24.2.15

Mi manda Maradona.

L'UAE League è ripresa da qualche settimana e l'Al-Ain si prepara oggi a esordire nella Champions League asiatica contro l'Al-Shabab. Il club viola cercherà di nuovo l'alloro continentale. Intanto la Coppa d'Asia ha sottolineato che gli Emirati Arabi Uniti sono una squadra interessante nel contesto asiatico. E della quale Omar Abdulrahman ha dimostrato di essere l'assoluta anima tecnica e spirituale.


Classe '91, Amoory è indiscutibilmente uno dei giocatori più interessanti di tutta l'Asia. Suo padre Ahmed è stato un calciatore, ma ora il migliore della famiglia è lui. La casualità vuole che sia un emirato per caso, perché Omar è nato a Riyadh, capitale dell'Arabia Saudita. Lì cresce con la voglia di diventare un calciatore, giocando nei pressi del Prince Faisal bin Fahd Stadium. Vicino a quel luogo così importante per il paese saudita dal punto di vista calcistico, lo nota lo scout Abdulrahman Eissa. Un provino all'Al-Hilal dimostra quanto Omar valga, ma il ragazzo non ha la nazionalità saudita. Il club gli offre la possibilità di averla, ma non fa altrettanto per la famiglia: così il padre del campioncino rifiuta e l'Al-Hilal ci piange ancora sopra.
Chissà, magari oggi lo vedremmo con la maglia dell'Arabia Saudita, che era una squadra importante nel continente asiatico fino a un decennio fa. Chi invece offre la cittadinanza a tutti è l'Al-Ain, che porta l'intera famiglia Abdulrahman negli Emirati Arabi. Da lì, Omar gioca in tutte le formazioni giovanili del club fino al 2009, quando Winfried Schäfer lo nota a un torneo per gli U-17 e se lo porta in prima squadra. Amoory ha solo 17 anni, ma dimostra di meritare la fiducia che il tecnico tedesco gli concede. Il debutto nell'Etisalat Cup e la scalata in prima squadra sono le logiche conseguenze di un talento così grande.
Da allora si sono succeduti ben dieci allenatori sulla panchina dell'Al-Ain, ma nessuno ha rinunciato al talento di Omar. E anche altrove hanno apprezzato il suo talento. Il Manchester City è posseduto da un gruppo degli Emirati, quindi un minimo di favoritismo c'è stato; tuttavia, i Citizens hanno offerto nell'estate 2012 un provino di due settimane al numero 10 dell'Al-Ain. Un provino andato bene, ma le regole sul permesso di lavoro non ha consentito ad Abdulrahman di vestirsi d'azzurro (nonostante il City offrisse quattro anni di contratto). Il City rimane vigile, ma si sono fatti sotto altri club: BVB, Barcellona, Schalke, Amburgo. Anche l'Arsenal si è fatto sentire, ma i Gunners hanno proposto "solo" un provino. Un'ipotesi che forse sottovaluta Omar: offerte del genere offendono il suo talento, anche se il numero 10 dell'Al-Ain si è detto pronto a provare il calcio europeo.
Già, Londra. Quella Londra dove è arrivata la consacrazione anche in nazionale. Prima membro delle giovanili, Abdulrahman è stato convocato per la prima volta con i grandi nel 2010. Ma è nelle Olimpiadi inglesi del 2012 dove si è intravista la sua classe per la prima volta. L'U-23 si era qualificata per il torneo finale, ma gli Emirati sono usciti subito in un girone difficilissimo con Uruguay, Gran Bretagna e Senegal. Tuttavia, Omar non ha mancato di mostrarsi tecnicamente dotato. Per altro, la squadra era guidata da Ali Mahdi, allora ct olimpico e oggi allenatore della prima squadra recentemente arrivata terza in Coppa d'Asia.

Abdulrahman con la maglia dell'Al-Ain, suo club dal 2005.

Ci si chiede se il ragazzo sia pronto per l'Europa. Vicino ai 24 anni, il momento sembra quello giusto per tentare il grande salto. Sicuramente Omar è determinato a provarci, ma dovrà attendere l'estate. Intanto in patria non ci si risparmia nelle lodi. Prendiamo in prestito le parole del presidente dell'Al-Ain, lo sceicco Abdullan bin Mohammed: «Omar è un tesoro nazionale, per questo il club studierà soltanto offerte serie che sono giuste per il giocatore. Non deve certo provare le sue capacità in un provino, visto che ha giocato gare internazionali. Siamo pronti a negoziare con qualunque club che avesse serie intenzioni per lui».
Un "10" puro adattato sulla fascia. Classe, eleganza e un occhio incredibile per i compagni, ricoperti di assist. Prima di lasciare gli Emirati, però, Omar ha una voglia pazza di conquistare qualcosa di importante con l'Al-Ain, club di una vita e al quale deve tutto. In fondo, se oggi quell'afro gira con la maglia numero 10 degli Emirati Arabi Uniti, lo si deve all'Al-Ain. Finora ha conquistato sette titoli con il club, ma manca ancora il trofeo più importante. Nel 2014 l'Al-Ain ha perso la semifinale della Champions League asiatica contro l'Al-Hilal. Quest'anno ci riproverà in coppia con Gyan Asamoah, dopo un 2013-14 con 23 assist stagionali (!).
I Mondiali russi del 2018 sembrano lontani, ma nei prossimi tre anni gli Emirati Arabi Uniti potrebbero avere una chance di esserci con quel 10 in mezzo al campo. Il terzo posto all'ultima Coppa d'Asia non è un caso: anzi, forse gli Emirati Arabi Uniti sono la squadra migliore della zona occidentale del continente. Con queste premesse, la Coppa del Mondo potrebbe non esser un miraggio. Del resto, la quarta qualificata del continente asiatico è sempre cambiata nelle ultime edizioni del Mondiale: nel 2006 l'Arabia Saudita, nel 2010 la Corea del Nord, nel 2014 l'Iran. Non è detto che la Russia non porti qualche novità.
In fondo, per Omar è arrivata anche la benedizione di Diego Armando Maradona, spesso ospite degli emiri. L'ex 10 argentino ha visionato Abdulrahman in una gara di qualificazione per l'ultima Coppa d'Asia. Fortunato, visto che il 2013 di Omar in nazionale è stato da due gol e dieci assist. Maradona ha detto del 10 emirato: «Sono rimasto impressionato dalle sue capacità: è un giocatore che fa sembrare tutto facile. Spero possa continuare così». Dopo tali dichiarazioni, diciamo che El Diez de Abu Dhabi merita una certa considerazione.

Omar Abdulrahman, 23 anni, il miglior 10 di tutta l'Asia.

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