20.11.13

Egosistemi disturbati.

Doveva conquistare il mondo, invece guarderà l'ennesimo Mondiale dalla tv: per Zlatan Ibrahimović è un periodo in chiaroscuro. Continua a stupire il mondo con le sue magie nei club per cui gioca, ma in nazionale ciò che fa non basta. Anche ieri, la doppietta nello spareggio contro il Portogallo di Cristiano Ronaldo non sarebbe comunque bastata alla Svezia per andare in Brasile. E se CR7 ha realizzato la tripletta decisiva e Ribery ribalta l'incredibile passivo contro l'Ucraina, per Ibra è una sconfitta. L'ennesima a livello nazionale.

Ibrahimović e C. Ronaldo: solo il portoghese sarà al Mondiale brasiliano.

Già, perché - ridendo e scherzando - Ibrahimović non vede un Mondiale dal 2006. E quella in Germania non fu certo un'avventura esaltante. Belli i tempi in cui la Svezia non aveva bisogno di stupire, come nel 1994: al Mondiale americano, gli scandinavi arrivarono terzi con un gran bel calcio, fatto di Martin Dahlin e Kenneth Andersson, di Thomas Ravelli e Henrik Larsson. Che non avranno fatto gol di scorpione o colpi da urlo, ma hanno dato forse qualcosina in più in termini di contributi alla nazionale svedese. Una rappresentativa che era arrivata anche in semifinale nell'Europeo del 1992. In fondo, alcuni di questi Zlatan li ha anche conosciuti: forse in pochi se lo ricordano, ma Ibrahimović ha già giocato due fasi finali del Mondiale. Se nel 2006 era già conosciuto e tutti se lo ricordano, l'asso del PSG c'era anche nel 2002, quando la Svezia era tra le 32 squadre che parteciparono alla Coppa del Mondo in Giappone e Corea. Era uno "sbarbatello": solo i veri intenditori di calcio lo conosceva e fece anche un paio di apparizioni. Ma quella squadra si basava sui reduci di USA '94 e su esperti: gente valida come Larsson, Patrik e Andres Andersson, Svensson più stelle come Ljungberg. In quella selezione, Ibra ottenne due comparsate contro Argentina e Senegal, da subentrante. Ciò nonostante, la Svezia riuscì a passare il cosiddetto "gruppo della morte": Inghilterra, Argentina e Nigeria. Gli scandinavi buttarono fuori i sudamericani, prima di farsi eliminare con il "golden gol" dal Senegal. Andò ugualmente nel 2006, quando Ibrahimović era più affermato e forte, ma la Svezia uscì agli ottavi contro i padroni di casa della Germania.
Ben diversa è stata la nazionale svedese dopo che i veterani si sono ritirati. I ricambi erano buoni, ma non abbastanza; tuttavia, qualcuno pensava che Ibrahimović potesse bastare per ottenere i risultati avuti nel precedente ventennio. Non è andata così: all'Europeo del 2008, la Svezia non è riuscita neanche a passare il girone, battuta dall'ottima Russia di Guus Hiddink e dalla Spagna, poi campione della manifestazione. Il Mondiale del 2010, così atteso, in realtà è stato visto dalla tv da Ibra e compagni: Danimarca prima nel girone, Portogallo secondo, Svezia terza. Neanche gli spareggi per Ibrahimović. Così, si è arrivati all'estate del 2012 e all'ultimo Europeo: la Svezia ci arrivò bene, visto che era riuscita a qualificarsi da migliore seconda, in un girone che comprendeva l'Olanda. Arrivati in Polonia ed Ucraina, Ibrahimović e compagni non sono riusciti ad andare oltre la vittoria su una Francia quasi qualificata. Le sconfitte contro l'Ucraina di Shevchenko e l'Inghilterra sono costate la qualificazione, potenzialmente possibile. E non è andata meglio negli ultimi tempi. Pescata la Germania, è arrivato il pass per gli spareggi mondiali. Il sorteggio con il Portogallo di Cristiano Ronaldo non è stato dei migliori, ma i lusitani - duello Ibra vs. CR7 a parte - si equivalevano sostanzialmente con gli scandinavi. Ne è uscito un doppio confronto in cui l'asso del Madrid ha fatto ciò che voleva: per Ibra, niente da fare.

