10.11.14

Il ritorno del guerriero.

Dire che il suo ritorno era atteso non rende bene l'idea. Quando ieri Kevin Strootman si è alzato dalla panchina dello stadio Olimpico, con la Roma già in vantaggio 3-0 contro il Torino, la curva giallorossa si è scaldata come mai successo durante la gara. I tifosi - paradossalmente - sembravano più impazienti per l'entrata in campo di KS6 piuttosto che per la vittoria. Torna un pezzo da novanta per la Roma di Garcia, che aveva bisogno del ritorno dell'olandese. Già, "bisogno".

Strootman con la maglia della Roma: è arrivato nell'estate 2013.

Non posso farne mistero: credo che Strootman sia l'elemento di maggior prestigio del centrocampo giallorosso. Sì, anche più di quel Miralem Pjanic, che è nettamente l'uomo con più classe della Roma (dietro a quello con il numero 10), ma che ogni pecca di discontinuità. Strootman, invece, è una macchina, sempre sul pezzo. Parafrasando quello che ha detto Massimo Marianella su John Terry: «Io ho sempre detto che se a Terry crossano una lavatrice, lui la colpisce di testa, fa gol e non si fa nulla». Una metafora che potrebbe calzar bene anche su Strootman, uomo d'acciaio del centrocampo romanista.
Ricordo bene le voci di alcuni tifosi nell'estate 2013: le radio capitoline spesso fanno parlare chiunque, ma certi giudizi andrebbero dosati. In pochi conoscevano il nome dell'olandese: abbastanza grave, visto che Strootman aveva già giocato l'Europeo del 2012. «Sono troppi 17 milioni», sentenziava qualcuno (che possono arrivare a 20 con i bonus). L'allora stella del PSV Eindhoven scrolla le spalle e si mette a lavorare, che è la cosa che gli riesce meglio. Cresciuto nello Sparta Rotterdam, Strootman è stato per sei mesi all'Utrecht, prima che qualcuno a Eindhoven lo prendesse: nel pacchetto da 13 milioni di euro c'era anche un certo Dries Mertens.
Al Philips Stadion, Strootman impara il mestiere da uno che qualcosina nel mondo del calcio l'ha lasciata: Mark van Bommel. Tutta esperienza utile, mostrata anche poi in nazionale. Prima l'Europeo 2012, con il ct van Marwijk che aveva notato il suo talento. Poi l'Under 21, con la quale il centrocampista ha raggiunto il bronzo all'Europeo di categoria del 2013. In nazionale maggiore le cose sono anche migliorate con l'arrivo di Louis van Gaal, che ha indicato Strootman come uno dei suoi tre intoccabili: gli altri due erano Robben e van Persie. Non solo: Kevin è stato anche il più giovane a vestire la fascia di capitano nella storia degli Oranje.
Quando è arrivato a Roma, l'olandese ha dimostrato subito perché la società giallorossa l'ha voluto così tanto, anche a quelle cifre. Innanzitutto la personalità: come numero di maglia, Strootman ha scelto il 6, che a Roma non vedevano sulle spalle di qualcuno dai tempi di Aldair, ritiratosi un decennio prima. Nella prima parte di stagione, l'olandese ha trascinato la Roma: sei gol e sette assist stagionali. Un buon piede, un discreto rigorista, ma sopratutto tanta legna per i giallorossi. Quando poi a marzo Strootman si è rotto il crociato nella trasferta di Napoli, la già difficile rincorsa della Roma allo scudetto si è arenata. E l'olandese ha dovuto dire pure addio al Mondiale brasiliano, dove sarebbe stato sicuro protagonista.


In ogni caso, il centrocampista non si è arreso: durante tutta l'estate, mentre l'Olanda disputava un buon Mondiale, è stato facile reperire i filmati di uno Strootman combattivo, sempre ad allenarsi per anticipare il ritorno in squadra. Ieri è arrivato il rientro in campo dopo tanto tempo. Inizialmente l'olandese avrebbe dovuto giocare un test con la Primavera e poi rientrare a Bergamo contro l'Atalanta, ma Rudi Garcia ha voluto premiarlo. In questi mesi, nonostante la delusione per la mancata partecipazione al Mondiale, Strootman non ha mai mollato.
Qualcuno l'ha paragonato a Roy Keane. Per durezza del gioco, si potrebbe anche tentare la comparazione, ma a volte l'irlandese era gratuitamente duro (guardare qui). Per Strootman il discorso è diverso: se è duro, c'è sempre un perché. Non è uno da falli gratuiti o vendette facile: accanto alla scorza d'acciaio, c'è un cervello calcistico sempre ben fisso verso l'obiettivo. In questo, piuttosto che l'irlandese, Strootman mi ricorda moltissimo un giovane Steven Gerrard, quello prima di Istanbul 2005. Un giocatore generoso, capace di svolgere qualunque ruolo a centrocampo. Non per nulla, prima dell'impresa turca in Champinos, l'età di Gerrard era la stessa di Strootman. E giocavano in maniera molto simile (sebbene il tiro di SG8 sia irraggiungibile).
Intanto, il paragone con Roy Keane ci può stare per un altro motivo: il Manchester United voleva l'olandese a tutti i costi. Prima di affidarsi all'estro e alla creatività di Ángel Di María, i Red Devils hanno provato in tutti i modi quest'estate a prendere l'ex PSV. Non è neanche detto che van Gaal - ora all'Old Trafford - non ci riprovi nell'inverno prossimo o nell'estate 2015. Garcia quest'estate aveva detto la sua sul presunto trasferimento dell'olandese in Premier League: «Se ci offrono cento milioni di euro, possiamo sederci a parlarne...».
Tuttavia, Strootman sembra ormai concentrato sul suo recupero. In fondo, quando ieri è entrato, avrà capito che alla Roma ce l'ha fatta, nonostante l'infortunio subito a metà stagione. Un anno fa, alla sua presentazione, Strootman è stato profetico: «Se ce la faccio a Roma, ce la farò ovunque. Possiamo vincere subito». A posteriori, si può dire che aveva ragione, ma c'è un lavoro di continuare. E il suo ritorno può solo far bene alla Roma che punta allo scudetto. Perché per un'impresa c'è sempre bisogno di un guerriero.

Kevin Strootman, 24 anni, leader maximo della mediana della Roma.

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