30.6.16

ROAD TO JAPAN: Shinya Yajima

Buongiorno a tutti voi e benvenuti al sesto numero del 2016 per "Road to Japan", l'inserto che punta i migliori talenti del calcio professionistico in Giappone. Oggi ci spostiamo a Okayama, terra del Fagiano e della sua favola Momotaro: seppur in prestito dagli Urawa Red Diamonds, il talento di Shinya Yajima sta venendo fuori in maniera prepotente.

SCHEDA
Nome e cognome: Shinya Yajima (矢島 慎也)
Data di nascita: 18 gennaio 1994 (età: 22 anni)
Altezza: 1.71 m
Ruolo: Trequartista, esterno di centrocampo
Club: Fagiano Okayama (2015-?)




STORIA
Nato nel gennaio 1994, credo sia difficile trovare un figlio dei Reds più di Yajima: nato proprio a Urawa, nella prefettura di Saitama, il giovane Shinya cresce nelle giovanili del club della Mitsubishi fin dall'età di 12 anni. Dopo un lustro, la società lo ritiene pronto per l'entrata in prima squadra, dove esordisce in Coppa dell'Imperatore contro il Tokyo Verdy.
L'arrivo di Mihailo Petrović sulla panchina dei Reds cambia diverse cose: si passa al 3-4-2-1 e per Yajima aumenta il minutaggio. Nel 2012, arriva anche l'esordio in J. League e i primi gol da professionista: il primo centro con i Reds è in una sconfitta casalinga per 4-1 contro il Cerezo Osaka durante un incontro della J. League Cup.
Tuttavia, il successivo anno e mezzo lo vede bloccato: gli Urawa Reds comprano diversi giocatori per rinforzarsi e non c'è spazio per lui nell'ampia rotazione che Petrović dovrebbe fare. Il suo alter-ego Kashiwagi gli occupa il ruolo e così Yajima gioca alcune partite in J3 League con la selezione U-22 della J. League (un gol in tre presenze).
Tuttavia, tornato agli Urawa Reds, la situazione non è cambiata. Anzi, i Reds hanno comprato anche Takagi dallo Shimizu S-Pulse, quindi lo spazio si è ulteriormente ridotto. Meglio andare in prestito stabilmente. E qui capita la fortuna delle fortune, perché Yajima sceglie il posto giusto al momento giusto: la meta è Okayama.
Il Fagiano Okayama è una squadra che stabilmente sta crescendo e che potrebbe centrare a breve il suo primo storico accesso ai play-off. Yajima gioca da titolare nel sistema di Tetsu Nagasawa (il 3-4-2-1, proprio come a Urawa), ricoprendo il ruolo di trequartista. Alla seconda partita segna un gran gol a Tokushima, poi incanta con una rete e un assist contro il Roasso.
La scelta paga: 38 presenze, 8 reti. Il ragazzo ha decisamente della stoffa: l'hanno capito a Okayama, dove hanno fatto di tutto per tenerlo in prestito un altro anno. Tanto la situazione non è cambiata al Saitama Stadium: meglio continuare al Fagiano.
Non solo: Shinya ha deciso di prendersi un numero pesante, passando dal 24 del 2015 al 10 di quest'anno. Un'incoronazione definitiva per chi si è preso in mano la squadra durante questa stagione. Le cose stanno andando benissimo al Fagiano: il club è a -4 dalla vetta, -2 dalla promozione diretta. Il quarto posto, per ora, varrebbe gli ambiti play-off.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Dal punto di vista tecnico, Yajima è molto interessante. Buon scatto da fermo (non proprio un corridore straordinario), ti salta da fermo. Dotato di un'ottima visione di gioco, ha un buon senso dell'assist e un discreto destro dalla distanza.
Tatticamente parlando, invece, il ragazzo stupisce. Ha un futuro da play se imparasse a difendere, ma per ora il trequartista è la sua posizione. In U-23 viene usato sulla fascia, sacrificando così in parte le sue capacità tecniche. Sarà interessante vedere quanto questo stratagemma funzionerà nel 4-4-2 del Giappone a Rio.

STATISTICHE
2011 - Urawa Red Diamonds: 1 presenza, 0 reti
2012 - Urawa Red Diamonds: 14 presenze, 3 reti
2013 - Urawa Red Diamonds: 7 presenze, 0 reti
2014 - Urawa Red Diamonds: 6 presenze, 1 rete
2014 -  J. League U-22 Selection: 3 presenze, 1 rete
2015 -  Fagiano Okayama: 38 presenze, 8 reti
2016 -  Fagiano Okayama (in corso): 18 presenze, 3 reti

NAZIONALE
Troppo presto per esser chiamato per la nazionale maggiore. Se escludiamo i casi eccellenti legati al F.C. Tokyo 2011 e al Gamba Osaka 2013, difficilmente i giocatori di seconda divisione vengono inclusi nella Nippon Daihyo.
Tuttavia, un'altra strada per arrivarci c'è e si chiama U-23. Salvo defezioni dell'ultima ora, Yajima sarà sicuramente a Rio per disputare l'Olimpiade. E se ci sarà, il ct Teguramori lo includerà certamente nei titolari. Siamo curiosi di vederlo all'opera.

