18.6.13

This is football.

«Questi li batto persino io» oppure «Sono così scarsi che potrei giocare anch'io»: questo il tenore dei commenti che c'è quando si ha a che fare con squadre che non ci sembrano adeguate a determinate competizioni. In ambito europeo, l'esempio più facile sembra quello di San Marino o di Andorra, nazionali che prendono caterve di gol e raramente riescono a segnare. Ma, alla Confederations Cup di quest'anno, quando ha segnato Jonathan Tehau, ci siamo ritrovati un po' tutti più piccoli, più vicini, più puri.

I giocatori di Tahiti durante l'inno nazionale: un grande momento per loro.

Del resto, Tahiti era attesa a questa competizione come una sorta di cenerentola. Sono sempre molto contento di essere stato uno dei primi a citare la loro presenza alla CC come una sorta di evento, nell'estate scorsa, perché già il fatto di aver vinto la OFC Cup era un fatto di per sé storico. Ma tanti sono stati i dettagli che si sono aggiunti in seguito: la FIFA ha dovuto prestare a Tahiti il massaggiatore ed il medico, perché la squadra ne era sprovvista. Inoltre, l'organizzazione del calcio mondiale ha dovuto anche aiutare Tahiti per il viaggio, così come la federazione tahitiana ha pagato le ferie dei giocatori. Già, perché a Tahiti il calcio non è uno sport professionistico, perciò non ci si allena, ma si lavora per vivere: il calcio è un hobby, nulla più. Alcune aziende avevano addirittura negato il permesso ad alcuni di loro, ma alla fine tutti sono potuti partire per quella che è una favola. Non ricapiterà a molti, se non a nessuno di loro, di incontrare Xavi e Iniesta, Suarez e Cavani, così come non ricapiterà di stare in Brasile, al di fuori della propria realtà di tutti i giorni, che prevede ben altro.
Insomma, l'esserci a questa CC è già la favola nel suo essere. Eppure, ieri, quando Tahiti ha messo piede in campo, c'è stato un brivido, se non almeno un sentimento di simpatia nei loro confronti. Le loro collanine, tipiche del piccolo stato della Polinesia, sono state un omaggio che ripeteranno a chiunque incontreranno in questa CC. Poi è chiaro: il divario tecnico è abnorme. Si è notato persino con una Nigeria che non è quella che ha vinto la Coppa d'Africa, visto che mancano giocatori come Moses ed Emenike. Tuttavia, è bastato: 6-1 il risultato finale, con gli africani che si sono mangiati altrettanti gol, forse perché poco concentrati, forse perché impietositi. Tahiti, per altro, non se l'è cavata neanche male, calcolando che parliamo di semi-professionisti: se la difesa è il tallone d'achille, davanti ha creato diversi pericoli. Quando poi, su un corner di Varihua (l'unico pro della squadra), Jonathan Tehau ha incornato l'1-3 provvisorio, ci siamo sentiti tutti un po' più vicini a loro. Perché chi non è attratto dal fascino dell'"underdog", dello sfavorito a tutti i costi, di colui che è destinato a soccombere? Se essere in Brasile è già una vittoria, segnare ha reso i contorni di questa favola ancora più gioiosi. Anche perché alcuni di loro - come Chong Hue o Bourebare - sono sembrati interessanti, seppur un po' sprovvisti dei fondamentali. E poco importa se poi la Nigeria ha segnato altri gol e lo stesso Tehau ha realizzato un autorete: la partita è probabilmente finita là per i romantici del calcio.

Jonathan Tehau, 25 anni, a segno contro la Nigeria per un gol storico.

Quando ieri ho visto Tahiti in campo, è stato facile relazionarsi. Alcuni di loro fanno il camionista, l'artigiano, il contadino, il professore di educazione fisica. Anzi, altri sono addirittura disoccupati e lo stesso C.T., Etaeta, si è lasciato andare ad una rivelazione: «La nostra vittoria non è vincere una gara qui, ma trovare un lavoro una volta che torneremo a Paapete». Come si fa a non relazionarsi a qualcosa del genere? Potevamo essere il portiere che fa un errore sul 2-0 di Oduamadi, il centrocampista che imposta o l'attaccante che tira verso la porta avversaria. Ognuno di loro poteva rappresentare ognuno di noi.
Nessuno vuole ignorare la realtà: Tahiti è messa male. Adesso la attenderanno la Spagna e l'Uruguay, che la faranno probabilmente a pezzi. E, del resto, le qualificazioni al Mondiale sono andate malissimo per Tahiti: una vittoria e cinque sconfitte in sei partite, ben lontani dal rendimento della OFC Cup dell'anno prima. Tuttavia, qui s'inserisce il discorso della CC: c'è chi dice che Tahiti non si doveva presentare per manifesta inferiorità. C'è anche chi dice che è normale che l'Oceania abbia "mezzo posto" per la Coppa del Mondo e debba sempre disputare lo spareggio. Il motivo? Sono troppo scarsi, tranne forse la Nuova Zelanda. Ebbene, mi ritengo stupito di tale argomentazione: come faranno a migliorare, ad evitare goleade, se non si misurano mai con queste sfide? 
Perciò, ben venga Tahiti alla CC e al Mondiale, non solo per l'elemento tecnico. Ci sono favole, immagini, momenti che valgono più di mille parole. Quello del gol di Jonathan Tehau è stato uno di quelli: in fondo, quella palla l'abbiamo spinta dentro un po' tutti noi, amanti del calcio, romantici della favola, in quel che ricorda un "mismatch" della F.A. Cup. Questo è il calcio ed è il motivo per cui mi sono innamorato fin da piccolo di questo sport. This is football, nothing else.

La formazione di Tahiti contro la Nigeria: resterà nella memoria.

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