26.5.13

Dove manca il profeta, c'è l'olandese.

Hanno rischiato anche questa volta, ma ce l'hanno fatta. Il Bayern ha temuto di perdere la terza finale nelle ultime quattro edizioni della Champions League, ma alla fine l'ha spuntata grazie ad un guizzo di Arjen Robben sul filo della sirena: l'olandese, così criticato per la sua assenza nei momenti decisivi, cancella almeno gli errori del primo tempo di ieri e si porta a casa il premio di miglior giocatore della partita. Dal canto suo, il Borussia può solo piangere sui suoi errori: Klopp, alla vigilia, aveva detto come «la mossa giusta al momento giusto» avrebbe deciso la gara. Peccato che il tecnico del BVB non si sia mosso così, proprio in una delle finali più belle degli ultimi anni, che non ha fatto altro che mostrare l'evidente superiorità del calcio tedesco in questo momento. Vedendo ieri la finale ci si chiedeva: ma come riprendiamo i tedeschi nel ranking?

Jupp Heynckes, 68 anni, batte Jürgen Klopp, 45, per la sua seconda Champions.

Per carità, va reso onore al profeta dei gialloneri: con Mario Götze infortunato, l'allenatore si è inventato un 4-4-2, modulo ben diverso dal solito 4-2-3-1 con il quale il BVB incanta solitamente la Germania e l'Europa. Dentro Grosskreutz, a bloccare le avanzate di Lahm, così come Blaszczykowski ha fatto un buon lavoro su Alaba sull'altra fascia. Accanto al temibile Lewandowski, le percussioni di Reus avrebbero dovuto mettere in difficoltà i centrali avversari, non veloci come il piccolo mago del Dortmund. Il piano ha funzionato nel primo tempo, quando il Bayern - contratto ed impaurito dal rischio della terza finale persa - non si è espresso per come ha fatto tutto l'anno: i bavaresi sono sembrati impacciati e disordinati, mentre i gialloneri sono riusciti ad impensierire un paio di volte Neuer, sempre pronto.
Poi, quando Mandzukic ha colpito la traversa con un colpo di testa, la gara si è riequilibrata e la squadra di Heycknes (all'ultima gara da allenatore del Bayern) si è rimessa in gioco, tanto da sfiorare ancora il gol nel finale della prima frazione: prima Martinez di testa ha sfiorato la porta, poi Robben ha avuto due grandi occasioni, sprecate però su Weidenfeller. Nella ripresa, quando le squadre sono rientrate in campo, il Borussia ha iniziato bene, ma non con la stessa intensità dei primi 45'; il gol di Mandzukic - su splendida iniziativa di Robben, ben innescato da Ribery - ha spezzato l'equilibrio, costringendo il BVB a scoprirsi e a cercare a tutti i costi il pareggio.
I gialloneri l'hanno trovato con Gündoğan su calcio di rigore, concesso per un'ingenuità madornale di Dante su Reus. Piccola nota: i miei complimenti vanno al tedesco d'origine turca, che è stato - a mio modo di vedere - il migliore in campo come intensità di gioco e precisione. Sempre presente, ha stravinto il duello con un timido ed arretrato Schweinsteiger, che ha sbagliato un'altra finale dopo quella dell'anno scorso.
Arrivati al 70', il Dortmund aveva l'inerzia dalla sua parte, ma era molto stanco e Klopp ha perso la partita in quel momento: l'ex tecnico del Mainz non ha fatto nessun cambio e ha tenuto in campo gli stessi 11, sebbene fosse sotto gli occhi di molti la stanchezza dei gialloneri. Il gran primo tempo disputato dai suoi ragazzi è stato pagato con la stanchezza verso la fine della partita e Klopp, stavolta, ha sbagliato. Una mossa che, forse, gli è costata la Champions. Chiaro, la panchina del Dortmund non è come quella del Bayern, poiché sono 15-16 i giocatori che si ruotano nella formazione titolare: tuttavia, l'ingresso di un Sahin o di un Felipe Santana avrebbe potuto ridare ossigeno al centrocampo del BVB, ormai in palese difficoltà.