LA SQUADRA PER LUI
Nonostante le statistiche sembrino meno favorevoli, dopo il torneo asiatico U-23 il livello di gioco di Yajima si è alzato terribilmente. Dal diamante grezzo visto sgobbare sulla fascia in Qatar si è visto un altro giocatore al Fagiano.
L'occasione fa l'uomo ladro, dice qualcuno: ecco, è il caso di usare quest'adagio in questo momento della carriera di Yajima. Prenderlo ora potrebbe esser un colpo stile Kagawa-BVB. Nell'estate del 2010, i gialloneri portarono a casa Shinji per appena 300mila euro. Forse è il caso che qualcuno ci provi PRIMA che l'Olimpiade faccia il suo corso.

24.6.16

Un perdente di successo.

Devo fare una doverosa premessa: non sono mai stato un amante degli uomini soli, degli eroi presuntuosi e invincibili (almeno in partenza). Sarà per questo che il mio giudizio su Zlatan Ibrahimović è sempre stato diviso: giocatore tecnicamente straordinario, ma uomo di bassa leva e senza romanticismo. In nazionale, però, si è rivelato anche un perdente.

Ibrahimović nel 2001, alle prime apparizioni con la Svezia.

Già m'immagino la reazione alla mia ultima frase. Come si può definire "perdente" qualcuno che ha amplificato la fama svedese nel calcio, un giocatore da 116 presenze e 62 gol con la sua nazionale, il top-scorer all-time dei Blågult? Eh, si può, guardando i risultati.
Fin da piccoli, ci raccontano (giustamente) che il calcio è uno sport di squadra, che i singoli contano fino a un certo punto e che sono i collettivi a emergere, specie nei tornei a lunga distanza. C'è chi ha scavalcato questa retorica - a me viene in mente un solo nome: Diego Armando Maradona - ma personaggi come Ibra hanno puntato su questo.
Il discorso per lui è sempre stato: «Sono il migliore di tutti i tempi: se la nazionale va male, non è colpa mia». Eh no, fermati un attimo: la premessa della frase di sopra non può esser separata dalle sue conseguenze. Se ci si dichiara al mondo come il migliore - pantomima ripetuta all'addio dal PSG - allora bisogna prendersene le responsabilità.
Ma Ibra, come sappiamo, è molto bravo a farlo tecnicamente e mediaticamente. Con la nazionale, invece, non è andata sempre così bene. Ibrahimović ha fatto il suo esordio con la Svezia nel 2001, scegliendo i gialloblu invece che Croazia o Bosnia. Dopo esser passato all'Ajax, Ibra va anche al Mondiale 2002, dove s'intravede che ha mezzi notevoli.
Quella nazionale arriva agli ottavi, buttata fuori dal Senegal ai supplementari, ma capace di eliminare l'Argentina e arrivare prima nel gruppo F, dove ci sono anche Inghilterra e Nigeria. Ibra nel frattempo si afferma ed è una delle stelle per Euro 2004, dove però i senatori sono ancora quelli del gruppo storico di USA '94.
La Svezia fa un figurone all'Europeo: c'è il biscottone, ma noi vinciamo solo al 94' con la Bulgaria, mentre la Svezia la travolge 5-0. Gli svedesi escono ai quarti contro l'Olanda, ma solo ai rigori. Nel 2006, la transizione è quasi completa: Ibra è la stella indiscussa, ma Ljungberg porta la Svezia agli ottavi, dove la Germania elimina la squadra di Lars Lagerbäck (oggi ct dell'Islanda).
Il Mondiale tedesco è l'ultima recita di un certo livello per alcuni pezzi fondamentali: Teddy Lučić, Niclas Alexandersson, lo stesso Ljungberg, Henrik Larsson, Marcus Allbäck. Molti di loro ci saranno in Svizzera e Austria, ma non sembrano gli stessi. In compenso, Ibra è diventato una star mondiale: per una volta tocca a lui trascinare gli altri.
Se prendiamo in esame i risultati di Ibrahimović dall'Europeo 2008, c'è da piangere la notte. Su tre Europei, la Svezia non ha mai passato la fase a gironi, pur arrivando alla fase finale tutte e tre le volte. Certo, potremmo obiettare che senza l'Europeo a 24 squadre, la Svezia non sarebbe stata in Francia... ma passiamo oltre.
Per non parlare del Mondiale, che è un tasto dolente per Ibrahimović: ne ha giocati due, ma non da stella. L'ultima sua presenza in Coppa del Mondo è datata giugno 2006, quando aveva 24 anni e il futuro davanti. Ibrahimović vi risponderà che i compagni non sono adeguati. Anche qui, la verità non sta proprio in quanto riporta il centravanti.

Ibra cerca una scusa per questo gol mangiato, ma può solo sbattersi sul palo.

