6.3.15

«Futebol está no meu sangue»

Gioco del destino più beffardo non poteva esserci. A dicembre, Nelsinho Baptista ha deciso di cambiar vita: ha lasciato il Kashiwa Reysol dopo anni di successi per iniziare una nuova vita calcistica altrove. Poi l'offerta del Vissel Kobe è stata troppo vantaggiosa per esser rifiutata e così il brasiliano continuerà la sua avventura nipponica. E la prima giornata di J-League propone proprio l'incrocio col recente passato al Noevir Stadium Kobe.

Nelsinho è stato per cinque stagioni il tecnico dei Kashiwa Reysol.

Domani sarà un gran giorno non solo per l'apertura della J-League (che torna a essere - purtroppo - una 2-stage season), ma anche perché Vissel-Kashiwa è il piatto principale della giornata. E non potrebbe essere altrimenti non solo per i valori in campo - visto che si affrontano due squadre molto interessanti - ma anche perché Nelsinho Baptista sarà al centro dell'attenzione. L'uomo di Campinas è sicuramente uno degli allenatori più vincenti mai transitati in Giappone dall'avvento del professionismo e uomo dai risultati sicuri.
Classe '50, Nelsinho è stato un giocatore discreto negli anni '70, durante i quali ha vestito le maglie di San Paolo e Santos. Poi il passaggio alla panchina, con varie esperienze in patria. Il primo passaggio nipponico è stato nel biennio 1995-1996, quando diventa il tecnico della squadra più forte all'epoca in J-League, ovvero i Verdy Kawasaki. Nelsinho vince una Coppa dell'Imperatore e poi rischia addirittura di diventare il ct del Giappone, ma la Jfa all'ultimo sceglie Shu Kamo e così Nelsinho torna in patria. Vorrebbe imporsi in Brasile, ma il tecnico non riesce a vincere più di qualche campionato statale.
E poi quel legame con il Giappone è inevitabile. Tra il 2003 e il 2005 Nelsinho allena anche i Nagoya Grampus Eight, senza però lasciare chissà quale traccia. Il vero incontro del destino è con i Kashiwa Reysol, che assumono l'allenatore brasiliano nel luglio 2009. All'epoca il club rischia la retrocessione e nemmeno l'assunzione di Nelsinho cambia il trend. E lì poteva cambiare la storia: il board del club - di proprietà della Hitachi - avrebbe potuto cacciarlo. Invece, la dirigenza lascia in carica Baptista e gli permette di progettare la risalita per il 2010.
Altro che risalita. Sarà un trionfo. All'Hitachi Stadium arriva dal Cruzeiro Leandro Domingues e i giovani Kudo, Barada, Hiroki Sakai e Tanaka crescono velocemente. I Kashiwa Reysol ritornano in J-League dopo un solo anno di purgatorio, vincendo il campionato. L'anno dopo l'obiettivo sembra solo salvarsi, invece c'è un'altra annata straordinaria: il Kashiwa Reysol è il primo club neo-promosso a vincere la J-League. Lo fa meritatamente, grazie all'aggiunta di giocatori come Jorge Wagner e alla definitiva maturazione di un gruppo unito. Una squadra che negli anni successivi vince altri quattro trofei: la Coppa dell'Imperatore e la Supercoppa giapponese nel 2012, la J-League Cup 2013 e il Suruga Bank Championship nel 2014. In più, una cavalcata nella Champions League asiatica, conclusasi solo in semifinale contro il Guangzhou Evergrande di Lippi.
Nelsinho aveva già lasciato Kashiwa nell'agosto 2013, ma poi tutto è rientrato e il brasiliano ha continuato fino al dicembre scorso. L'addio si è consumato nella penultima gara stagionale, giocata in casa contro l'ormai salvo Shimizu S-Pulse. Del risultato finale non importava molto a nessuno: tutti erano lì per salutare Nelsinho. Un addio commosso, perché il brasiliano è stato fondamentale nella crescita dei Reysol. Forse solo Akira Nishino con il Gamba Osaka è riuscito - come Nelsinho - a cambiare il volto di una città, di un club, di una tifoseria per sempre.

P.S. Comunque, nell'ultima gara, Nelsinho ha lasciato un regalo d'addio mica male: con il 2-1 ottenuto contro l'Albirex Niigata, il Kashiwa Reysol si è piazzato al quarto posto, valido per i preliminari della Champions League asiatica.


Ora parte una nuova sfida con il Vissel Kobe: l'obiettivo è ripetere quanto fatto già a Kashiwa, ma con molti più soldi. Già, perché il Vissel ha diverse risorse finanziarie (finora spese nel baseball, sport con maggior presa in Giappone). E oltretutto il Vissel ha finora ottenuto un nono posto come miglior risultato nella storia del club in J-League. Chiaro che Nelsinho possa far di meglio di un nono posto, specie con la squadra che si ritrova a disposizione. In fondo, già nel 2014 a Kobe hanno assaggiato l'aria dell'alta classifica sotto la guida di Ryo Adachi.
Il manager dell'anno nel 2011 può fare di meglio. Come ha riassunto Steve Barme su Japanfooty, il Vissel Kobe si prepara a essere un dark horse, un outsider da guardare in questa J-League. Se Nelsinho riuscisse a tener sotto controllo la situazione e a tirar fuori il meglio dai suoi giocatori dal punto di vista motivazionale, allora a Kobe si possono preparare a una stagione straordinaria. La campagna acquisti è stata ambiziosa, con gli arrivi dell'esperto Yasuda dal Sagan Tosu, di Takahashi dall'Omiya Ardija e di Watanabe dall'F.C. Tokyo. L'attacco è pieno di talento, sebbene l'umorale Pedro Junior dovrà dimostrare più continuità.
Gli ingredienti perché Nelsinho confermi di essere uno dei migliori allenatori mai passati in J-League ci sono tutti. Ma prima c'è l'ostacolo Kashiwa, da affrontare subito. Via il dente, via il dolore per ciò che è stato e non tornerà più. «Ho un gruppo di vincenti, adesso sta a me vincere qualcosa», ha detto Nelsinho nel pre-season. Chissà se riuscirà a ripetere quella straordinaria epoca di successi avuta a Kashiwa. Intanto suo figlio allena lo Sport Recife, dove Nelsinho ha fatto bene. Tornando in Brasile nel gennaio scorso, il tecnico ha detto: «Dopo sei anni in un club, ho deciso di andare a Kobe. Ho preso una sfida ancora più grande: ho siglato un contratto di due anni e voglio rispettarlo. Dopo quello, solo Dio sa cosa accadrà». E allora godiamoci questo biennio di Nelsinho a Kobe: come ha detto lui, «futebol está no meu sangue».


Nelsinho Baptista, 64 anni, promette grandi cose per il suo Vissel Kobe.

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