roster per l'appuntamento 2017, Ondoa dovrà dimostrare di valere qualcosa. Anche perché l'altro fenomeno del calcio camerunense - quell'André Onana che sta facendo bene all'Ajax - sarà un avversario temibile.

LA SQUADRA PER LUI
Il fatto di aver giocato così poco nei club può in realtà essere un benefit sul mercato: quante storie potrà fare il Nastic per lasciarlo andare? Poche, in realtà. Una squadra piccola potrebbe puntarci, magari sfruttando anche lo status da spagnolo di Ondoa. Penso a qualche club di Serie B che potrebbe fare un colpaccio, visto che transfermarkt valuta il camerunense 300mila euro.