La Svezia ha avuto due nidiate abbastanza buone dall'U-21. La prima è quella del 2009, quando arriva in semifinale nell'Europeo di categoria; la seconda è dell'anno scorso, quando l'Europeo lo vince. L'impressione, però, è che la presenza di Ibrahimović abbia oscurato piuttosto che favorito la crescita di questi ragazzi.
La verità è che il prototipo del calciatore invincibile, una macchina capace di sconfiggere chiunque da solo esiste da sempre e continuerà a esistere: a oggi, gli esponenti migliori di questa scuola sono lo stesso Ibrahimović e un portoghese arrivato da Madeira.
Ma se Cristiano Ronaldo ha vinto due Champions negli ultimi tre anni e ha comunque segnato una doppietta ieri nella sfida da dentro o fuori contro l'Ungheria (con il Portogallo che si è qualificato come miglior terza: non il risultato che ci si aspettava), la Svezia chiude quest'Europeo senza vittorie, senza gol segnati in proprio (solo un'autorete) e ultima nel girone.
Soprattutto, Ibrahimović chiude la sua carriera in nazionale confermando il trend di cui parlavo sopra. Hamren contava molto sulla sua straordinaria forma e motivazione per portare la Svezia almeno agli ottavi: un obiettivo più che possibile nell'Europeo a 24 squadre. Invece, l'Europeo di Ibra - forse anche più di quello della stessa Svezia - è stato deludente.
Pochi sprazzi, tanta solitudine davanti e soprattutto un'indolenza che non anima il suo spirito nei club, dove ha vinto tutto (tranne la Champions). Si attende ancora di capire il suo futuro, visto che il contratto con il PSG è giunto al termine e ora si attende la nuova destinazione. Se fosse un romantico, Ibra sarebbe già a Malmö, ma non andrà così.
Si parla di Stati Uniti. Di Manchester United, di nuovo con Mourinho ad allenarlo. In generale, la Premier sembra la meta più probabile. Eppure non riesco a interessarmi a Ibra. Il suo ritiro sarà un bene per la Svezia: niente più coperta di Linus per futili scuse. Se aggiungiamo i ritiri di Isaksson e Källström, toccherà ai giovani riprendere in mano la nazionale.
Ibra vi ha preso in giro. Annuncia di aver scelto la sua nuova squadra, ma in realtà pubblicizza la sua linea di abbigliamento. L'hanno messo nella pre-lista per Rio 2016, ma lui ha già detto che la partita contro il Belgio è stata l'ultima. Il suo procuratore è Mino Raiola, il che è tutto dire. Non c'è che dire: per quanto riguarda la nazionale, un perdente di successo.

Zlatan Ibrahimović, 34 anni: addio alla nazionale, mancherà a qualcuno?

22.6.16

Più grande di Chilavert.

Mentre il mondo si concentra su Europei ed esito finale della Copa América, forse è meglio concedere un omaggio a chi queste competizioni non le sta più giocando. Il suo Paraguay ha deluso un po' le attese al primo test della nuova generazione, ma Justo Villar è sempre lì. Altro che "vita da mediano": lui è un arquero d'eccezione.

Villar con la maglia del Colo-Colo, per ora ultima tappa di una lunga carriera.

39 anni a fine mese, ci si chiede se il percorso di Villar con la sua nazionale sia giunto al termine dopo una lunga cavalcata. Viene quasi da ridere ripensando a vent'anni fa, quando il giovane Justo - arrivato da Cerrito, piccolo villaggio da mille abitanti e con tanti indios al suo interno - muoveva i suoi primi passi da professionista con il Club Sol de América.
L'allenatore dei portieri era Modesto Sandoval (colui che ha lavorato con Mondragon, Chilavert, Goycochea, etc.), mentre il suo allenatore era Ever Hugo Almeida, un ex portiere naturalizzato paraguayano. Aveva giocato per l'Albirroja e vissuto i fasti migliori dell'Olimpia Asuncion, vincendo due Libertadores da giocatore.
Almeida ha visto qualcosa in Villar e l'ha fatto crescere senza problemi, ma il legame tra i due non si ferma qui. Quando Almeida è il ct del Paraguay per la Copa América 1999, Villar viene convocato, con l'opportunità di esordire in nazionale nel marzo dello stesso anno: è la prima di 118 presenze.
A oggi, quel numero rende Villar il secondo giocatore più presente nella storia del Paraguay, dietro solo al centrale e suo compagno di squadra Paulo da Silva (quota 137). Se in nazionale Villar è stato fondamentale, ben diversa è stata la storia nei club: dopo il Club Sol de América, l'arquero ha iniziato un lungo giro per il mondo.
Dopo aver giocato anche per il Libertad, arriva la grande occasione con gli argentini del Newell's Old Boys: Villar vince l'Apertura del 2004, è nominato per il "portiere dell'anno" in Sud America e vince il premio di miglior giocatore paraguayano. A 27 anni, la fortuna sembra finalmente sorridergli. Tuttavia, quell'hype non avrà seguito.
Intendiamoci: Villar ha SEMPRE giocato. Mai un numero dodici in vita sua. Tuttavia, stupisce come un signore del genere abbia avuto come massima esperienza europea un triennio al Real Valladolid di José Luis Mendilibar, dove ha dovuto combattere per il posto da titolare con Sergio Asenjo e Jacobo. Nel 2011, l'addio dovuto al salario troppo alto.
Villar è poi sì tornato alla ribalta in Sud America, ma ha dovuto ricostruirsi una reputazione di club a 34 anni. Prima l'Estudiantes in Argentina, poi il titolo con il Nacional in patria e oggi la figura di estremo difensore insuperabile nei cileni del Colo-Colo, con i quali ha vinto due titoli consecutivi. Ci si chiede ora quale possa essere il suo futuro.


