31.7.16

ROAD TO JAPAN: Kosuke Nakamura

Buongiorno a tutti e benvenuti al settimo numero di "Road To Japan" in questo 2016, la rubrica che punta a illuminare i maggiori talenti della J. League. Con le Olimpiadi di Rio in arrivo (e il torneo di calcio partirà prima della cerimonia d'apertura), dobbiamo dar spazio a chi sarà presente in Brasile. Come il portiere del Giappone, il classe '95 Kosuke Nakamura.

SCHEDA
Nome e cognome: Kosuke Nakamura (中村航輔)
Data di nascita: 27 febbraio 1995 (età: 21 anni)
Altezza: 1.84 m
Ruolo: Portiere
Club: Kashiwa Reysol (2016-?)



STORIA
La storia di questo ragazzo nato nel quartiere di Kita a Tokyo nel maggio del '95 è incredibile non solo per l'eco che sta offrendo, ma anche per il fatto che fino a un anno fa era un perfetto sconosciuto. Kosuke Nakamura è entrato a nove anni nelle giovanili del Kashiwa Reysol, in cui ha fatto una lunga trafila per otto anni, dal 2004 al 2012.
L'unica gara ufficiale da professionista giocata da Nakamura in otto anni è stata quella con l'U-18, capace di qualificarsi per il tabellone principale della Coppa dell'Imperatore. Nonostante sia stato promosso in prima squadra da Nelsinho Baptista nel 2013, in due stagioni non è mai andato in campo, chiuso da Sugeno e Kirihata.
Il vivaio del Kashiwa è uno di quelli più floridi in Giappone, eppure Nakamura non trova spazio. Il ragazzo ha giocato tre partite anche con la selezione U-22 che milita in terza divisione, ma niente di più. Così il club decide di prestarlo per il 2015. E non a una squadra qualsiasi, bensì all'Avispa Fukuoka, che gioca sì in J2, ma che ha un nuovo allenatore.
Quel tecnico è Masami Ihara, che è stato assistente di Nelsinho per cinque stagioni a Kashiwa. Nella sua prima avventura in solitaria, Ihara punta inizialmente sull'esperienza di Ryuichi Kamiyama, da un decennio nel Kyushu. Nakamura gioca giusto in trasferta con il Jubilo Iwata, dove l'Avispa vince per 1-0 e lui tiene la porta imbattuta.
Tuttavia, l'estate è un periodo difficile per il club: due vittorie in nove gare e la promozione si allontana. Ihara decide di cambiare: fuori Kamiyama, dentro Nakamura. Arriva la sconfitta per 3-1 contro l'Omiya Ardija, ma da lì in poi l'Avispa comincia a volare: 82 punti nel 2015 non sono bastati per la promozione diretta, ma il club ha fatto il salto di qualità.
Nakamura è stato parte di questo upgrade: ha tenuto la propria porta imbattuta per 13 partite e ha subito solo dieci gol in 20 gare. La promozione è arrivata ai play-off e l'Avispa sperava di poterlo tenere, ma il Kashiwa - complice l'addio di Sugeno - l'ha riportato alla base. Dopo un primo periodo d'ambientamento, Nakamura sta facendo bene anche all'Hitachi Stadium sotto la guida di Shimotaira.

CARATTERISTICHE TECNICHE
Sarà un caso, ma l'ispirazione principale nella vita del giovane Kosuke è stata Oliver Kahn. Forse è anche per questo che Nakamura risulta un portiere esplosivo: avendo visto le imprese del numero uno teutonico durante i Mondiali del 2002 (all'epoca Nakamura aveva sette anni), quell'esperienza ne ha segnato lo stile in porta.
Nakamura infatti risulta avere i propri punti di forza in tre aree: riflessi, uscite e duelli uno contro uno. Già l'anno scorso all'Avispa aveva fatto vedere qualcosa, ma quest'anno ha confermato l'esplosività che caratterizza il suo modo di difendere i pali.