İlkay Gündoğan, 22 anni, il migliore del Dortmund e forse tra i 22 in campo.

Alla fine, il Bayern si è scrollato la paura e ha dominato nei 20' finali, costringendo il Dortmund nella sua metà campo. Ogni pallone perso era di competenza bavarese ed è stato difficile per il BVB anche solo uscire dalla propria trequarti. Il pressing finale ha portato il Bayern a bombardare la porta di Weidenfeller: prima Alaba, poi Schweinsteiger hanno tentato di battere il portiere e capitano delle "vespe", ma il buon Roman ha risposto a tutte le conclusioni avversarie, confermando la buona prestazione fornita. C'è stato anche il miracoloso salvataggio di Subotic su Robben, che sembrava presagire come l'olandese non potesse mettere la sua firma nemmeno su questa finale.
Alla fine, però, il calcio ha voluto che il Bayern si riprendesse tutto quello che aveva perso immeritatamente l'anno scorso, nell'ultimo atto contro il Chelsea. Su un lungo rilancio di Neuer, Ribery è stato ancora una volta bravissimo, servendo la corrente Robben; un po' di fortuna sui rimpalli e l'olandese si è ritrovato per l'ennesima volta faccia a faccia con Weidenfeller, stavolta senza sbagliare. Eppure, nonostante l'importanza del momento, ciò che rimane negli occhi è la rabbia dell'ala dopo il gol segnato: urla ripetutamente "what?", con aria di sfida, ai suoi tifosi. Come a dimostrare che lui vale più di tutti gli errori compiuti in passato e nello stesso primo tempo della finale. Da lì, Klopp si ricorda dei cambi e fa entrare Schieber e Sahin, con il primo che scalda le mani di Neuer, prima che Rizzoli fischi la fine. Diciamo una cosa, a scanso di equivoci: la partita aveva visto una sostanziale parità tra le due squadre e sarebbe stato più giusto che essa andasse ai supplementari. Poi sì, forse il BVB avrebbe perso comunque, vista la stanchezza dimostrata negli ultimi 20' dei regolamentari; tuttavia, sarebbe stato più giusto.
Dal canto suo, Jupp Heycknes può salutare tutti con la seconda Champions League personale, dopo aver vinto quella del 1998 con il suo Real Madrid contro la Juventus. Per i bavaresi, è la quinta Champions, dopo due finali perse nel 2010 e nel 2012, a 12 anni dall'ultima (anche quella sofferta). E' il giusto riconoscimento al modo in cui il Bayern Monaco ha giocato nell'intera Champions, mostrando il calcio migliore, quello più efficace, e schiacciando Juventus e Barcellona senza alcun equivoco.
Il riscatto arriva anche per Robben, che ne aveva perse troppe: tra finale degli ultimi Mondiali e le finali di Champions League, più i rigori sbagliati nello scorso campionato contro il BVB e contro il Chelsea l'anno scorso a Monaco, l'asso olandese meritava una piccola rivincita. Quei treni non ripasseranno più, ma almeno potrà stare più tranquillo con questa firma sulla vittoria più importante della sua carriera. Si chiude con il grandissimo Philipp Lahm ad alzare la coppa dalle grandi orecchie. Adesso si attende Guardiola, per capire cosa potrà fare meglio di Heycknes, che comunque non ha ancora finito il suo lavoro: il 1 giugno si giocherà la coppa nazionale contro lo Stoccarda. Obiettivo "triplete", con un olandese più sgombro nella sua testa. In fondo, il profeta Klopp potrà riprovarci: questo è stato solo un antipasto.

Arjen Robben, 29 anni, batte Roman Weidenfeller, 32, per il gol decisivo.

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