Nella mia vita, forse solo Eduardo Vargas ha vissuto un tale sfasamento tra la fama di club e quella in nazionale. Perché da quel lontano 1999, Justo Villar ne ha fatta di strada con il Paraguay. La prima competizione internazionale fu quella Copa América, ma Justo sarà presente in altre sei edizioni. E soprattutto sarà a tre Mondiali.
Il Paraguay è stato una presenza fissa dal 1998 al 2010: di queste quattro Coppe del Mondo, Villar ne ha disputate tre. Nel 2002, Cesare Maldini - all'epoca ct del Paraguay - lo scelse come riserva di Chilavert, capitano e simbolo dell'Albirroja. Poi il portiere-goleador decide di lasciare il calcio internazionale nel 2003 e bisogna scegliere il successore.
Ci sarebbero Derlis Gómez e Aldo Bobadilla, già inseriti nel giro della nazionale. Ci sarebbe anche Ricardo Tavarelli, che però ha già 33 anni ed è in là con l'età. E allora tocca a Justo, che dalla Copa América 2004 si prende i galloni da titolare, con tutti i rischi del caso.
Il Mondiale 2006 non va bene, anzi è una sfiga totale: appena il tempo di giocare otto minuti in Germania sotto la guida di Aníbal Ruiz e arriva l'infortunio all'esordio contro l'Inghilterra. Villar è amareggiato, ma le soddisfazioni devono ancora arrivare.
A 33 anni, il portiere si riscopre decisivo. Non gioca in Liga e non con il Barcellona, ma con il Real Valladolid. Nessuno punterebbe un euro su di lui: invece, l'assetto difensivo e roccioso del Tata Martino esalta anche lui. Non solo: il capitano sarebbe l'esperto Denis Caniza, ma il difensore non gioca e quindi la fascia se la prende Justo.
Il Paraguay vive un Mondiale magico: non è dominante, ma supera tutti gli ostacoli. Arriva persino a un passo dall'eliminare la Spagna, che poi si laureerà campione del Mondo. Un anno dopo, la Copa América presenta lo stesso scenario: il Paraguay arriva in finale giocando un calcio fin troppo conservativo, ma c'è un motivo per giocarlo.
Quel motivo è il numero 1 con la fascia di capitano al braccio: Villar è di gran lunga il miglior portiere del torneo e ipnotizza i brasiliani nei quarti di finale. Non si capisce dove inizi la fortuna Albirroja e dove finisca la bravura di Villar, che si è ripetuto anche quattro anni più tardi, con il Paraguay quarto in Cile.
Il coach è cambiato e cambierà ancora (Ramón Díaz ha lasciato da qualche giorno), ma ripartire da Justo Villar sembra esser l'unica risposta per il Paraguay. Dietro di lui non c'è nessuno e lui non ha intenzione di smettere: basti pensare che non farà vacanze, ma inizierà direttamente il ritiro con il Colo-Colo. Quando sei più grande di Chilavert, capita di stupire.

Justo Villar, 38 anni, l'arquero del Paraguay da un decennio.

15.6.16

UNDER THE SPOTLIGHT: Óscar Romero

Buongiorno a tutti e benvenuti al sesto appuntamento con la rubrica "Under the Spotlight", che vi racconta i talenti sparsi in giro per il mondo. Con la Copa América in pieno svolgimento negli Stati Uniti, non potevamo che fermarci lì. Il Paraguay di Ramon Diaz sarà pure uscito, ma quell'Óscar Romero della Blanquirroja è un giocatore interessante.

SCHEDA
Nome e cognome: Óscar David Romero
Data di nascita: 4 luglio 1992 (età: 23 anni)
Altezza: 1.76 m
Ruolo: Ala, trequartista
Club: Racing Club (2015-?)



STORIA
Nato a Fernando de la Mora nel luglio '92, Romero cresce in una famiglia a forti tinte calcistiche, visto che il fratello gemello Ángel milita nel Corinthians (avendo però meno fortuna in nazionale). Romerito cresce dal 2005 nelle giovanili del Cerro Porteño, dove esordisce da pro all'età di 18 anni, attirando le attenzioni di molti club europei e non.
Si parla di Real Madrid (seppur con la squadra-B), Valencia e Baniyas SC, ma la vera svolta arriva con Francisco Arce in panchina. Alla guida di El Ciclón, l'ex nazionale paraguayano dà molto più spazio ai gemelli Romero. Ne risente positivamente Óscar, che dalla stagione 2013 ha finalmente un posto da titolare nel Cerro Porteño.
L'exploit diventa poi conferma nel 2014, quando le prestazioni dei Romero vengono notate anche in Sud America. Se il fratello Ángel finisce in Brasile, Óscar viene comprato dal Racing Club di Avellaneda per la bellezza quasi tre milioni di dollari. Un bell'esborso per chi in Argentina sarebbe dovuto arrivare prima: il Boca scartò Romerito a 14 anni.
Dopo due titoli in Paraguay, l'obiettivo è replicare i successi anche con il Racing, che vede gli ultimi scampoli di Diego Milito sul terreno di gioco. La squadra di Diego Cocca vuole far bene in Libertadores. Purtroppo il cammino del Racing si è fermato nel 2015 contro il Guaranì ai quarti, poi quest'anno agli ottavi contro l'Atlético Mineiro.
Intanto, Romerito si è conquistato il pubblico dello stadio El Cilindro, così come il nuovo tecnico Facundo Sava, che spesso lo utilizza nel suo 4-4-2. C'è persino chi in Argentina parla di Inter sulle tracce del paraguayano.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Tecnicamente parlando, assistiamo  a un giocoliere. Dotato di ottima tecnica individuale e di un buon tiro dalla distanza, il mancino di Romero serve sia a creare diverse occasioni da gol (già sei assist quest'anno) che a provare la conclusione dalla distanza. Ricorda un po' Mauro Rosales, sperando che la traiettoria della sua carriera sia diversa.
Se invece proviamo a fare una riflessione dal punto di vista tattico, deve imparare a piacersi un po' di meno. A volte la concretezza aiuta, specie quando ti schierano sulla fascia - destra o sinistra, poco importa - e devi collaborare anche in fase difensiva. Diverso il discorso quando Romerito viene messo alle spalle della punta, posizione in cui può esser schierato.