STATISTICHE
2013 - Kashiwa Reysol: 0 presenze, 0 reti subite
2014 - Kashiwa Reysol: 0 presenze, 0 reti subite
2015 -  Avispa Fukuoka: 23 presenze, 11 reti subite
2016 - Kashiwa Reysol (in corso): 20 presenze, 22 reti subite

NAZIONALE
Che Nakamura fosse uno dei prospetti più interessanti per il futuro si era comunque già capito: anche quando giocava nelle giovanili del Kashiwa, era uno dei ragazzi più osservati. Ora il test arriva a Rio 2016, dove Nakamura giocherà le Olimpiadi da titolare per la squadra di Teguramori. Tutti gli hanno predetto un futuro da numero uno della nazionale (e non si fa fatica a crederlo).

LA SQUADRA PER LUI
Dobbiamo partire da una considerazione fondamentale: il Giappone ha avuto tre ottimi rappresentanti nel ruolo di portiere (Kawaguchi, Narazaki e Kawashima, tutti ancora in attività), ma la qualità-media dei portieri nipponici non è certo alta. Ecco, Nakamura non solo è giovane e può migliorare, ma già adesso rappresenta un buon prospetto.
Prenderlo ORA sarebbe un azzardo: in fondo è sulla cresta dell'onda solo da un anno e un portiere ha bisogno di fare maggiori progressi che in altri ruoli. Ha bisogno di sedimentare il proprio bagaglio tecnico e Nakamura lo sta facendo: se qualcuno azzardasse un acquisto a basso costo lasciando il ragazzo ancora in giallonero, farebbe un affare.

25.7.16

Duraymond "Mu" Gureen.

Chi segue questo blog, sa bene come sia mia abitudine evidenziare i maggiori talenti della J. League e delle serie inferiori (qualora sia necessario). Poi ci sono quei giocatori che rinascono, che magari non sono più in età giovanissima, ma che hanno una storia molto particolare. Tra questi, c'è da includere Mu Kanazaki, che sta vivendo una seconda giovinezza ai Kashima Antlers.

Kanazaki ai tempi dell'Oita Trinita, quando la sua stella cominciò a brillare.

Sembra strano notare come Mu Kanazaki sia il prodotto di una terra che non ha ancora familiarizzato con il calcio in Giappone, almeno a livello di club: la prefettura di Mie non presenta un club pro nella sua regione, eppure questo ragazzo di Tsu - famosa per aver dato i natali soprattutto alla lottatrice tre volte oro olimpico Saori Yoshida - si è fatto strada.
La madre l'aveva chiamato Mu ispirandosi al nome del continente perduto nel Pacifico, raccontato poi nelle traduzioni di un manoscritto Maya da parte di un abate fiammingo a metà del 19° secolo. Ma se di quel continente non fu mai data conferma geologica, la storia di Kanazaki è realtà. E comincia su un campo di futsal.
Una volta finito il percorso al liceo Takigawa, Mu è stato richiesto da qualche parte più a sud di Tsu, precisamente nel Kyushu. A metà anni 2000, il Giappone vedeva la crescita di una squadra giovane, che ha conosciuto il suo periodo migliore proprio quando i ragazzi del vivaio stavano venendo fuori. L'Oita Trinita si sta facendo largo nel panorama nipponico.
Assieme a lui, in quegli anni, all'Oita Dome esordiscono Masato Morishige, Shusaku Nishikawa, Hiroshi Kiyotake: tutti nomi che sono poi tornati buoni anche per la nazionale, che deve molto al vivaio del Trinita. Quando Mu esordisce, viene definito un super-sub per la sua capacità di subentrare a gara in corso ed esser utile a 18 anni.
L'Oita vive un momento florido: nel 2008, la squadra del Kyushu raggiunge il piazzamento migliore nella sua storia in J. League (quarti!) e vince la Nabisco Cup (l'equivalente della coppa di Lega). Non solo: Kanazaki viene nominato miglior giovane della competizione. Quel trequartista dai lineamenti un po' scavati e dal gioco incantevole decide di restare a Oita.
Purtroppo, il 2009 vede la squadra retrocedere e pian piano tutti andranno via, complice anche qualche difficoltà finanziaria per il club: una discesa iniziata da lontano, ma che è culminata con la retrocessione in J3 (la terza divisione). Kanazaki passa al Nagoya di Dragan Stojkovic, fiducioso che potrà conquistarsi il posto.
Al Toyota Stadium il ragazzo vive momenti contrastanti. Gioca spesso, ma non è sempre titolare. Vince subito la J. League e alza la Japanese Super Cup, ma Piksi gli cambia ruolo. Il tecnico dei Grampus lo dirotta sulla fascia: all'inizio sembra quasi mortificante per un giocatore così tecnico, ma il serbo ha diverse alternative (Ogawa, Tamada, Fujimoto, etc.).
La mossa di firmare per il Nagoya si rivela quasi contro-producente: dopo aver conquistato la nazionale con l'Oita, si ferma a cinque presenze. Okada non lo chiama più, Zaccheroni neanche lo vede. E allora, alla scadenza del triennale con i Grampus, Mu decide di partire e di non guardarsi più indietro. Direzione Norimberga.