Il 21enne Ibrahimović (a destra) al Mondiale di Giappone & Corea del 2002.

E così, per la prima volta in trent'anni, nessuna nazione scandinava sarà al Mondiale. E se per la Finlandia era normale immaginarlo, così come per Norvegia e Danimarca in fase di ristrutturazione, la Svezia aveva buone speranze tramite gli spareggi. Battere la Germania nel girone era impensabile, poi l'urna ha punito i gialloblu con il Portogallo. Ma era il test finale per Ibra: vincendo, avrebbe dimostrato che è in grado di trascinare anche la nazionale da solo. E' stato critico così tanto nei confronti di chi gli è davanti in termini di considerazione planetaria - Messi e la sua capacità di trascinare l'Argentina - che la qualificazione sembrava obbligatoria, dopo anni di parole. Che lui, autoproclamatosi Dio nella conferenza prima della gara di ieri, dovesse (e potesse) portare la Svezia di nuovo al Mondiale. Invece, niente da fare neanche stavolta: a 33 anni nel prossimo giugno, la chance per un'altra rassegna mondiale sembra difficile da concretizzare. Più facile che giochi il suo quarto Europeo, seppur alla veneranda età di 35 anni.
Ora lancio la provocazione: ma non sarà che Ibra è un po' sopravvalutato? C'è chi dice, spesso, che lo svedese sia il terzo giocatore più forte del mondo, dopo gli insuperabili Messi e Cristiano Ronaldo. Forse è tempo di sfatare questo mito: fare giocate straordinarie non ti rende necessariamente migliore degli altri. I risultati sì. Falcao ha deciso due Europa League ed una Supercoppa Europea quasi da solo; Iniesta e Xavi hanno reso il Barcellona la squadra più forte del mondo e la Spagna imbattibile; persino i sottovalutati (manco troppo) Rooney e Eto'o hanno vinto Champions. Non sarà che Ibrahimović, ego e campionati vinti a parte, sparisca in campo internazionale? Zero Champions, anzi il Barcellona nel 2010 non la vinse proprio grazie alla difficile coesistenza tra l'asso svedese e Messi. Il Mondiale non lo vedrà più e agli Europei la Svezia non è andata mai oltre i quarti di finale sotto la sua guida. Anzi, due volte su tre non ha neanche superato la fase a girone. E non è detto che partecipi ad una quarta competizione continentale. Ibra potrebbe rispondermi che la squadra deve essere forte, ma per chi si paragona a Dio come scusa regge poco.
Dopo la gara, l'attaccante del PSG ha praticamente annunciato che lascerà la nazionale: «Per me è stato l'ultimo tentativo per provare a raggiungere il Mondiale con la Nazionale, Sicuramente d'ora in poi quando giocherò non penserò alla Nazionale». In effetti, Ibra non è più futuribile: un Mondiale nel 2018 sembra troppo difficile per lui. Anche se ci sarebbe da ricordargli che la nazionale ha vissuto benissimo anche senza di lui; anzi, forse anche con risultati più validi. Poi la chicca finale a suggellare il profilo del personaggio: «Un Mondiale senza di me è poca cosa, non c'è davvero nulla da guardare e non vale nemmeno la pena aspettarlo con ansia». Sarà come dice lui. Del resto, la competizione più importante e che arriva ogni quattro anni non vale la pena di esser vista. Forse è la frase normale di un calciatore che ha di che "rosicare". Diciamo che la carriera di Ibrahimović, più che per i successi, rischia di esser ricordata per la creazione di un nuovo ente: gli ecosistemi disturbati. E lui, a giudicare da tali dichiarazioni, ha diritto al copyright.

Zlatan Ibrahimović, 32 anni, non sarà al Mondiale: ultima chance?

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