STATISTICHE
2011 - Cerro Porteño: 10 presenze, 1 rete
2012 - Cerro Porteño: 7 presenze, 1 rete
2013 - Cerro Porteño: 43 presenze, 6 reti
2014 - Cerro Porteño: 54 presenze, 9 reti
2015 - Racing Club: 36 presenze, 4 reti
2016 - Racing Club (in corso): 20 presenze, 6 reti

NAZIONALE
Romero ha esordito con il Paraguay nel 2013. La nuova gestione targata Ramón Díaz aveva bisogno di linfa fresca per la nazionale dopo che la grande generazione dei Villar e dei Santa Cruz era diretta verso la fine. Romero è stato convocato sia per la Copa América 2015 che per quella in corso negli Stati Uniti.
Se il Paraguay ha già abbandonato l'attuale competizione, l'anno scorso arrivò quarta. E Romero avrà forse maggior importanza nel futuro del Paraguay, anche se deve imparare a controllarsi (vedi l'espulsione rimediata contro la Colombia). Con Diaz che ha appena rassegnato le dimissioni, vedremo cosa succederà in futuro.

LA SQUADRA PER LUI
Transfermarkt indica che l'attuale valutazione di Romero è di quasi quattro milioni di euro. Il ragazzo deve maturare: rimanere con il Racing per almeno altri sei mesi - se non un intero anno - gli farebbe bene. Tuttavia, una grande squadra (es. l'Inter, ma anche l'Atlético Madrid) potrebbe comprarlo e parcheggiarlo in Argentina per il tempo necessario.

9.6.16

Rivoluzione - Euro 2016 (Part II)

Come cambia il calcio (e la vita), eh? L'estate di quattro anni fa sanciva la superiorità spagnola sul resto del mondo. Oggi le gerarchie del calcio europeo sembrano cambiate di parecchio: si parte con Euro 2016 e la sua partita inaugurale, Francia-Romania. Il primo a 24 squadre (di cui cinque debuttanti) regalerà diverse sorprese: ecco la seconda parte della guida.

Come ci eravamo lasciati: il 4-0 della Spagna all'Italia a Kiev.

Girone E - Belgio, Italia, Irlanda, Svezia

 Arrivati al numero 1 del ranking Fifa, i Diavoli Rossi di Wilmots hanno lo stesso problema della Francia: sono forti, maturati dopo il Mondiale 2014, ma praticamente senza terzini (e senza il capitano Kompany). Davanti sono una corazzata, ma riusciranno a giocare bene, oltre a essere tra le favorite della competizione?

 Milioni di allenatori occasionali si sono schierati contro la nazionale di Antonio Conte (pronto per il Chelsea), ma il problema sembra ben diverso da due anni fa: quest'Italia non è mal allenata o gestita, semplicemente non è forte. Il secondo posto nel girone è il target, i quarti di finale il best case-scenario in quest'Europeo.

 Anche qui il miracolo è già fatto: l'Irlanda è finita terza dietro Germania e Polonia nel girone, poi ha eliminato la Bosnia nel doppio play-off. L'età-media della squadra allenata da Martin O'Neill è molto alta: pensate che ci sarà persino Shay Given, classe '76. Sarà un buon risultato vincere anche una sola partita in un girone così difficile per gli irlandesi.

 Dicevamo dell'Italia, ma non è che in Svezia abbiano molto da festeggiare. L'Europeo vinto dalla loro U-21 doveva far sperare (e magari aiuterà nel futuro), ma solo sette elementi di quella spedizione saranno in Francia. E non credo con chissà quale ruolo, tranne pochi fortunati. Ci si aggrappa ancora a Zlatan Ibrahimovic, all'ultimo Europeo della sua carriera.

Romelu Lukaku (23) è il bomber di un Belgio in versione favorita.


Girone F - Portogallo, Islanda, Austria, Ungheria

 C'è qualche segnale di schiarita. L'arrivo di Fernando Santos, la nascita di qualche nuovo talento (soprattutto a centrocampo, dove c'è molta abbondanza) e la solita vena di Cristiano Ronaldo. Superare il girone non dovrebbe esser difficile: tutto sta in che posizione concluderanno i lusitani. Da lì passa il percorso del Portogallo per il resto di Euro 2016.

 La prima storica qualificazione a un torneo internazionale andrà onorata. Ciò sarà possibile grazie al lavoro di Lars Lagerback (che lascerà dopo quest'Europeo), a un gruppo unito e a un sorteggio che consentirà all'Islanda di strappare qualche risultato. Passare il turno non è impossibile.

 Insieme alla Polonia, la squadra che potrebbe sorprendere di più è proprio l'Austria. Il ct Marcel Koller ha riportato la qualificazione a un torneo internazionale dopo 18 anni (a Euro 2008 Das Team era tra i padroni di casa) con un bel gioco e un collettivo di qualità, tra cui spunta la figura di quello splendido universale che è David Alaba.