L'annata che l'ha rivalutato agli occhi di molti.

Kanazaki spera di sfruttare l'ondata giapponese che ha invaso la Bundesliga, oltre al fatto che il suo ex-compagno di squadra a Oita - Hiroshi Kiyotake - è una delle stelle del club. Il problema è che l'ambientamento è tutt'altro che facile. Il duo Wiesinger-Reutershahn non lo vede: quattro presenze e siamo già ai saluti, con tanto di annullamento del contratto.
La tappa successiva è sorprende: Portimão, Portogallo. Si gioca in seconda divisione, però Mu è contento: fa il titolare, incanta il pubblico dell'Estádio Municipal e sta bene lì. In un anno e mezzo nell'Algarve, segna 16 gol in 47 partite. In particolare, la prima parte del 2014/15 è andata benissimo. Finché qualcuno dal Giappone non lo richiama.
I Kashima Antlers vorrebbero riportarlo a casa: lui nicchia. Forse tornare in Giappone sarebbe un mezzo fallimento. Alla fine, la saudade lo convince: prestito al Kashima Antlers, dove però subirà una nuova trasformazione. Dopo il trequartista e l'ala, Toninho Cerezo vuole schierarlo come punta nel 4-2-3-1, supplendo così a una serie di infortuni.
Con tutto quello che ha imparato nella sua carriera, Kanazaki accetta. E la mossa è una benedizione per lui e per la squadra: al suo ritorno, gli Antlers vincono la Nabisco Cup e diventano una serie contendente per il titolo 2016; Kanazaki, invece, realizza 15 gol, la quota più alta in una stagione. Viene persino inserito nella top 11 del 2015.
L'inverno rischia di tenerlo in Portogallo (il Portimonense sperava di venderlo a migliori offerenti), ma alla fine il Kashima decide di pagare per riaverlo a Ibaraki. La scelta è di Masatada Ishii, che ha sostituito Cerezo a luglio 2015 sulla panchina degli Antlers e ha fatto di Kanazaki il suo 9. Una mossa che ha permesso al club vincere il 1st stage della J. League 2016.
Soprattutto, Kanazaki è tornato in nazionale: Halilhodzic l'ha osservato attentamente e l'ha messo in campo per le qualificazioni alla Coppa d'Asia. Subito un gol contro Singapore, poi un altro contro l'Afghanistan. E ora chi lo smuove più? Mu ha anche vinto il premio di MVP della J1 nel maggio scorso: è in un momento straordinario.
Questo suo momento ricorda quello di Draymond Green con i Warriors nella NBA. Due personalità diverse, ma due percorsi simili: entrambi si sono dovuti evolvere, migliorare, adattare per rendersi indispensabili. Il ct del Giappone lo considera un universale, un giocatore che può fare da regista e da centravanti al tempo stesso. E di questi tempi non è facile trovare uno così.

Mu Kanazaki, 27 anni, l'universale dei Kashima Antlers.

9.7.16

UNDER THE SPOTLIGHT: Ludwig Augustinsson

Buongiorno a tutti e benvenuti al settimo numero del 2016 di "Under the Spotlight", la rubrica che vi porta in giro per il mondo a scoprire nuovi talenti. Oggi ci spostiamo in Svezia, dove c'è ancora delusione per l'esito di Euro 2016 e per l'addio di Ibra. Una delle colonne della ricostruzione potrebbe essere Ludwig Augustinsson (di cui avevo già parlato su Crampi Sportivi).

