15.5.14

Béla vive.

Quando due tradizioni si incontrano, è difficile che vengano sfatate. Tradizione numero uno: il Siviglia aveva un 100% di successo nelle finali dell'ex Coppa UEFA. Tradizione numero due: Béla Guttmann, il manager ungherese vincitore di due Coppe dei Campioni con il Benfica negli anni '60, andando via nel 1962 profetizzò il futuro delle aquile portoghesi. «Non vincerete mai più in Europa», disse l'allenatore. La finale di Europa League allora si trasforma in un'equazione e il Siviglia vince ai calci di rigore.

La statua di Béla Guttmann al di fuori del Da Luz, lo stadio del Benfica.

Per il Benfica era l'occasione di riscattare la beffa subita nella finale di Europa League dell'anno scorso, quando il colpo di testa di Ivanovic regalò al Chelsea la coppa nell'injury time dell'ultimo atto di Amsterdam. Fu una delle tre beffe subite dal Benfica nel 2012-13, che riuscì a perdere il campionato alla penultima giornata e anche la coppa nazionale. Non è cambiato quasi nulla: Jorge Jesus è rimasto al suo posto, mentre la squadra ha fatto qualche movimento di mercato. Perso Matic a gennaio, il club ha acquistato Djuricic e Markovic. Il tutto con un anno in più di esperienza, che ha portato la squadra a crescere ancora. Ci si aspettava che i portoghesi andassero avanti in Champions: invece sono usciti nel girone per mano dell'Olympiakos e hanno fatto un ottimo percorso in Europa League, eliminando Tottenham e Juventus.
Ieri sera mancavano per squalifica Enzo Perez, Lazar Markovic ed Eduardo Salvio; ciò nonostante, sembrava lampante la superiorità della squadra di Lisbona. Eppure la partita è stata brutta nel primo tempo, quando il Benfica è sembrato timoroso e come sulle gambe. Quando le squadre si sono allungate nella ripresa, i portoghesi hanno avuto numerose occasioni, ma hanno avuto la colpa di non chiuderla prima. Del resto, quando ci sono due salvataggi sulla linea, un rigore non dato e un po' di imprecisione negli ultimi 25 metri, capisci che non è giornata. E' mancato sopratutto l'uomo risolutore davanti: malino Rodrigo, malissimo Lima (almeno ha segnato il rigore nella lotteria finale), Cardozo invisibile finché non ha sbagliato dal dischetto. Bene invece Maxi Pereira e Oblak: ragionando a mente fredda, forse le assenze di tre titolari hanno pesato. Anche perché Sulejmani, che aveva iniziato la finale dal 1', è dovuto uscire alla mezz'ora dopo un dolore alla spalla.
Per il Benfica è l'ottava finale europea persa dal 1962, anno dell'ultimo trionfo: poi sono arrivate tre sconfitte in Coppa dei Campioni e tre in Coppa UEFA/Europa League. Insomma, Jorge Jesus non ci dormirà la notte: possiamo paragonarlo all'Hector Cuper che arrivò a due finali di Champions con il Valencia all'alba degli anni 2000 e non riuscì a portare a casa un trofeo. Per altro, c'è un ultimo dato a suggello della beffa: il Benfica non ha mai perso in questa Europa League. Tuttavia, ai rigori è finita in un'altra maniera.


Diverso lo scenario per il Siviglia, arrivato come sfavorito a questa finale. E non poteva essere altrimenti, vista la maggior forza ed esperienza degli avversari. A differenza delle due Coppe UEFA vinte nel biennio 2006-2007, gli andalusi arrivavano all'ultimo atto di Torino come la squadra già battuta. Ma nessuno ha fatto i conti con la giusta fortuna che stava dalla parte della squadra di Unai Emery: gli spagnoli hanno giocato una gara molto ordinata nella prima frazione, risultando la squadra migliore (anche se hanno rischiato a fine tempo). Poi sono spariti dal campo e solo l'occasione di Bacca nei tempi supplementari ha ricordato che il Siviglia era in campo. Per il resto, tanta difesa e un'ottima partita di Beto, Pareja, Fazio e M'Bia. Diciamo che Unai Emery poteva vincerla prima: la difesa del Benfica non è sembrata granitica, eppure ieri il tecnico degli andalusi se l'è giocata con una difesa a quattro, più M'Bia e Daniel Carriço come mediani nel suo 4-2-3-1. Insomma, praticamente altri due - sopratutto il portoghese - che hanno un passato in difesa, più Rakitić spostato nella posizione di trequartista. La carta Marin è durata giusto mezz'ora, mentre Gameiro è entrato solo al 105' (anche se poi ha segnato il rigore decisivo).
E pensare che questa coppa il Siviglia non avrebbe neanche dovuto giocarla: l'anno scorso il club biancorosso arrivò nono in Liga, ma le sanzioni amministrative dell'Uefa nei confronti di Malaga e Rayo Vallecano esclusero queste due squadre dalla qualificazione all'Europa League. Da lì la lunga cavalcata, iniziata in una serata d'agosto contro il Mladost Podgorica e conclusasi ieri sera a Torino, dopo 19 gare e due lotterie dei calci di rigore. Va detto che il Siviglia ha mostrato una debolezza, quella di non mantenere il controllo della gara o del turno di qualificazione per la sua intera durata. Esempi? Contro il Betis, c'è stato il rischio di uscire dopo il 2-0 dell'andata; stessa situazione nei quarti contro il Porto. Infine, il Valencia aveva un piede e mezzo in finale di Europa League prima che la capocciata di M'Bia portasse gli andalusi a Torino. Un concetto ribadito anche stasera, con il Siviglia scomparso dal campo dopo il primo tempo.
Una dedica per questa coppa va anche ad Antonio Puerta, morto nell'agosto 2007 e che faceva parte di quello squadrone che vinse per due volte questa competizione. Se non fosse scomparso, sarebbe entrato nel ciclo di vittorie della Spagna. E forse avrebbe alzato questa coppa ieri sera. A distanza di quasi sette anni dalla sua scomparsa, pochi erano coloro che erano rimasti di quell'epoca e che potevano ricordare il compagno: Javi Varas, Federico Fazio, José Antonio Reyes. Ma nessuno si è dimenticato di lui in curva. Insomma, è stato un tuffo nel passato. Già, quel passato che invece continua a inseguire il Benfica: Guttmann sarà pure morto, ma la sua maledizione vive ancora.

Il Siviglia alza la sua terza Europa League in meno di un decennio.

Nessun commento:

Posta un commento