 Mai come per l'Ungheria vale la massima di De Coubertin «L'importante è partecipare». Il gruppo è modesto, anche se ci sono dei volti iconici come quello di Gabor Kiraly. La squadra di Bernd Storck cercherà di fare una figura decente di fronte a tre squadre che sono comunque superiori ai magiari, al ritorno a una competizione internazionale dopo ? anni.

Cristiano Ronaldo (31) è al quarto Europeo della sua carriera.

L'adagio è sempre lo stesso: i pronostici sono facili solo per chi non lo fa. A complicare il quadro ci si mette anche la qualificazione di quattro delle sei terze agli ottavi di finale, complice l'allargamento dell'Europeo a 24 squadre. Se vogliamo ipotizzare degli ottavi, potremmo andare così (in grassetto le qualificate):

Svizzera-Polonia | Spagna-Islanda
Inghilterra-Repubblica Ceca | Austria-Italia
Germania-Slovacchia | Belgio-Croazia
Francia-Svezia | Portogallo-Galles

I quarti di finale vedrebbero quindi l'assenza della nostra rappresentativa, così come quella della dotata ma discontinua Croazia, di Ibrahimovic e Bale. A quel punto, i quarti sarebbero così composti:

Polonia-Spagna
Inghilterra-Austria
Germania-Belgio
Francia-Portogallo

La gara più clamorosa sarebbe l'esplosivo Germania-Belgio a Bordeaux, magari con la squadra campione del Mondo vincente dopo dei tiratissimi supplementari. Fuori anche le rivelazioni Austria e Polonia, nonché il Portogallo di CR7. Le semifinali si formerebbero così:

Spagna-Inghilterra
Germania-Francia

Mi sento di scommettere fino in fondo sull'Inghilterra. La Spagna è affidabile e si conosce bene, ma non arriva nelle migliori condizioni a quest'Europeo. Invece, l'Inghilterra potrebbe farsi trascinare dall'entusiasmo e giungere fino all'atto finale di Parigi contro la Francia, che si prenderebbe la rivincita sui quarti del Mondiale, persi due anni fa.
Nella cornice finale di Saint-Denis, i Galletti cercherebbero di vincere il loro terzo Europeo, nonché di mantenere intatta la percentuale immacolata di vittorie sul proprio suolo. Dall'altra parte, l'Inghilterra di Hogdson farebbe un miracolo raggiungendo l'ultimo atto dell'Europeo. Manca poco all'inizio: godiamoci lo spettacolo.

Francia-Inghilterra, un'immagine da rivedere il prossimo 10 luglio?

8.6.16

Rivoluzione - Euro 2016 (Part I)

Come cambia il calcio (e la vita), eh? L'estate di quattro anni fa sanciva la superiorità spagnola sul resto del mondo. Oggi le gerarchie del calcio europeo sembrano cambiate di parecchio: si parte con Euro 2016 e la sua partita inaugurale, Francia-Romania. Il primo a 24 squadre (di cui cinque debuttanti) regalerà diverse sorprese: ecco la prima parte della guida.



Girone A - Francia, Romania, Albania, Svizzera

 Ci siamo: è il momento della verità per la Francia. Squadra bella, ma senza vittorie o compagine da titolo? È dall'eliminazione del Mondiale 2014 - avvenuta per mano della Germania ai quarti di finale - che ho l'impressione che si possa puntare su di loro. 
I ragazzi di Deschamps sono i favoriti in qualità di paese ospitante e per la squadra che hanno. Unico neo? La diaspora in difesa: Varane si è infortunato, così come Zouma e Mathieu, mentre Sakho è fermo dopo esser stato pizzicato dai controlli anti-doping.

 Cosa ci fa la Romania a Euro 2016? A otto anni dall'ultima partecipazione a una manifestazione continentale (e a 18 dall'ultimo Mondiale...), hanno avuto bisogno del ritorno di Iordanescu per qualificarsi al torneo. I fasti della Generazione d'Oro sono lontani, anche Mutu si è ritirato: sarà comunque un'esperienza.

 Ecco, qui entriamo nell'esoterico. L'allargamento della competizione a 24 squadre ha permesso all'Albania di De Biasi di esserci, ma bisognava arrivare secondi in un gruppo con Portogallo, Serbia, Danimarca e Armenia: non facilissimo. Eppure l'Albania ci sarà, con tutte le incognite del caso.

 Eh, come tocca fare con loro? Talentuosi, con il tecnico giusto (quel Vladimir Petkovic che alla Lazio si è ben distinto), ma rischiano di perdere gli anni migliori della propria nidiata di talenti in risultati inconcludenti. Si riparte dal buon lavoro fatto da Hitzfeld e dal gol subito da Di Maria al 120' degli ottavi contro l'Argentina al Mondiale sudafricano.

Nonostante le critiche, sarà Olivier Giroud (29) a sostituire l'escluso Benzema.

Girone B - Inghilterra, Russia, Galles, Slovacchia

 Siamo sempre stati abituati agli inglesi dai nomi altisonanti, ma dai risultati deludenti. Forse stavolta avremo la tendenza opposta. I nomi ci sono, ma l'unico giocatore realmente affermato a livello di stardom è Wayne Rooney
Gli altri - perché giovani, spesso infortunati o ancora da conoscere - avranno in Francia l'estate della loro vita. Mi sento di dire che l'Inghilterra potrebbe arrivare addirittura nelle prime quattro e ci sarà un futuro, visto che l'età-media è la più bassa tra le squadre dell'Europeo. L'unica incognita è Roy Hogdson.