SCHEDA
Nome e cognome: Ludwig Augustinsson
Data di nascita: 21 aprile 1994 (età: 22 anni)
Altezza: 1.81 m
Ruolo: Terzino sinistro
Club: FC Copenhagen (2015-?)



STORIA
Non è una storia di riscatto sociale quella di Ludwig Augustinsson, nato nei quartieri nobili di Stoccolma nell'aprile '94. La nazionale svedese si prepara a stupire tutti al Mondiale di quell'anno, mentre lui nasce in una famiglia di sportivi: il padre è un ex calciatore, la madre un ex pallavolista e anche il fratello gioca a calcio.
Molti di coloro che poi hanno vinto l'Europeo U-21 nel 2015 sono stati criticati, perché quei ragazzi sono cresciuti nei quartieri bene di Stoccolma, con le famiglie in grado di spendere molto per la loro educazione sportiva. Nessun bad boy. Del resto, cosa avrebbe di cattivo Ludwig? Volto quasi di porcellana e più tecnica che cattiveria.
Attento alla sua preparazione fisica (Augustinsson è un teetotaler, cioè non assume bevande alcoliche), i suoi esordi arrivano con la maglia dell'IF Brommapojkarna. Quando era il capitano della squadra U-17, ha avuto anche dei provini con Gladbach e Samp. A 18 anni diventa titolare dopo aver esordito l'anno precedente.
Ma c'è un altro club svedese che lo aspetta: il Göteborg. Nei piani del tecnico Mikael Stahre, dovrebbe essere il titolare, ma un infortunio alla gamba lo esclude per tutto il 2013 (anche perché s'infortuna due volte). Il ritorno, però, lo vede più forte di prima: il 2014 è positivo e alla fine Augustinsson entra anche nella top-11 della lega.
Sul terzino si condensa una certa attenzione. Poco prima dell’Europeo U-21 vinto in Repubblica Ceca, lo svedese si trasferisce al F.C. Copenhagen. Lì riempirà il vuoto lasciato dallo svincolato Pierre Bengtsson, un altro svedese che ha fatto bene in Danimarca e che ora si è trasferito al Mainz, in Bundesliga.
Quando la Superliga riparte, alla gara d'esordio Augustinsson mette un assist e poi realizza il 2-0: si prende anche gli elogi del suo tecnico, Ståle Solbakken, che afferma come il debutto dello svedese sia stato il migliore... dal suo. Augustinsson ha fatto benissimo dal suo arrivo in Danimarca: 15 assist a referto in un anno e mezzo. Quanto rimarrà a Copenhagen?

CARATTERISTICHE TECNICHE
Tecnicamente, il ragazzo è molto interessante. Augustinsson è il prototipo del terzino moderno, dotato di un'ottima resistenza e di un piede dotato (tanto da poter battere molti dei calci piazzati assegnati al Copenhagen). Forse gli manca qualcosa fisicamente, perché le top leghe europee saranno molto più difficili da affrontare.
Una critica che si può muovere, invece, è dal punto di vista tattico. Al di fuori del ruolo da terzino sinistro, è difficile ricollocare Augustinsson sul resto del campo. Dotato dal punto di vista offensivo, non sarebbe comunque un buon esterno di centrocampo. Non può fare l'esterno nel 3-5-2: insomma, qui ci sarà da lavorare.

STATISTICHE
2011 - IF Brommapojkarna: 4 presenze, 0 reti
2012 - IF Brommapojkarna: 27 presenze, 2 reti
2013 - IFK Göteborg: 4 presenze, 0 reti
2013 - IFK Göteborg: 38 presenze, 1 rete
2014/15: FC Copenhagen: 19 presenze, 2 reti
2015/16: FC Copenhagen: 38 presenze, 1 rete

NAZIONALE
Augustinsson si è fatto notare fin dalle giovanili, dove ha giocato per le diverse Under arrivando fino all'U-21. Con essa, ha portato a casa il titolo Europeo di categoria nel giugno del 2015. Delle sue ottime prove si è accorto anche il Guardian durante la rassegna, definendolo «fantastico per tutto il torneo ed eccezionale in finale».
Nonostante le buone prestazioni di Martin Olsson all'Europeo, l'impressione è che il terzino del Norwich sia efficace solo in attacco. Al contrario, Augustinsson è efficace in entrambe le fasi e ha dalla sua un calcio da fermo che farebbe comodo allo statico gioco svedese. Il nuovo ct svedese Janne Andersson dovrà puntare su di lui.

