5.1.19

Winter is coming: la Coppa d'Asia 2019 (Parte 1)

Se il resto del mondo sembra viaggiare in direzione ostinata e contraria, ci sono due confederazioni che stanno facendo dei veri passi avanti nell'organizzazione delle proprie competizioni. Se la FIFA punta al Mondiale a 48 squadre già per il 2022 e la CONMEBOL invita squadre a caso per la Copa América, AFC e CONCACAF si comportano diversamente.
Se per la confederazione nord e centro-americana bisognerà attendere la prossima estate per vedere la nuova Gold Cup all'opera, la rinnovata versione della Coppa d'Asia - a 24 squadre e con un nuovo trofeo, seppur negli Emirati Arabi (che hanno qualche problemino di affluenza negli stadi) - promette molto bene. 
Ecco la prima parte della preview, con una revisione dei gironi A, B, e C (in corsivo le mie qualificate, non mi pronuncerò sulle terze: meccanismo troppo complesso).

Alberto Zaccheroni, 65 anni, pronto all'avventura con gli Emirati Arabi.

Gruppo A - Emirati Arabi Uniti, Thailandia, India, Bahrain

 A distanza di quattro anni da un'incredibile terzo posto in Australia, tutto sembra esser cambiato per gli Emirati Arabi Uniti. Il treno per la grande generazione è passato, niente Mondiale in Russia e niente da fare per Mahdi Ali, che ha dovuto rinunciare all'incarico dopo un fallimentare percorso verso Russia 2018.
L'attesa che questa squadra lasciava intravedere quattro anni fa è alle spalle e ora si spera che Alberto Zaccheroni - nuovo c.t. e vincitore di questa competizione nel 2011 - possa portare la squadra almeno alle semifinali, se non vincere. Ho dei seri dubbi al riguardo, sebbene il c.t. italiano si dica fiducioso sulla sua squadra.
Questa squadra ha un'età media piuttosto alta, con soli quattro U-23 su 23 convocati. Mancherà Omar Abdulrahman, uno dei giocatori più talentuosi del panorama asiatico, purtroppo infortunatosi nel novembre scorso. E non inganni l'ottimo percorso dell'Al-Ain al Mondiale per club: la Coppa d'Asia rischia di essere un brusco risveglio per la nazionale.

  A modo suo, anche la Thailandia rischia qualcosa a questa Coppa d'Asia. In realtà, si è formato un grosso hype per questa nazionale, ma le dimissioni di Kiatisuk Senamuang e l'assenza di Kawin Thamsatchanan - in una competizione falcidiata dagli infortuni di grosse e medie star - rischiano di rovinare i piani della Thailandia.
I giocatori che possono esser decisivi ci sono, come Chanathip Songkrasin e Teerasil Dangda, capaci di ritargliarsi uno spazio importanti in J. League, ma la nuova leadership del c.t. serbo Milevan Rajovac sembra aver imposto un impianto troppo conservativo per una squadra che invece si è evoluta soprattutto grazie al suo brand offensivo. Basterà?

 Non sembrava così scontato vedere l'India a questa competizione, alla quale torna a distanza di otto anni. Nel 2011, la nazionale indiana fece sostanzialmente da sparring partner per le rivali nel girone; stavolta, invece, l'obiettivo e il sogno sono quelli di passare il turno, sfruttando anche la nuova struttura della competizione.
Con la possibilità per le terze di passare il girone, l'India di Stephan Constantine - vero guru di questo miracolo calcistico - vorrebbe raggiungere gli ottavi di finale. Per dov'era il calcio indiano anche solo due-tre anni fa, sarebbe già un enorme successo. Molto dipenderà anche dalla classe di Sunil Chhetri, vero portabandiera del movimento indiano.

 Il Bahrain parte da fanalino di coda, anche perché la situazione nel paese non è migliorata e la golden generation - quella che per intenderci ha sfiorato la partecipazione al Mondiale 2010 - non è più nel prime dei suoi anni. La vera chiave potrebbe essere il c.t., quel Miroslav Soukup che ha portato la Repubblica Ceca U-20 quasi sul tetto del mondo e che ha aiutato lo Yemen a sopravvivere dal punto di vista calcistico per più di due anni.

L'Australia si appoggerà ancora su Robbie Kruse, 30 anni.

Gruppo B - Australia, Siria, Palestina, Giordania

 Già dall'addio di Ange Postecoglou - avvenuto appena raccolta la qualificazione a Russia 2018 -, avevo immaginato come il futuro dell'Australia sarebbe stato difficile. Postecoglou ha portato a termine un lavoro complicato: rinnovare la nazionale, superare il trauma dell'addio della miglior generazione di sempre e persino vincere la Coppa d'Asia in casa.
Gli è riuscito tutto, ma il cammino per qualificarsi al Mondiale 2018 è stato tremendo e ha messo a fuoco le difficoltà del calcio australiano di saper proporre nuovi talenti, capaci di eguagliare quelli della precedente generazione. E tutto è ancora più difficile se uno dei pochi in grado di farlo, come Aaron Mooy, si infortuna e deve saltare la Coppa d'Asia.
L'Australia può chiaramente passare il girone sotto la guida dell'esperto Graham Arnold, ma è IMHO quella che rischia di più tra le grandi di subire un grosso contraccolpo. Con Jedinak e Cahill ritiratisi prima della competizione e Arzani lasciato a casa, faccio fatica a trovare motivi di entusiasmo per i Socceroos.