 Nonostante il 2° posto conquistato ai danni della Svezia (qualificazione diretta a Euro 2016), la Russia di Slutsky è messa male. Tanti gli assenti, di cui molti per infortunio (Denisov e Dzagoev su tutti). Tra due anni c'è il Mondiale e gli ex sovietici si trovano in condizioni ben diversi da quando Andrej Arshavin mostrò al mondo che nel 2018 la Coppa del Mondo si sarebbe fermata in Russia.

 Chris Coleman ha terminato il lavoro del compianto Gary Speed: il rinnovamento e la crescita del calcio gallese è arrivato a compimento con la qualificazione a Euro 2016. Un paio di stelle (Bale e Ramsey), un gruppo solido, un buon cammino e un'identità precisa. Ora si prova a passare il girone.

 Non fatevi ingannare dall'assenza di sei anni da una competizione internazionale: la Slovacchia sarà un osso duro. Squadra dal gioco non entusiasmante, ha però ben chiaro in testa quel che deve fare. Dopo una striscia di sei vittorie consecutive (tra le vittime la Spagna campione d'Europa), si è fermata nel finale. Ora c'è e deve provarci, grazie all'ottimo tecnico Ján Kozák.

Harry Kane (22) e Jamie Vardy (29), due delle frecce all'arco inglese.


Girone C - Germania, Ucraina, Polonia, Irlanda del Nord

 Con l'alloro Mondiale finalmente conquistato, Joachim Löw può cominciare l'Europeo a cuor leggero. L'obiettivo è vincerlo e la Germania rientra legittimamente tra le favorite, ma questa manifestazione servirà soprattutto a responsabilizzare le nuove leve: Hector, Weigl, Kimmich e Sané riempiono i vuoti lasciati da Lahm, Mertesacker, Klose.

 Dalla quasi eliminazione della Francia per Brasile 2014 al rischio di non esserci neanche a Euro 2016, il passo è stato breve. La squadra di Fomenko ha avuto bisogno dei play-off per arrivare a questa rassegna e può contare su un paio di individualità (Yarmolenko e Konoplyanka), ma sarà difficile vederla protagonista.

 Attenzione a una delle possibili sorprese dell'Europeo. Non sono solo i gol di Lewandowski a rendere pericolosa la Polonia di Nawalka, capace di battere in casa la Germania campione del Mondo durante le qualificazioni. Milik, Krychowiak, Błaszczykowski: un gruppo unito per cercare di tornare ai fasti di un tempo.

 L'importante è partecipare per l'Irlanda del Nord, che l'impresa l'ha già fatta: tra le cinque debuttanti a quest'Europeo, è l'unica che ci sarebbe stata anche con il vecchio formato, perché a Belfast hanno festeggiato la vittoria del girone. 
Merito del sorteggio, del ranking Fifa, ma anche di Michael O'Neill, il ct cristiano di un paese protestante. Ma sul campo queste cose non contano, come dimostra l'esempio di Jackie Charlton con l'Irlanda a Italia '90.

Julian Weigl (20), Joshua Kimmich (21), Leroy Sané (20) e Julian Brandt (20): nella rivoluzione giovanile di Löw, solo l'ultimo è rimasto a casa per Euro 2016.


Girone D - Spagna, Repubblica Ceca, Turchia, Croazia

 Sembra strano dirlo, ma non sarà la solita Spagna. Dopo la clamorosa eliminazione ai gironi dal Mondiale 2014, sarebbe dovuta partire la rivoluzione. Che però non c'è stata: del Bosque saluterà dopo l'Europeo, ma intanto bisogna fare bene in Francia con il gruppo storico, senza Xavi e con Casillas probabilmente in panchina.

 Non saranno i più forti del lotto, ma sicuramente sono una delle sorprese di questa rassegna. La Repubblica Ceca ha vinto il suo girone e Pavel Vrba ha fatto un lavoro straordinario con la nazionale, dopo aver fatto bene al Viktoria Plzen. Il passaggio del turno non è impossibile, contando sull'ultima recita di Petr Cech e Tomas Rosicky.

 A proposito di addii, chissà se anche Fatih Terim saluterà dopo questo Europeo. La situazione del calcio turco (e della nazione) non è delle migliori. La stessa nazionale si è qualificata direttamente all'Europeo in veste di miglior terza grazie a una serie di risultati a incastro. Ora il difficile: dimostrare di non essere il fanalino di coda nel girone della morte.

 Tanto talento, ma anche tanta confusione: la Croazia è la mina impazzita di Euro 2016. La qualità tecnica dei croati permetterebbe di sperare persino in una semifinale, ma un gioco intermittente e la nomina di Ante Čačić come ct non aiutano. Strana l'esclusione del talentino Halilović dai 23 finali.

Cesc Fàbregas, 29 anni, e la Spagna in seconda fila.

(continua...)

3.6.16

#ErMarkettone – Copa América Centenario 2016 (Part II)

Credo di aver trovato la giusta definizione per l'incombente Copa América Centenario: Er Markettone. Ma sì, anche perché serve solo per fare ulteriori ascolti e giocare la competizione con un numero normale di squadre (16 invece delle incomprensibili solite 12 compagini) in occasione dei cent'anni dalla creazione della Conmebol. Ecco la seconda parte della guida.

Rafael Márquez, 37 anni, ancora in campo con il Messico.