LA SQUADRA PER LUI
Per ora non si sta muovendo nulla, visto che Augustinsson non ha giocato nemmeno un minuto con la Svezia a Euro 2016. L'ideale sarebbe rimanere a Copenhagen per un'altra stagione: se sarà metà o tutta, questo lo deciderà lui con le sue prestazioni. In passato è stato vicino al Palermo: sembrava tutto fatto per tre milioni di euro, poi l'affare è saltato.
La Championship (seconda divisione inglese) sarebbe un buon salto, specie per i giocatori scandinavi, che così bene hanno fatto in Inghilterra. Il suo contratto con il Copenhagen dura fino al giugno 2019, ma il costo del cartellino - 3,5 milioni di euro - potrebbe esser un segnale per un affare imminente.

7.7.16

True hero.

La notizia dev'esser passata inosservata, ma io sono un amante di certe storie. Quelle che trasudano non solo passione, ma anche appartenenza. Anzi, soprattutto amore per quanto si è fatto. E non si può che notare questi tratti in Daniel Agger, che è stato un ottimo giocatore, ma che forse si è rivelato un uomo d'onore per tempi così lascivi. Da qualche settimana, è un ex giocatore.

Agger con la maglia del Liverpool: otto anni indimenticabili.

Ha sorpreso un po' tutti con quell'annuncio. Massì, mi ritiro. Perché quello che volevo dalla mia carriera l'ho ottenuto: magari non avrò alzato una Champions o avrò giocato poco calcio internazionale con la mia Danimarca, ma sono fiero di quanto ho fatto. E ho chiuso con la stessa maglia con la quale ho iniziato: sono stato persino capitano. Cosa volere di più?
Già, perché Daniel Agger è sempre stato (e sarà) un tifoso del Brøndbyernes Idrætsforening, che noi conosciamo più facilmente come Brøndby. Lì è cresciuto per otto anni nelle giovanili, prima di esordire nel 2004 sotto Michael Laudrup e farsi notare dagli osservatori europei. Agger diventa una colonna della squadra che vince il campionato nel 2004/05.
Purtroppo quello sarà l'ultimo alloro nazionale del Brøndby, che non ha più vinto la Superliga danese da quella stagione. Il giovane Agger - pluri-premiato e nominato "talento dell'anno" dai suoi colleghi - ha sostituito Andreas Jakobsson, che si è trasferito in Inghilterra, precisamente al Southampton. Un percorso che si prepara a fare anche Agger.
A Liverpool sono interessati: il giocatore piace molto a Rafa Benitez, che lo strappa al Brøndby per sette milioni di euro nel gennaio 2006. Una somma che lo renderà la vendita più redditizia del calcio danese di club. Un infortunio lo tiene fermo qualche tempo, ma ci vuole perché il danese si prenda i galloni da titolari e faccia innamorare i tifosi Reds.
Già dal 2006/07 diventa non solo amato, ma anche fondamentale. Superato nelle gerarchie un senatore come Sami Hyypiä, Agger prende in mano la squadra, aiutandola a raggiungere la finale di Champions League, poi persa ad Atene contro il Milan. Giocatore con notevoli fondamentali tecnici, il danese prolunga il contratto con il Liverpool fino al maggio 2014.
Nonostante i tanti acquisti da parte del club (tra cui soprattutto Martin Škrtel), Agger è sempre riuscito a ritagliarsi un suo spazio. Non è un caso che nonostante l'addio di Benitez e l'arrivo - in successione - di Daglish, Hogdson e Rodgers nulla sia cambiato per lui. Alla fine, le presenze in otto anni e mezzo con il Liverpool sono state 232.
L'amore della piazza per lui è stato confermato anche dalla scelta di nominarlo vice-capitano quando Jamie Carragher si è ritirato alla fine del 2012/13. Tuttavia, il rapporto con Brendan Rodgers non è stato dei migliori e alla fine Agger ha deciso di lasciare Liverpool. NONOSTANTE quel YNWA inciso sulle nocche della sua mano destra.