 A proposito di Australia, chissà se la Siria avrà voglia di prendersi una rivincita. Molti dei giocatori che saranno negli Emirati per la Coppa d'Asia erano lì, a Sydney, quando in un pomeriggio d'ottobre i sogni di andare in Russia si sono infranti su un palo. Nei supplementari, all'ultimo minuto; eppure alcune cose sono cambiate da allora.
Il c.t. non è più Ayman Hakeem, ma il tedesco Bernd Stange, passato dal ritiro alla nuova esperienza con la Siria. E ora alcuni di quei ragazzi sono andati all'estero: mancherà lo storico capitano Firas Al-Khatib, ma Omar Kharbin e Omar Al-Soma sono pronti a prendere in mano la squadra. In cinque precedenti partecipazioni, la Siria non ha mai superato la fase a gironi: che sia la volta buona per provarci?

 Quattro anni possono cambiare diverse cose. La Palestina è arrivata alla prima storica qualificazione in Coppa d'Asia nel 2015, ma solo dopo aver vinto la Challenge Cup, una competizione riservata alle nazioni in via di sviluppo. La prima esperienza è stata un trauma, ma è arrivato il primo gol nella storia della competizione.
Nel 2019, la nazionale si ripresenta molto più esperta e pronta addirittura a sperare in un salto nelle ultime 16 (re-incrociando proprio la Giordania nel girone). Guidata dall'algerino Noureddine Ould Ali, la Palestina ha svolto una preparazione fitta, con diverse amichevoli. Basterà per superare il turno e sognare gli ottavi?

 La Giordania è diventata ormai una squadra abituata a presenziare a questa competizione. Dopo l'exploit del percorso di qualificazione a Brasile 2014 (quando sfidò l'Uruguay, pareggiando stoicamente nella gara di Montevideo), la nazionale guidata da Vital Borkelmans (ex assistente di Wilmots nel Belgio) spera di centrare la qualificazione al turno successivo.
I risultati delle ultime amichevoli non sono tra i più incoraggianti - otto gare giocate, una sola vittoria -, ma è anche vero che l'abitudine a certi palcoscenici potrebbe giocare a favore della Giordania, visto che è la loro ? partecipazione consecutiva. Personalmente attendo al varco Musa Al-Taamari, classe '97 molto promettente, al momento impegnato a Cipro con l'Apoel.

Hwang Ui-jo, 26 anni, ha vissuto un'annata straordinaria tra club e nazionale.

Gruppo C - Corea del Sud, Cina, Kirghizistan, Filippine

 Ci sono due nazionali che portano con sé una pressione spaventosa a questa Coppa d'Asia. Due tipi diversi di pressioni, but still... la Corea del Sud è una delle due. Dopo che molti hanno evitato la leva militare tramite il successo agli Asian Games dell'ultimo autunno, la logica vorrebbe che i Taeguk Warriors puntino dritti al successo.
Il trofeo continentale manca in Corea del Sud dal 1960; nel frattempo, diverse nazionali si sono imposte. Alcune, come il Giappone, han persino creato delle dinastie. Eppure alla Corea del Sud non mancano le stelle; molti direbbero Son Heung-min, io aggiungere Hwang Ui-jo, Jung Woo-young e Lee Jae-sung.
Se Uli Stielike è andato a un passo dal vincerla in Australia quattro anni fa, può Paulo Bento riuscire dove altri hanno fallito? Mi tengo i miei personali dubbi, ma è certa una cosa: con la situazione contingente, per la Corea del Sud è un'occasione d'oro. E se Son non dovesse esser decisivo, più di una domanda sarebbe da porre sulla sua capacità d'incidere a livello internazionale.

 Dicevamo della pressione? E che dire della Cina? Il gruppo scelto da Marcello Lippi - anche lui in fuga da quello che ormai sembra essere un paradiso in decadimento - è uno dei più vecchi della competizione e la situazione non sembra granché diversa da quattro anni fa, sebbene nel frattempo il calcio cinese abbia vissuto diverse situazioni.
Il terribile cammino per Russia 2018, l'addio di un c.t. che avrebbe dovuto costituire l'ossatura del futuro, l'incertezza sul futuro economico di uno scenario che sembra poco sostenibile... cosa ne sarà del calcio cinese dopo questa Coppa d'Asia? Un risultato negativo - che IMHO è un'eliminazione prima dei quarti di finale - potrebbe essere la spinta finale verso l'implosione (a meno che Wu Lei non salvi tutti un'altra volta).

 Ecco, nel caso del Kirghizistan bisogna essere onesti: parliamo di una delle poche squadre che potrebbe tornare a casa con tre sconfitte e aver comunque imparato qualcosa. La nazionale allenata da Aleksandr Krestinin - allenatore russo con un 48,8% di vittorie da quando è alla guida - ha fatto un miracolo a esserci.
Per altro, la federazione ha anche perseguito un pesante programma di naturalizzazione per rafforzarsi, soprattutto sulla sponda ghanese e tedesca. Viktor Maier si è fatto male prima della Coppa d'Asia, ma il Kirghizistan potrà contare su Daniel Tagoe, Vitalij Lux ed Edgar Behrnardt, tutti facenti parte della nazionale da diversi anni.

 Ciò che poteva essere un successo assoluto è diventato un esperimento a metà: le Filippine han sorpreso tutti, qualificandosi alla Coppa d'Asia sotto la guida di Thomas Dooley. Purtroppo, il tecnico statunitense non è stato confermato e al suo posto ci sarà Sven-Goran Eriksson, in un cambio che sembra soltanto una pensione dorata.
E che dire della gestione di Neil Etheridge, portiere che oggi gioca in Premier League, ma che non ci sarà in Coppa d'Asia con le Filippine? Una terribile mancanza, che mina molto del potenziale che la nazionale avrebbe portato negli Emirati. Sarà comunque una buona occasione per vedere all'opera Phil Younghusband, uno dei simboli nascosti del calcio asiatico.

Phil Younghusband, 31 anni, capitano e simbolo delle Filippine.

(continua domani...)

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