Girone C - Messico, Uruguay, Giamaica, Venezuela

 La squadra che attendo di più. Questo torneo non conta nulla, ma è una buona preparazione per la Confederations Cup dell'anno prossimo. Da novembre scorso c'è Juan Carlos Osorio, l'uomo dei miracoli all'Atlético Nacional. In campo ci saranno diverse stelle e Rafael Márquez, al suo 16° (!!!) torneo internazionale con El Tri. Mancheranno invece i fratelli dos Santos e Carlos Vela.

 Credo sia difficile trovare un ct in sella da dieci anni. Eppure è il caso Óscar Tabárez, che celebra questa ricorrenza con la possibilità di vincere questo torneo. Il gruppo è sempre lo stesso (solo quattro i giocatori con meno di dieci presenze in rosa), tanto da sorprendersi dell'esclusione di De Arrascaeta. La Celeste conta sul duo Suárez-Cavani per portare a casa la Copa, anche se il 9 del Barca dovrebbe saltare le prime gare.

 L'ultima estate è stata piuttosto intensa per la Giamaica, che ha partecipato alla Copa América e poi è arrivata in finale di Gold Cup. Possiamo parlare di rinascita? Forse è presto, però Winfried Schäfer può contare su una nuova generazione di giocatori (tra cui il capitano del Leicester Wes Morgan), pronta a riprendersi il suo posto nella zona Concacaf.

 Passato alla storia per esser stato uno dei pochi portieri a segnare in una partita internazionale, il ct Rafael Dudamel proverà a fare del suo meglio con il Venezuela. Qualche giorno fa, in amichevole, la Vinotinto ha quasi perso con una rappresentativa della Galizia. Fossi in loro, sarei preoccupato.

Luis Suárez, 28 anni, faro tecnico dell'Uruguay.


Girone D - Argentina, Cile, Panama, Bolivia

 Siamo alle solite: sono i favoriti anche questa volta. E magari finalmente vinceranno, perché quando non conta nulla, gli argentini sono sempre i più forti. Non tutti hanno Messi, Aguero e Higuain nella stessa squadra: se questo concetto ha una valenza positiva, dall'altra parte è comunque un peso. Martino ha potuto lasciare a casa Garay, Gonzalo Rodriguez, Tevez e Dybala: basterà il solito ben di Dio per vincere qualcosa?

 Forse è il più grande punto interrogativo di questa Copa América. Attenzione: non ci sono dubbi sul passaggio del turno, quanto piuttosto sul futuro. Juan Antonio Pizzi saprà sostituire Jorge Sampaoli? La Roja riuscirà a esprimersi agli stessi livelli? Una terza estate di fila a correre farà bene a questo gruppo (e in prospettiva potrebbero essere sei!)? Tutte domande che attendono una risposta.

 Tra le realtà più in ascesa della Concacaf, c'è Panama: un secondo posto e due terzi nelle ultime tre Gold Cup, mentre nel 2015 Los Canaleros sono stati derubati di una finale meritata. La selezione di Hernán Darío Gómez conta sul solito gruppo, compresa la coppia d'attacco Pérez-Tejada (81 gol insieme con Panama). Le chance di passare non sono molte, ma se le giocheranno.

 Definirla "carne da macello" non è una cattiveria, ma solo la verità. La squadra di Baldivieso viene da due vittorie e un pareggio nelle ultime undici gare ufficiali giocate. Un massacro. Ci sono cinque giocatori esordienti, mentre solo sei elementi su 23 hanno almeno 20 presenze in nazionale. Mancheranno persino Chumacero e Moreno: auguri.

Gonzalo Higuaín, 28 anni, sarà una stella anche per l'Argentina?

Vado sempre con lo stesso adagio: fare i pronostici è un gioco a perdere, ma ho rivisto quelli della Copa América 2015. E ci ho magicamente preso, quindi non mollo e ci riprovo, sebbene la fase a eliminazione diretta sia sempre complicata da prevedere. I quarti di finale dovrebbero essere così composti (in grassetto coloro che passeranno):

Stati Uniti-Ecuador
Argentina-Messico
Brasile-Paraguay
Uruguay-Cile

Gli Stati Uniti dovrebbero rimanere sulla costa occidentale, da Seattle a Houston. L'Argentina ha un arsenale troppo forte per esser fermato da un pur promettente Messico. Ci sarebbe la rivincita del quarto di Copa América dell'anno scorso, ma forse il Brasile stavolta ce la può fare. E poi il Cile campione in carica, probabilmente fuori contro l'Uruguay, magari con Suárez pienamente recuperato.

Stati Uniti-Argentina
Brasile-Uruguay

A quel punto le due finali sarebbero due scontri ben diversi: uno totalmente nuovo, un altro così conosciuto che potremmo definirlo quello per eccellenza nella storia del calcio.

Finale 3° posto - Stati Uniti-Brasile
Finale - Argentina-Uruguay

Gli Stati Uniti festeggiano la medaglia di bronzo nello stadio della University of Phoenix, mentre sulla costa Est - nell'impianto che ospita i Giants e i Jets - Celeste e Albiceleste si giocherebbero il titolo. E qui prendo le parole di Buffa, che ricordò in un suo speciale sui Mondiali 1930: «Quando conta, gli uruguagi han qualcosa in più». Siccome è un markettone, l'Argentina ce la farà di sicuro.

Alexis Sánchez, 27 anni, si vuole confermare dopo la Copa 2015.