Il richiamo di casa ha avuto la meglio. Agger ha fatto di tutto per tornare al Brøndby, arrivando addirittura a decurtarsi pesantemente l'ingaggio per permettere al club del suo cuore di riportarlo in Danimarca a soli 29 anni. Il peccato è che il Brøndby non abbia vinto nulla in questi due anni, perché le gerarchie del calcio danese sono cambiate.
Anche la nazionale, forse, rappresenta un piccolo rimpianto. Mai paragonabile a quello targato Brøndby, sia ben chiaro. In undici anni di Danimarca, Agger ha giocato un Mondiale e un Europeo, venendo eliminato in entrambi i casi al girone. Due volte giocatore danese dell'anno, il difensore ha comunque lasciato un'impronta.
Non ha vinto tanto (quattro trofei, due in Danimarca e due in Inghilterra), ma Daniel Agger non ne ha mai fatto una questione di vittorie. La sua carriera non è solo sul campo di calcio, ma anche come tattoo artist, come quelli che ricoprono il suo corpo. Agger ha persino contribuito affinché la Danimarca disputasse la Homeless World Cup nel settembre 2014.
Scaduto il biennale con il Brøndby, Agger ha deciso di dire basta e ritirarsi. Una scelta strana a 31 anni, ma giustificata: «Credo sia il momento giusto per fermarsi. Ho lasciato Liverpool perché il rapporto con Rodgers non era granché, troppa distanza tra di noi. Sono contento di quello che sono riuscito a fare nella mia carriera».
Oddio, io un ultimo sogno per Agger l'avrei: a breve ci saranno le Olimpiadi di Rio e la Danimarca è qualificata grazie alla finale raggiunta nell'ultimo Europeo U-21, poi persa 4-0 contro la Svezia. E se Daniel salutasse tutti da capitano a Rio, suggellando una carriera di rilievo? Improbabile, però possiamo già definirlo un eroe vero in un calcio che forse non riconosciamo più.

Daniel Agger, 31 anni, si ritira dopo due anni al Brøndby.

1.7.16

C'era una volta il Malaka.

Un dribbling fulminante, un bel piede negli ultimi venti metri e l’impressionante somiglianza con Dave Grohl, il front-man dei Foo Fighters. Questi i tratti essenziali di Jorge Andrés Martinez, da oggi disoccupato dopo sei anni a libro paga Juve. Lo chiamano El Malaka: in greco rimanda alla pazzia, ai folli. E Martinez, per un certo periodo, ha dimostrato tanta follia.

Martinez e la Juve, un investimento da 12 milioni di euro nell'estate 2010.

Sembrano lontani i tempi di Catania, nei quali l’uruguayano dominava sotto l'Etna. Sei anni dopo, sembrerebbe sufficiente rivederlo in campo. Cosa che in effetti è accaduta a giugno 2014: dopo tanto travaglio, Martinez è tornato in campo con il Novara. E non in una partita qualsiasi: il ritorno dei play-out al Franco Ossola, dove il club piemontese sfida il Varese. 
Eppure non c’è stato modo di incidere. Impossibile farlo dopo tanti mesi fermo. E così il Novara all'epoca salutò la Serie B, mentre El Malaka ha lasciato il Silvio Piola. Di lui si ricorderanno giusto le parole di impegno all'inizio dell'avventura e la promessa di salvare il Novara a costo di farsi male. Al Silvio Piola, però, non sarà ricordata alcuna magia dell’uruguayano. 
Già, una magia. Da tempo immemore non si ricorda un lampo di Jorge Martinez. È passato così tanto tempo che il video meno datato su di lui su YouTube è di sei anni fa, quando Martinez ancora militava con il Catania. I tifosi juventini non hanno mai sottolineato abbastanza quanto l’acquisto dell'ala rappresenti una delle topiche più grandi della gestione Marotta.
Cresciuto nel Montevideo Wanderers e poi passato al Nacional, Martinez arriva in Italia nel 2007: il suo acquisto da parte del Catania è accolto nel silenzio generale, anche perché i sudamericani ce ne sono parecchi sotto l'Etna. Nonostante questo, la sua prima stagione fa sgranare gli occhi a molti: otto reti all’esordio in A. Tra le vittime, Juve e Milan a domicilio. 
Martinez non verrà mai dimenticato a Catania per un gol in particolare. Catania-Roma è l'ultima di campionato, con gli etnei che cercano il pareggio per salvarsi (sono davanti all’Empoli negli scontri diretti). La Roma, in vantaggio, per quasi un’ora è stata campione d’Italia. Poi i due gol di Ibrahimovic al Tardini cambiano tutto. 
A quel punto, Martinez raccoglie una respinta della difesa romanista in area e uccella un disattento Doni: l'uruguayano ha segnato quello che ancora molti oggi a Catania descrivono come il gol più importante della storia del club.
Gli altri due anni a Catania sono accompagnati da altrettante salvezze, ma soprattutto El Malaka continua a stupire. Che ci sia in panchina Mihajlovic o Zenga in panchina, poco importa: lui segna, corre, dribbla tutti. La cosa incredibile è che Martinez ha segnato una buona percentuale delle sue reti in A tramite colpi di testa. 
Tanto con i piedi se la cava comunque bene (chiedere all’Inter campione d’Europa). Il suo score finale sotto l’Etna è di 23 reti in 94 gare: molti sperano di non vederlo partire, ma alla fine Martinez saluta tutti. L’ala dovrebbe andare al Mondiale, ma si fa male e salta il torneo. Alla fine, Martinez si trasferisce a Torino, sponda bianconera.

Sembra passata una vita, vero?

La Juventus si rinnova, con gli arrivi di Marotta alla scrivania e Delneri in panchina. Il tecnico di Aquileia ha appena portato la Samp ai preliminari di Champions League con il suo 4-4-2 e vuole ali che facciano sognare (più lui che i tifosi): ottiene Milos Krasic, Simone Pepe e lo stesso uruguayano. La gara spartiacque per Martinez è quella del 30 ottobre 2010.
La Juve gioca a San Siro contro il Milan. La squadra di Del Neri – sin lì deludente – sforna una prestazione maiuscola. Martinez è tra i migliori in campo per 50', ma un infortunio lo tiene lontano dal campo per quattro mesi. Da lì, tra problemi alle ginocchia e prestazioni mediocri, scorre senza altri sussulti la prima stagione bianconera di Martinez. Che sarà anche l’ultima.
Antonio Conte, nuovo allenatore della Juve, non l'ha mai considerato: così parte la girandola dei prestiti. Il primo è a Cesena: gli emiliani si sono salvati e potrebbero usare l'esperienza di Martinez. Appena 14 le presenze in Romagna, ma soprattutto Martinez sparirà dal campo per due anni e mezzo. L’ultima gara giocata è un Cesena-Siena 0-2 dell’11 marzo 2012.
Da lì, l'uruguayano non tornerà più in campo. Né con la maglia dei bianconeri, né con quella del Cluj, la squadra in cui è in prestito per la stagione 2012-13. In Romania non gioca nemmeno una gara ufficiale con il club. E poi Novara, dove è andato in campo per 28’ contro il Varese nella gara di ritorno dei play-out. Un game over abbastanza palese.
Il suo contratto con la Juve originariamente scadeva nel giugno 2015, ma la Juve ha voluto spalmarlo per risparmiare qualcosa. Alla fine, per Martinez, è rimasta la speranza di riprendersi con la maglia dello Juventud. Non è uno scherzo o uno sbaglio di consonante finale (anche se Google nel cercare mi ha corretto automaticamente la dicitura).
Il Club Juventud de Las Piedras è stata l'ultima fermata: due anni allo stadio Parque Artigas, dove però Martinez ha giocato poco. L'ultima presenza il 14 maggio 2016, un minuto sul campo del CA Fénix. Auguri al buon Jorge: a 33 anni, avrebbe tanta voglia di fare di nuovo la Malaka dance. Ma ci vorrà tanta, tanta fortuna.

Jorge Martinez, 33 anni, ricomincia da svincolato. Ok, ma da dove?